Con i reati cosiddetti tenui resteranno impuniti delinquenti da

Categoria: Giustizia

far paura. Mi avevano insegnato che tra legalità e illegalità non è possibile compromesso e che i grandi criminali hanno sempre iniziato commettendo piccolo crimini

di Domenico Cacopardo

Mi avevano insegnato che tra legalità e illegalità non è possibile compromesso e che i grandi criminali hanno sempre iniziato commettendo piccolo crimini. Era tutto sbagliato. Tra legalità e illegalità è possibile un compromesso. Si chiama tenuità e riguarda tutti i reati con pena tabellare sino a 5 anni: il giudice si occuperà di quelli «realmente meritevoli» di sanzione, secondo la propria valutazione (discrezionale). E poi, in autunno, arriveranno le sospensioni dei procedimenti con la «messa in prova» dei rei e la riforma della custodia cautelare, applicabile solo nei casi più estremi con motivazioni stringenti e precise. Qui, il legislatore è incorso in un «lapsus freudiano», ammettendo indirettamente che l'uso della custodia cautelare è piuttosto «garibaldino» e insufficientemente motivato.

Vediamo qualcuno dei reati per i quali è invocabile la tenuità. Solo alcuni, per carità di patria: abbandono di persone minori o incapaci; abusivo esercizio di una professione (vedi caso Stamina/Vannoni); abuso d'ufficio; arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali e sabotaggio; appropriazione indebita; attentato a impianti di pubblica utilità; attentato alla sicurezza dei trasporti; stalking; commercio o somministrazione di medicinali guasti e di sostanze alimentari nocive; corruzione di minorenne; crollo di costruzioni o altri disastri dolosi; corruzione semplice; danneggiamento; deviazione di acque; evasione; fabbricazione o detenzione di materie esplodenti; frode nelle pubbliche forniture; furto; indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato; interferenze illecite nella vita privata; interruzione di pubblico servizio; invasione di terreni o edifici altrui; istigazione a delinquere; lesioni personali; lesioni personali colpose; millantato credito; minaccia; percosse; procurata evasione; resistenza a P.u.; rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro; rissa; sottrazione di persone incapaci; sottrazione e trattenimento di minori all'estero; stato d'incapacità procurato mediante violenza; truffa; violazione di domicilio.

Anche se ne abbiamo saltati alcuni, l'elenco è imponente e comprende reati di forte impatto civile. Di fronte a questa prospettiva c'è una specie di incosciente indifferenza che, peraltro, è stata sempre abituale e rassegnata nell'Italia del pietismo cattolico (ben lontano dalla severità protestante), dell'idea – sbagliata – che l'indulgenza nei confronti dei rei è «progressista», e della follia, annunciata come una cosa «normale», della necessità di aprire le carceri, dato il loro affollamento. In questa categoria di reati si iscrive la maggior parte degli eventi che, quotidianamente, affollano le cronache e accentuano la paura degli inermi, dagli incidenti stradali, spesso causati da di alcol, o droghe pesanti e leggere (come l'amatissima «canna» che alcuni vorrebbero liberalizzare, dimenticando che essa, accoppiata all'alcol e al tabacco, diventa micidiale), alla violazione di domicilio e ai furti, quelli in cui sono specializzate bande di minori, in genere rom e solo rom, capaci di aggredire il «soggetto adatto» in cinque o sei, confonderlo e depredarlo.

Ebbene sì, l'ho scritta la parola proibita «rom» o «zingaro», quella per la quale minacciano (solo una minaccia, peraltro) di svenarsi le anime belle, compresa l'ineffabile Boldrini. Domandatelo alle monache di piazza Corvetto a Milano, che eroicamente, ogni giorno, vanno a prendere i bimbi rom nei campi in cui vivono (senza igiene, preda di pericolose pantegane), li portano nella loro sede, li lavano, li vestono, li accompagnano a scuola, li riprendono, li aiutano a fare i compiti e li riportano dalle loro famiglie. Vi diranno anche che il furto, l'appropriazione della roba altrui, è inculcato proprio dalle famiglie, sin dalla tenerissima età, essendo considerato «normale esercizio» del loro modo di vivere, nel quale lo sfruttamento dei minori ha, da sempre, una criminale «quotidianità».

E va ricordato che questi campi sono inaccettabili, che a ogni sgombro segue una rioccupazione, e che uno Stato occidentale non dovrebbe permetterne l'esistenza, prospettando alla comunità interessata una scelta secca tra lo stabilizzarsi in abitazioni dotate di tutti i servizi igienici o il continuare il nomadismo entro strettissimi limiti stabiliti dai comuni. E ancora, va ricordato che è l'indulgenza dell'autorità giudiziaria (da cui deriva quelle delle forze dell'ordine) a determinare la mancata repressione dei fenomeni, la mancata revoca della patria potestà a coloro che sfruttano i loro minori, la mancata difesa dei valori minimi di convivenza civile e democratica.

Dunque, governo e parlamento decidono di depenalizzare la maggior parte dei reati che si registrano in Italia (abbiamo visto anche la violazione di domicilio se non è seguita da una rapina o da un'aggressione), dimenticando l'art. 42 della Costituzione, 2° comma: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge Da qualche giorno, essa è violabile, sicché se qualcuno entra in casa vostra e, spaventato dalle vostre urla o dal vostro sistema di allarme, scappa senza toccarvi o al massimo rubandovi un pacco di merendine, la legge non allontana dalla società l'autore del gesto, ma, al massimo, gli commina un'ammenda. Anche se per caso a voi o a qualcuno dei vostri familiari capita un infarto. L'aspetto collaterale del paradosso è che a questo si arriva per l'enorme arretrato processuale, per le continue prescrizioni, per l'obbligatorietà dell'azione penale, interpretata come potestà di non perseguire ciò che dovrebbe essere perseguito.

Per lo spazio, mi debbo fermare. Non prima, però, di segnalarvi che in questa discesa agli inferni, spicca l'incredibile difesa d'ufficio delle nuove norme operata dal giornale dalla Confindustria (ormai rappresentativa della piccola impresa a parte le pubbliche privative, ferrovie, poste Enel). Una difesa inaccettabile che mette in discussione le basi dell'attività imprenditoriale. Se amate il vostro Paese, l'Italia, dovete ricordarvi bene questa decisione e attribuirne la colpa a chi l'ha voluta. Una questione, questa della politica giudiziaria, che non abbandoneremo. Ve lo dobbiamo.