Intercettazioni e clausola dell’omertà

Categoria: Giustizia

Non c’è riforma possibile se non si combatte il diritto dei pm di sputtanare

di Claudio Cerasa | 01 Settembre 2015 ore 06:15 Foglio

Nella buona intervista rilasciata ieri al Messaggero da Andrea Orlando, ministro della Giustizia del governo Renzi e (maligniamo noi) possibile candidato per la segreteria del Pd in vista del prossimo Congresso democratico, ci sono molti passaggi condivisibili sul futuro della riforma della giustizia e alla fine della chiacchierata compare anche una condivisibile affermazione sull’urgenza di mettere giù e approvare entro la fine dell’anno una legge che possa regolamentare l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche.

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La direzione è sacrosanta ma all’interno della sua disamina il ministro della Giustizia punta a ricordare che al centro della riforma ci sarà anche “la garanzia del diritto di cronaca”. Nessuno, neanche noi pericolosi reazionari convinti che l’Italia viva sotto una costante e inquietante dittatura del regime delle intercettazioni, pensa che sia necessario limitare il diritto di cronaca – ognuno, ovviamente, è libero di pubblicare il letame che vuole. C’è però, e il ministro Orlando tradisce questo tic politicamente corretto, un equivoco grande così che si annusa ogni volta che si parla di riforma delle intercettazioni. Ci si preoccupa molto di chi bisogna tutelare – ah, la sinistra dei diritti – ma ci si dimentica spesso di ricordare che il vero problema della diffusione pazza delle intercettazioni non riguarda i giornalisti (ognuno pubblica il letame che vuole) ma riguarda le fonti originarie da cui i giornalisti attingono le intercettazioni: le procure. Sappiamo bene che un atto pubblico è un atto pubblico e che ciò che è pubblico e inserito in un fascicolo giudiziario può essere pubblicato.

Ok. Ma quando diciamo che per capire il problema delle intercettazioni bisogna andare a monte vogliamo dire, anche al ministro Orlando, che oggi un magistrato che sceglie di inserire in un fascicolo giudiziario delle intercettazioni che riguardano persone estranee a un’indagine, magari solo per il gusto di sputtanare qualcuno e inserire un bignè in quei noiosi faldoni, è un magistrato che tecnicamente sta facendo bene il suo lavoro; e nel caso in cui abbia commesso un errore sa che comunque la passerà liscia perché sarà un altro magistrato a giudicare se ha sbagliato oppure no. Fino a che vigerà la clausola dell’omertà, ci permettiamo di definirla così, e fino a che non vi sarà una responsabilità civile allargata anche ai furfanti delle intercettazioni, non vi sarà purtroppo alcuna legge sulle intercettazioni che potrà funzionare – e alla fine spiace dirlo ma legge o non legge rischia di cambiare davvero poco rispetto al sistema attuale. Caro ministro Orlando, siamo sicuri che ne valga la pena?

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