Prima fronda a Davigo: "Meno politica nell'Anm"

Categoria: Giustizia

Il pm Buccini prova a superare la guerra giudici-Palazzo, a differenza del nuovo leader delle toghe

Stefano Zurlo - Lun, 11/04/2016 - 08:08 Il Giornale

Milano - Predica con un linguaggio nuovo. Almeno per chi è abituato a conoscere le toghe dai giornali, e in testa al suo programma mette un concetto semplice e insieme rivoluzionario: «L'Associazione nazionale magistrati deve essere meno soggetto pubblico - se non politico - e più soggetto rappresentativo dei magistrati e del loro lavoro».

Incredibile per un Paese che è assuefatto alla guerra permanente fra i partiti e il partito dei giudici sin dai tempi di Mani pulite. Un confronto che sembra riesplodere proprio in queste ore con l'inchiesta di Potenza, le intercettazioni a nastro sui ministri, l'elezione di un peso massimo come Piercamillo Davigo alla presidenza dell'Anm. Stefano Buccini, pm a Venezia, membro del pool che ha scoperchiato la tangentopoli del Mose, non si scompone e anzi rilancia: «L'Anm non deve avere solo un ruolo meno politico; no, deve avere un profilo meno pubblico. Più interno». Un low profile che pare lontanissimo dal clima di rissa di questi giorni e in contrasto con le prime, fragorose affermazioni di Davigo. Che occupa la scena con il suo carisma e riapre vecchie ferite nel rapporto fra la politica e la giustizia, aggiornandolo ai tempi di Renzi. Il leader delle toghe, conversando con Repubblica, definisce il governo «poco dialogante», invoca gli agenti sotto copertura per stanare i corrotti, liquida l'attesa riforma delle intercettazioni con un perentorio «c'è già la legge sulla diffamazione. Il resto è superfluo». Uno schema antico e sempre attuale. Ma Buccini ha un altro metronomo: «Rispetto a certe prese di posizione, diciamo politiche, non solo penso che l'Anm debba fare un passo indietro, ma ritengo che questi discorsi non interessino alla base».

Buccini, 43 anni e origini romane, interpreta una linea, meno barricadiera e più tecnica. Non a caso il pm è stato protagonista di un inatteso exploit alle elezioni del Comitato direttivo centrale: ha ottenuto 438 voti, risultando primo assoluto in Veneto, la sua regione. Lui correva per Magistratura indipendente, la corrente di destra dei giudici, ma anche la parola corrente gli sta stretta: «Preferisco gruppo. Francamente trovo superato tutto un lessico che fa riferimento alla destra, alla sinistra e alla politica. Forse perché, come tanti colleghi della mia età, mi sento post-ideologico, più legato ai programmi e ai contenuti. E vorrei che anche l'impegno dei membri dell'Anm fosse così: più sindacato e meno clamore».

Un liberale autentico, dunque, cresciuto lontano dalle palestre facili della radicalizzazione e dal cortocircuito continuo con i media. Eppure questo magistrato del nord-est non è l'ultimo dei peones: due anni fa ha condotto, insieme al suo maestro Carlo Nordio e al collega Stefano Ancilotto, l'inchiesta che ha portato all'arresto del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e al tramonto di una stella di prima grandezza come l'ex governatore Giancarlo Galan. Un altro avrebbe forse capitalizzato il frastuono degli arresti eccellenti, lui ha tenuto un profilo basso, lontano da schermi e palchi.

Ora, solo ora, prova a costruire un'immagine esterna. Ma sempre senza strepiti e clamori, anzi stando ben attento a collocare la propria figura dentro un preciso recinto istituzionale: «Dall'Anm i magistrati si aspettano un impegno serrato perché il loro lavoro sia tutelato in concreto. Le risorse sono poche, i fascicoli che ogni toga deve gestire sono troppi, i rischi, chiamiamolo così, sempre più alti: le nuove forme di responsabilità civile e disciplinare mettono in ansia chi per esempio non riesce a smaltire tutto l'arretrato. Da questo punto di vista il sindacato deve interloquire col governo e deve farlo con forza, sottolineando mancanze e problemi. Ma senza sconfinare in una terra che non gli appartiene».

Un messaggio controcorrente. Ancora di più oggi, con le lancette che tornano indietro, agli interminabili bracci di ferro del passato. Lui prova a smarcarsi e a non rimanere intrappolato: «Mi sta bene Davigo e pure una giunta unitaria, con tutte le correnti, anzi gruppi. Ma l'importante è che non si torni ad antiche contrapposizioni. Davvero, è arrivato il momento di voltare pagina e di modellare un'Anm diversa. Meno polemica ma più forte di prima».