Ci sono migranti che considerano l'Italia come un albergo gratuito al loro servizio

Categoria: Italia

Bisogna dare atto a Federico Fubini del Corriere della Sera di essere andato al centro di raccolta immigrati di Briatico (Vibo Valentia) e di aver raccontato come stanno i fatti

 di Pierluigi Magnaschi Italia Oggi, 27.4.2016

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Bisogna dare atto a Federico Fubini del Corriere della Sera di essere andato al centro di raccolta immigrati di Briatico (Vibo Valentia) e di aver raccontato come stanno i fatti. Dovrebbe essere, questo, il primo dei compiti di un giornalista che, per mestiere, lavora per consentire ai suoi lettori di conoscere come stanno le cose, per poi poter loro consentire di valutare politicamente. Invece non è così. E non solo in Italia. I colleghi tedeschi, per esempio, sono riusciti a tener nascosta, per ben cinque giorni (in Italia non sarebbe mai potuto accadere),la notizia che gruppi di giovani immigrati, nella notte di Capodanno, non nella Foresta nera, ma in pieno centro di Colonia (nei 300 metri che ci sono fra la stazione ferroviaria e la cattedrale) avevano molestato690 giovani tedesche (tante sono state le denunce presentate dopo che le bocche si sono scucite), aggredendole, scamiciandole, smutandandole, rapinandole, insolentendole, senza che, nel mentre, la polizia tedesca intervenisse e, dopo, i media ne dessero illustrazione.

Come mai questa paralisi (della polizia) e questo black out (dei media)? Non si voleva, si fece capire, aiutando chi aveva bisogno (la polizia) e spiegando i fatti com'essi erano avvenuti (i media), diffondere, nell'opinione pubblica tedesca, la sensazione che gli immigrati potessero essere un pericolo. Non è però nascondendo la polvere sotto il tappeto che ci si può illudere di tenere pulito un appartamento. I tabù sono sempre pericolosi perché, nascondendo la verità, non si rende giustizia alla verità. È sicuramente vero che coloro che sono interessati a strumentalizzare in chiave xenofoba l'immigrazione, prendono slancio da queste informazioni. Ma se non si danno queste informazioni, si impedisce di correggere fatti e situazioni che, lasciate a se stesse, finiscono per incancrenirsi a danno di tutti. L'autocensura non è mai senza effetto perché anch'essa, prima o poi, contribuisce a produrre lo strabiliante 35% dei voti presi da Norbert Hofer in Austria.

Che cosa ha scoperto Fubini a Vibo Valentia? Che, parlando con un giovane africano del Mali che è in Italia da due anni e che aspira a vedersi riconoscere lo stato di rifugiato, ha constatato che lo stesso giovane, alla domanda, «Che cosa fai qui?», risponde in francese: «Mangio, dormo, Facebook, un film, qualche volta una partita di calcio». Tieni pulita la tua stanza? «No, ci pensa la signora Antonella, la signora delle pulizie». Ti prepari da mangiare? «No. Vedo il cibo quando è pronto. Io non cucino». Fubini, raccontando cose che chiunque avrebbe potuto esporre prima, ma che nessuno aveva mi raccontato (e questo è il vero scandalo dei media italiani che si sono autoimbavagliati, su questo e su tanti altri temi che non avvengono nei due chilometri quadrati del centro di Roma, pur disponendo di mezzi immensi, come la Rai), Fubini, dicevo, scrive: «Fafana Samba conduce questo stile di vita. Appena riemerso dal riposo del dopo pranzo porge una debole stretta di mano, il tablet sottobraccio, attorno a lui tanti altri ragazzi subsahariani assorti nel loro smartphone all'ombra dei pini dell'hotel sul mare che oggi li accoglie». E poi aggiunge: «Fafana non ha mai fatto lo sforzo di imparare una parola d'italiano.Questo nostro è un welfare che dà qualche cosa in cambio di niente. È un sistema che distribuisce soldi senza pretendere, dai beneficiari, lo sforzo di imparare un mestiere, né la conoscenza delle leggi o la lingua del paese ospitante o anche solo senza chiedere loro una mano per tenere pulita la strada comunale qui fuori».

Adesso quindi sappiamo che cosa succede nei centri di accoglienza italiani, dove giovani in buona salute e nel pieno delle forze si trascinano per anni (dotati di tutti i gadget elettronici, però) in istituzioni che sono un misto fra il paese dei balocchi e un cronicario. In Germania, dove pure la Merkel è stata ipergenerosa accogliendo, in soli sei mesi, un milione e 100 mila immigrati (la si può quindi accusare di tutto ma non certo di xenofobia), in Germania, dicevo, non fanno così. I nuovi arrivati infatti debbono seguire un percorso di accoglienza (una sorta di protocollo, valido per tutti) con premi e sanzioni, che è finalizzato a facilitarne l'inserimento nella vita economica e sociale del paese di accoglienza.

Da qui corsi di lingua tedesca (con verifiche periodiche sul livello di apprendimento; cosa, questa, che, in Italia, non si farebbe nemmeno se fossimo scudisciati) e corsi professionali dove, anche qui, si verificano, man mano, le abilità apprese. In un paese come la Germania, che è ricco, ma non è quello della cuccagna (dove, come si sa, prosciutti, salumi e fiaschi di vino crescono spontaneamente sui pali, per cui basta allungare la mano per prenderli), è un paese dove tutti si danno da fare. E quindi anche gli immigrati non possono poltrire, in base all'ovvio convincimento, che fu di Milton Friedman, che non ci sono mai pasti gratis. Certo, ci sono, alle volte, dei pasti erogati gratuitamente ma c'è sempre qualcuno che li ha pagati per te che li consumi a sbafo. In un sistema sociale ben gestito puoi farti mantenere ma solo se sei in stato di necessità. Ma non puoi fare del mantenimento da parte degli altri un programma di vita. Altrimenti, che cosa potrai mai dire alla signora 40enne, divorziata, con tre figli a carico (è un caso di questi giorni) che è stata licenziata dal call center dove guadagnava mille e duecento euro al mese e che viene lasciata a se stessa come se fosse una pezza da bucato? Se non si risponde a questi fatti, e non si cerca di renderli equi e compatibili, poi salta fuori il 35% (e magari di più) che si è preso Norbert Hofer in Austria.

Il buonismo mellifluo e sconsiderato rischia di danneggiare i cittadini meritevoli e che ne hanno bisogno. Ricordo che una persona insospettabile come il capo dell'Associazione nazionale magistrati, Camillo Davigo, proprio in questi giorni ha raccontato questo aneddoto: «Una volta a San Vittore trovai un borseggiatore cileno. Era stato arrestato quattro volte in un mese. Mi accolse con un sorriso, dicendo: “Che bel paese l'Italia!”. Prima era stato arrestato a Ottawa ed era stato in galera due anni». Il bello è che nessuno di coloro che dovrebbero intervenire fa una piega. Tutti sono impegnati a rompere in quattro i capelli che riguardano (e interessano) solo loro.

Pierluigi Magnaschi

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Dolce&Amaro.Noi italiani non siamo fatti per l’organizzazione ma per le chiacchere. Quanti sono in Italia immigrati che non parlano la nostra lingua e con i quali è difficile intendersi ? Tanti . Non siamo riusciti a far sorgere in loro la voglia di comunicare e capire come si vive in Italia. Altro che risorse. Nella vita contatti con questi ogni giorno si rasenta la lite.