La Resistenza adesso va ribadita per combattere contro i violenti

Categoria: Italia

Puntualmente anche questa celebrazione della Liberazione è stata punteggiata da episodi di intolleranza,

 di Sergio Soave Italia Oggi 27.4.2016

Puntualmente anche questa celebrazione della Liberazione è stata punteggiata da episodi di intolleranza, prima di tutte quella del tutto inaccettabile contro i reduci della brigata ebraica, ma anche contro l'evocazione dei marò perseguitati dalla giustizia indiana e persino contro la presenza della candidata democratica al municipio napoletano. Se Sergio Mattarella ribadisce l'attualità dell'esigenza di «resistere», verrebbe da dire che oggi bisogna soprattutto resistere all'intolleranza, che è il nemico più evidente della convivenza democratica che è il risultato della vittoria alleata e partigiana sull'occupazione tedesca e il fascismo repubblicano. È da quando, nelle manifestazioni sessantottine, si inalberò lo slogan «la resistenza è rossa non è democristiana» che si è creato attorno alla Liberazione un mito fazioso che poi si è trasformato anche, nei casi estremi, in attività terroristiche organizzate in nome dell'antifascismo «militante».

Al fondo c'è la narrazione di una «resistenza tradita», perché l'esito è stata una democrazia rappresentativa e non una qualche «democrazia» popolare. Si tratta di un mito pericoloso, che somiglia specularmente a quello della «vittoria mutilata» che fu alla base della costituzione dei legionari fiumani di Gabriele D'Annunzio e poi dei fasci di combattimento. Proprio nella giornata del 25 aprile gli sconfitti di allora, la Germania e l'Italia, hanno partecipato a un vertice con i vincitori di allora, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, e questo ci dice quante cose siano cambiate nei 70 anni di pace e di democrazia che sono seguiti.

In un mondo così diverso e migliore, ha un senso ricordare la Liberazione solo se questo serve a fare un bilancio sul valore della libertà riconquistata, non per rinfocolare peraltro in modo insensato contrapposizioni ormai prive di senso. Chiamare fascisti i combattenti ebrei ricorda invece la pagina più nera del regime fascista, attaccare una candidata democratica perché non avrebbe i crismi di antifascismo richiesti dai centri sociali partenopei è esattamente il contrario di quel che servirebbe e che corrisponde allo spirito popolare e nazionale. Reagire, resistere all'intolleranza è oggi più urgente che mai, quando le prove che attendono le democrazie, attaccate dal terrorismo islamico e indebolite da una lunga crisi economica dai pesanti effetti sociali, rischiano di diventare assai severe. La pur necessaria retorica resistenziale, se non vuole ridursi a vacua declamazione deve riconoscere e combattere con decisione i nemici attuali della convivenza democratica, che ci sono e come.

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