Pm pronti ad arrestare il governo

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Sarà un’operazione in grande stile, sperimentata in sedicesimo nello pseudo-scandalo di Tempa rossa. Vedrete. Il partito delle procure cercherà di azzoppare il premier prima del referendum. Diario politico

di Giuliano Cazzola | 29 Aprile 2016 ore 13:47 Foglio

“Negli ultimi 25 anni l'Italia ha conosciuto giudici ammazzati dalle mafie ma anche conosciuto una vera e propria barbarie di giustizialismo”. Matteo Renzi, 19 aprile 2016

Mettiamo il caso che, un bel giorno, nella Repubblica islamica dell’Iran, alla fine di una contorta sequenza di eventi politici imprevisti, il potere cada, come un fico maturo, nelle mani di un ragazzotto sbarbato, non ancora quarantenne, sostenuto e vezzeggiato da quanti vedono in lui un segno del “nuovo che avanza”. Per un po’ di tempo, in quel lontano paese, le cose filano lisce, in un clima di luna di miele come non se ne vedevano da tempo. Poi, di punto in bianco, il ragazzo comincia dire che lui della Guida Suprema della rivoluzione, il Grande Ayatollah Ruhollah Khomeini, non gliene può fregare di meno e si rifiuta di baciare la pantofola ai componenti del Consiglio dei Guardiani e alla Guida Suprema Ali Khamenei. Pur non conoscendo il diritto costituzionale iraniano, ritengo, tuttavia, che il giovane premier non avrebbe vita facile e, ben presto, si troverebbe appeso per il collo a una gru, dopo un giudizio sommario e una condanna per alto tradimento. In effetti, il nostro, con la sua linea di condotta, avrebbe violato le norme fondamentali dell’ordinamento istituzionale del suo paese, mettendone in discussione prima ancora che i poteri legittimi, le loro stesse fonti costitutive.

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Questo ci insegna la storia: i differenti regimi politici e giuridici che contraddistinguono una particolare fase della vita di un popolo e di una nazione sono determinati da eventi di rottura dei precedenti assetti istituzionali. Senza andare troppo in giro per il mondo (i casi da citare sarebbero tanti in Europa come negli altri Continenti) la Prima Repubblica e la Costituzione del 1948 nacquero dalla Resistenza. Non a caso i partiti antifascisti costituirono il c.d. arco costituzionale e furono, dalla maggioranza e dall’opposizione, i protagonisti della vita democratica del paese. Mentre, gli eredi dei vinti, nella guerra civile che insanguinò per anni l’Italia, restarono per decenni estranei alla normale dialettica democratica, fino a quando non furono “sdoganati” da Silvio Berlusconi e non si sottoposero alle Forche Caudine dell’abiura sostanziale del loro passato. Ma in quel momento la fine della Prima Repubblica “fece tana” per tutti. La Seconda nacque da quel “golpe” mediatico-giudiziario che fu l’esperienza di Tangentopoli, quando, annientati i partiti democratici, fu deciso “colà dove si puote ciò che si vuole” che fosse venuta l’ora dell’ex Pci, appositamente tenuto al riparo dallo tsunami degli scandali e sollecito a cambiare “ditta” subito dopo la caduta del Muro di Berlino e a coprire di un velo di amnesia una storia che veniva da lontano e sembrava destinata ad andare lontano.

Piercamillo Davigo, nella sua ormai celebre intervista (un tantino “golpista”) ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, ha respinto la critica rivolta al pool di Mani pulite di aver tenuto una linea di condotta di riguardo nei confronti dell’ex Pci, ricordando che lui stesso condusse un’indagine all’interno di Botteghe Oscure. Evidentemente non trovò nulla che avesse rilievo penale. Non riveliamo, certo, un segreto (dal momento che ne parlarono diffusamente i giornali dell’epoca) a rammentare che si tenne un vertice del “magico pool” con Tiziana Parenti (che ne faceva parte con l’incarico di indagare sull’ex Pci), a conclusione del quale si decise che non vi erano prove sufficienti per calcare la mano in quella direzione (tanto che Tiziana Parenti, in dissenso, poco dopo lasciò la magistratura). Il teorema, per cui il segretario del partito “non poteva non sapere” fu fatto valere solo nel caso di Bettino Craxi.

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