Referendum: più facile mobilitare la protesta che non il consenso

Categoria: Italia

Molto dipenderà dalla capacità di inglobare nei comitati per il sì personalità e opinion leader, soprattutto locali

 di Sergio Soave Italia Oggi 4.5.2016

La strada per il referendum confermativo della riforma costituzionale è tutta in salita. Al di là dei dati segnalati dai sondaggi, che prevedono una sostanziale equivalenza tra favorevoli e contrari, pesa la regola per cui è più facile mobilitare la protesta che il consenso, e questo in una consultazione senza quorum può rivelarsi decisivo. È comprensibile che proprio per sormontare questo problema Matteo Renzi punti su una campagna elettorale prolungata e capillare, ma bisognerà poi vedere se riuscirà a organizzarla con un partito che è in preda a tensioni permanenti e che non brilla per compattezza anche dal punto di vista del radicamento territoriale.

Molto dipenderà dalla capacità di inglobare nei comitati per il sì personalità e opinion leader, soprattutto locali, non già identificati come esponenti del Pd e della componente renziana, che sostengano la bontà delle riforme indipendentemente da chi le ha promosse. Se invece il referendum sarà un plebiscito sul presidente e segretario è assai difficile che possa concludersi con un successo. Renzi punta sull'eterogeneità contraddittoria dei contrari, ma questa è un'arma polemica inefficace. Persino Alcide De Gasperi subì una sconfitta da opposizioni di segno opposto nelle elezioni del 1953 che segnarono il fallimento della legge maggioritaria. In quell'occasione fu decisivo il voto meridionale, in cui alla ripresa delle sinistre dopo la sconfitta del 1948 si sommò una rinascita dell'estrema destra, che avrebbe dato origine al fenomeno laurino a Napoli e al milazzismo (anche qui un'alleanza inedita tra sinistra e settori neofascisti) in Sicilia.

Mettere insieme posizioni anche opposte e incompatibili nel voto di protesta e di contestazione non è difficile, e nel Mezzogiorno è un fenomeno che si è verificato spesso. D'altra parte il terreno costituzionale, per sua natura, tende a scavalcare le tradizionali contrapposizioni politiche, in positivo quando si trova una convergenza ampia, come quella che diede vita alla Carta, ma anche in negativo quando si mettono insieme le diverse ragioni che si oppongono a riformarla in modo incisivo.

Il terreno decisivo del confronto sarà l'area moderata, che si trova in una situazione particolare, dopo il tramonto dell'egemonia berlusconiana e senza che se ne sia affermata una alternativa. Se non riuscirà a sfondare in questa direzione il sì sarà sconfitto, ma per farlo non basta la propaganda, che pure è utile, serve una capacità di dialogo e di convincimento che sarà ostacolata dalla sinistra democratica, che considera ogni apertura verso il centro un tradimento di non si sa quale verginità politica della sinistra. Renzi rischia di restare vittima di questa tenaglia e per ora non ha fatto capire in che modo spera di liberarsene.