Salvini non ha benzina sufficiente

Categoria: Italia

La sua aspirazione non è supportata dai voti che prende

 di Marco Bertoncini Italia Oggi 6.5.2016

La manovra procede, si direbbe passo dopo passo. Non è programmata, bensì resta affidata all'estro del giorno, com'è nello stile del personaggio. Sempre nuovi grani si aggiungono al rosario di Matteo Salvini, ormai auto dichiarato competitore per guidare il centro-destra.

L'ultimo episodio è rappresentato dall'uscita del volume Secondo Matteo.

Il capo leghista stavolta viene allo scoperto: tocca a lui «l'onore e l'onere di guidare il centro-destra». La candidatura è così presentata ufficialmente, a coronamento della poco precedente profferta a Silvio Berlusconi perché aderisca al programma leghista. Dunque, le condizioni le detta (le detterebbe, le detterà) il segretario del Carroccio: sia per la linea politica, sia per la guida. Sbruffoneria? Un po' lo pensa Umberto Bossi, che non condivide l'impeto salviniano. Però Salvini avanza chiarimenti tutt'altro che privi di fondamento.

Quando definisce Fi «partito in calo, indebolito dalle faide interne, dilaniato dal patto del Nazareno», riesce difficile dargli torto. Quanto al Cav, riconosciutogli «un ruolo fondamentale», Salvini annota: «Oggi non può più essere il solo cardine della coalizione». E anche questa è una riflessione non smontabile. In effetti, non c'è un sondaggio che oggi assegni a Fi un voto in più rispetto alla Lega. Se poi Salvini si attribuisse anche la percentuale di Fd'It, il vantaggio sarebbe elevato; ma è un discorso teorico, sia perché sono dati virtuali, sia perché nessuno può sapere come Giorgia Meloni si collocherebbe, quando si dovesse discutere del rifacimento del centro-destra.

L'esito delle prossime comunali, se è consentito tentare una previsione, rafforzerà le pretese di Salvini. Lasciamo da parte la peculiare situazione di Roma, ove nessuno sa se prenderà più voti la Meloni o Marchini. In molti altri comuni la Lega sopravanzerà Fi: non solo per l'odierna, oggettiva debolezza degli azzurri, ma altresì per la presenza di liste del sindaco e liste civiche che pomperanno voti politicamente assegnabili a Fi. Salvini, quindi, potrebbe trarre conforto dalle urne di giugno per asserire di essere a capo della formazione più sostenuta dal favore popolare.

Semmai, il successore di Alberto da Giussano dimentica quello che prima aveva dimostrato di ben sapere: oltre un certo livello la Lega non riesce ad andare. Gli stessi sondaggi da mesi la fissano al 15%, al massimo, e spesso sotto di almeno un punto, se non due. Il lepenismo in salsa italica può raggiungere, se vogliamo indicare un margine, il 20%. Oltre, no, anche per la concorrenza grillina. Se ne ricava che il centro-destra, per vincere, richiede un forte centro: in ogni modo, ha bisogno di un coagulo che riesca a raggiungere tanto gli elettori che gravitano fra destra e sinistra quanto almeno una parte (ma dovrebbe essere una parte consistente) degli ex che in passato sostennero il Pdl. La trazione leghista, o meglio salviniana, non renderebbe attuabile un tale recupero.

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