PUNTI DI VISTA. Il falso boom del cinque stelle documentato con i numeri

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Su 1.342 comuni al voto il M5s si è presentato solo in 252, ha vinto in appena 2 (piccoli), andrà al ballottaggio in 17 città medie e in 3 capoluoghi su 24. Un po’ pochino per dire che è un “risultato storico”.I voti si pesano, non si contano

di Luciano Capone | 06 Giugno 2016 ore 15:29 Foglio

Parafrasando Enrico Cuccia si può dire che nelle analisi politiche post elettorali “i voti si pesano, non si contano”.Solo in questo modo si può spiegare perché il 40 per cento e passa del democratico Piero Fassino a Torino sia una battuta d’arresto, mentre il 35 per cento della grillina Virginia Raggi a Roma sia un trionfo. E solo utilizzando il metodo Cuccia si può affermare, come fa il blog di Beppe Grillo, che queste elezioni sono “un risultato storico”. Se per analizzare il voto si usa invece il precetto grillino “uno vale uno”, ci si rende conto che le cose stanno in maniera diversa: il Movimento 5 stelle è in gran parte assente dal territorio e non sfonda dove si presenta. A parte lo scenario post apocalittico di Roma e l’ottimo risultato a Torino dove invece Chiara Appendino sfida una candidatura forte, il M5s non va al ballottaggio in nessun altro capoluogo di regione: a Napoli è sotto al 9 per cento, molto lontano dal 25 delle scorse regionali; a Milano è inchiodato al 10 per cento, stesso risultato delle regionali del 2013; a Bologna, la città del primo V-day, non è riuscito a superare il centrodestra per presentarsi al secondo turno come alternativa a Virginio Merola; a Cagliari e Trieste è sempre terzo, molto distante dai due poli.

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Nei 17 capoluoghi di provincia al voto, i grillini andranno al ballottaggio solo a Carbonia, in tutti gli altri confronti saranno generalmente centrodestra e centrosinistra a contendersi la vittoria. In importanti città come Caserta, Latina, Ravenna, Rimini e Salerno il movimento di Grillo non è riuscito neppure a presentare una lista. Negli oltre 120 comuni superiori ai 15 mila abitanti, quelli in cui è previsto il doppio turno, i grillini andranno al ballottaggio in 17 città, tutte le altre o sono state già assegnate al primo turno o al secondo sarà una storia tra centrodestra e centrosinistra. Niente vittorie né ballottaggi per il M5s in Toscana, Campania e Umbria, uno in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Puglia, Marche e Sardegna. Qualche chance maggiore in Lazio, Piemonte e Sicilia, dove se la giocheranno al secondo turno in qualche città in più. Su tutti i restanti comuni sotto i 15 mila abitanti, in cui vince la lista che prende più voti nell’unica tornata prevista, i grillini hanno eletto solo due sindaci, a Fossombrone nelle Marche e a Vigonovo in Veneto.

A ciò bisogna aggiungere che il M5s era completamente assente nella stragrande maggioranza dei comuni in cui ieri si è votato, perché è riuscito a presentare le proprie liste solo in 252 comuni su 1.342, circa 1 su 5. Naturalmente nessun partito riesce a concorrere con una propria lista in ogni comune, ma tutti consentono a propri iscritti e tesserati di candidarsi in altre liste civiche, cosa invece proibita ai grillini. Ciò vuol dire che in queste elezioni non c’è stato un candidato nel M5s nell’80 per cento dei comuni e, come abbiamo visto, anche in grandi città come Rimini e Salerno.

In totale, su 1.342 comuni chiamati a eleggere il sindaco e rinnovare il consiglio comunale, il M5s non ha eletto neppure un consigliere in circa 1.200 comuni, ha vinto in due piccoli comuni, andrà al ballottaggio in una quindicina di medie cittadine e in tre capoluoghi su 24 (e in uno solo di questi è davanti allo sfidante). Certo, il vantaggio a Roma è significativo, e la conquista della capitale ha un forte valore simbolico, ma se si considera il quadro delle amministrative nel suo insieme è difficile sostenere che sia “un risultato storico”, soprattutto perché di gran lunga inferiore a quello ottenuto dagli altri due principali schieramenti, il centrodestra e il centrosinistra. Viene piuttosto confermato, anche in queste elezioni, il trend elettorale degli ultimi anni che assegna al M5s una manciata di comuni in ogni tornata amministrativa e il ruolo stabile di terza forza politica.

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