Napoli, viaggio nel mercato degli acchiappa voti

Categoria: Italia

Mi scegli al ballottaggio? Ti do un salotto. O un mutuo pagato. Oppure 20 euro. Mentre in strada si spara, a Napoli impazzano le (false) promesse elettorali.

di Enzo Ciaccio | 12 Giugno 2016, lettera43

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A Napoli prima del ballottaggio incombe l'ombra del voto di scambio sulle elezioni.

A don Carmine hanno sussurrato: «Se ci voti, ti illuminiamo la strada».

A Elisabetta, invece, hanno garantito la Tac entro tre giorni. Invece di sei mesi.

Indagata per voto di scambio, la candidata eletta nel Partito democratico si dice sbalordita: «Ma perché?», chiede, «io ho solo aiutato a trovare lavoro gente che non sa neanche che cosa sia un bando».

Si promette di tutto, in questi giorni di brace.

Senza inibizioni, in vista del ballottaggio del 19 giugno 2016 che deve decidere il nuovo sindaco.

Se ci voti, avrai il posto di lavoro.

Se ci fotografi la scheda, lo avrai a tempo indeterminato.

O preferisci la lavatrice nuova? O il mutuo pagato? Ti serve forse un bel salotto stile Gomorra?

Se poi uno ha a carico un familiare disabile, be' allora ha preso davvero un terno al lotto: a sentire i galoppini, il suo futuro è blindato.

E i bisogni, tutti esauditi. Se mi voti, ti darò...

UN GIOCO SURREALE. Promesse birbanti. Occhiolini di cera. Il cinismo casa per casa. Un gioco - amaro - delle tre carte.

Per molti, il clima a Napoli si fa simile a quello del film di Nanni Loy, Pacco, doppio pacco e contropaccotto (1993): paradossale, beffardo, surreale.

È una spettacolare (e drammatica) raffica di fregature rifilate senza pietà a gente per lo più sprovveduta o resa apatica dalla precarietà, dal bisogno o solo dalla mala cultura imperante.

Fantasia noir. E violenza.

QUANTI MORTI ANCORA? La scommessa più in voga tra i ragazzotti del centro storico punta sul numero dei morti ammazzati che si conteranno da oggi fino al secondo turno delle Amministrative.

Quante saranno le vittime? Due? Cinque? Dieci?

Perciò, che vinca Luigi de Magistris o Gianni Lettieri (che nel frattempo parlano d’altro), alla fine chi se ne importa?

Per i “barbudos” del rione Sanità, dopo la morte del boss (Raffaele Cepparulo, 24 anni, ucciso l8 giugno in un circolo ricreativo a Ponticelli) l’importante è “far fuori” i nemici uno a uno.

E peggio per chi non c’entra. È una guerra. Con tanto di eserciti sul campo e “stese” (cioè azioni dimostrative) per terrorizzare i neutrali.

UNO STATO DI GUERRA. Mentre il ceto politico locale si azzuffa (il Pd), fa trionfalismo (de Magistris e alleati) o cavalca ogni sorta di promesse (un po’ tutti), Napoli sta vivendo in molte sue parti uno stato di guerra (figli chiusi in casa, coprifuoco, percorsi alternativi, provviste da accumulare, stile di vita azzerato) per colpa del moltiplicarsi di bande armate che imperversano impunite.

Spari e promesse spudorate alla luce del giorno

Ha scritto Isaia Sales, studioso di fenomeni criminali al Sud: «Si spara di notte e in pieno giorno, in luoghi appartati e in luoghi affollati, davanti alle scuole e davanti ai turisti, dentro i locali pubblici, sotto casa, sui marciapiedi. Finiscono ammazzati delinquenti e purtroppo anche gente che non c’entra nulla».

Prima del voto di domenica 5 giugno, una ragazza che era affacciata al balcone della sua abitazione a Secondigliano è stata ferita da due proiettili “vaganti”.

Al rione Traiano, la notte prima, qualcuno ha sparato 70 (sì, settanta) proiettili contro un’abitazione.

Dopo il voto, a Forcella, due auto sono state incendiate. E alla Sanità un quasi duplice omicidio.

SERVIREBBE... LO STATO. È una guerra. Che richiederebbe - secondo gli osservatori - «un intervento del governo nazionale di intensità, qualità e vigore mai visti dal Dopoguerra», ma che viene «evitata», negata, esorcizzata fino a scomparire totalmente dal dibattito in corso.

Rissosità. Trionfalismo. E promesse. Troppe. E spudorate.

In queste ore e fino al 19 giugno, tra i politici in lizza e gli acchiappa-voti impazza il festival del «dimmi tu a ‘mme che ti serve» o del «dacci il voto, avrai il posto per tuo figlio» o ancora «se hai bisogno del mutuo, non devi far altro che ricordarti di noi».

VOTO DI SCAMBIO, VECCHIA STORIA. Lo chiamavano voto di scambio. E dagli Anni 90, come reato penale, faceva fatica a imporsi nelle aule giudiziarie.

«Ora», osserva un inquirente, «va perfino peggio: il reato sembra diventato desueto nell’immaginario collettivo. Insomma, viene sentito alla pari di un peccatuccio veniale».

Eppure, come fenomeno di malcostume “lo scambio” illecito alle elezioni vanta una storia antica e a Napoli assai consolidata.

Si parte dalle scarpe sinistre offerte prima del voto dal comandante Achille Lauro negli Anni 50 e 60 fino alle scorpacciate di consensi che erano in grado di garantirsi a ogni elezione personaggi da film come Alfredo Vito (parlamentare Dc, detto «mister 100 mila voti») o Rosario Giovine, un “mito” per i movimenti dei disoccupati degli Anni 80, poi “gambizzato” sotto casa dalle Brigate rosse.

OGGI GLI INDAGATI SONO NEL PD. Di paventato voto di scambio furono accusati a più riprese i tre “vicerè” degli Anni 90, cioè i parlamentari Giulio Di Donato, Paolo Cirino Pomicino e Franco De Lorenzo.

E via via molti fra i leader politici in auge. Già, ma oggi? Oggi suscita un relativo scalpore che finiscano indagate dalla procura di Napoli due candidate elette del Partito democratico a Napoli, Anna Ulleto e Rosaria Giugliano.

E che abbiano fatto promesse di lavoro farlocche agli elettori utilizzando il progetto “Garanzia giovani” della Regione Campania che finora - secondo l’istituto Isfol - ha prodotto una ben misera manciata di posti di lavoro.

Con la crisi bastano 20 euro per un sì nell’urna: la metà rispetto al 2011

Al secondo turno delle Comunali 2016 Napoli del 19 giugno ci sono Luigi de Magistris e Gianni Lettieri.

Già, le false promesse.

Girando nei quartieri, forte è la sensazione che in questi giorni “il paccotto” (la beffa fantasiosa e ben organizzata, tipo quelle del film di Nanni Loy) sia di casa più che mai nelle parole dei politici e dei galoppini a caccia di consensi.

Il sito Fanpage.it, che è quello che denunciò i presunti brogli alle primarie del Pd del marzo 2016, ha diffuso un altro video in cui si vede come schede e certificati elettorali passino di mano in mano davanti ai seggi.

Eppure, quando i ragazzi volontari dell’ex Opg occupato hanno organizzato gruppi di controllo sono stati accusati di voler intimidire gli elettori in stile para-leghista.

Voto di scambio? Oggi, con la crisi che incombe, bastano 20 euro per garantirsi un sì nell’urna, cioè meno della metà di quanto un voto venduto costava nel 2011.

UNA SPESA AL SUPER. Ora, dicono, basta la promessa di una spesa al supermercato. O una ricarica telefonica. O una particina in Gomorra e derivati.

Il “mercato” avviene quasi alla luce del sole, senza vergogna: mani che si toccano, schede ballerine, banconote che si intascano.

Franco Roberti, capo dell’Antimafia nazionale, ha detto: «In questi territori il voto libero non può esistere».

Ma c’è chi si chiede: «Lanciare il piano per le periferie alla vigilia del voto a Roma, Milano e Napoli che cosa è, impegno politico o voto di scambio? E gli 80 euro in busta paga? E promettere, sempre a un soffio dal voto, il reddito di cittadinanza? E lasciare tranquilli i gruppi di giovani (elettori) all’interno delle strutture occupate? E non sgomberare chi abusivamente occupa le case?».

Ci si svende per due soldi, come le “segnorine” in “Napoli milionaria”.

GUIDA ANTI-TRUFFE. E per il bisogno si tende a credere a qualsiasi fandonia. Perciò, gruppi di volontari stanno facendo circolare nel centro antico una sorta di vademecum per l’elettore tentando di mettere in guardia - almeno - dalle false promesse rispetto a quelle (forse) un po’ più credibili: dice bugie, per esempio, «chi promette posti di lavoro all’Edenlandia (che è fuori uso), alle Terme di Agnano, all’ippodromo, alla Mostra d’Oltremare o nell’area ex Italsider o nell’area ex Nato o a Città della Scienza o alla piscina Scandone».

Qui, infatti, non sono previste assunzioni di alcun tipo e per chissà quanto tempo.

E poi: attenti a chi promette posti da giardiniere comunale, o nella manutenzione degli edifici, dei parchi, delle strade, dei monumenti.

O lavori in occasione di manifestazioni sportive, culturali o caritatevoli. È un super-bugiardone, perché trattasi di posti per cui occorre essere in possesso di specifici requisiti.

DIFFIDATE DAI VOUCHER. Il vademecum avverte: «Diffidate anche da chi offre posti pagati con buoni di lavoro (voucher). Sono un surrogato del lavoro in nero».

E ancora: «Elettori, non fidatevi mai di chi promette il posto ma non vi dice il nome dell’azienda che vi assumerà dopo il voto».

Insomma: se “oggetto” di promessa, pretendete di sapere prima del voto e nei dettagli di che tipo di lavoro si tratterebbe. E fatevi dire a quanto ammonta esattamente lo stipendio.

Se il politico (o chi per lui) tentenna, non fidatevi. E non lo votate.

Se invece fosse vero, ditegli di sì. Prendetevi pure il posto che offre. Ma poi, nell’urna, fategli il “contro-paccotto”: cioè, votate per l’avversario. Così impara.

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Mondo. Ma anche in Veneto c’è chi va casa per casa da amici e invece di illustrare il proprio programma dice: dimmi cosa vuoi per aver il tuo voto e preferenza. E’ oramai normale vedere città e paesi messi sottosopra per lavori negli ultimi sei mesi prima delle elezioni con la opposizione che rivendica l’intervento dicendo: l’abbiamo chiesto qualche anno fa noi. Non importa se prima i soldi non c’erano e adesso si