La sinistra democratica sbaglia a opporsi al taglio delle tasse

Categoria: Italia

Si possono integrare gli immigrati senza creare tensioni insopportabili solo se si dà lavoro ai giovani italiani, e questo richiede di canalizzare tutti gli sforzi della finanza pubblica in direzione degli investimenti innovativi e della riduzione del carico fiscale sulla produzione

 di Sergio Soave Italiaoggi 24.8.2016

Il dibattito che si è aperto sull'integrazione degli immigrati (che sono una realtà non episodica) è caratterizzato e deformato da pulsioni ideologiche opposte, quella che punta all'accoglienza indiscriminata e quella che, al contrario, ipotizza di chiudere frontiere inesistenti e comunque indifendibili. Tuttavia il tema è reale e la soluzione che si affermerà influenzerà in modo rilevante il futuro dell'Italia e dell'Europa. Per affrontarlo, però non basta una semplice aritmetica demografica, quella che ci dice che senza immigrazione l'Italia si spopolerà in una generazione, né una rivendicazione di conservare i posti di lavoro per gli italiani, quando è evidente che i lavori più pesanti non attirano giovani che hanno un'istruzione che li spinge ad aspettarsi un'occupazione corrispondente alla loro formazione.

Nelle pizzerie e nelle panetterie come nelle catene di montaggio e nel lavoro agricolo bracciantile ormai la presenza degli immigrati è indispensabile, e questo fenomeno è precedente ai flussi migratori più recenti. Il punto critico sta nella lentezza dell'innovazione (e sulla qualità scarsa della formazione scolastica e professionale) che non agevolano l'entrata in un mercato del lavoro più evoluto della fascia più giovane di italiani. Non si tratta solo di innovazione tecnologica, ma anche estetica, organizzativa, linguistica. È con queste innovazioni che può reggere il sistema del made in Italy, che si può risanare la pubblica amministrazione, che si internazionalizza il mercato anche per le aziende minori.

Si possono integrare gli immigrati senza creare tensioni insopportabili solo se si dà lavoro ai giovani italiani, e questo richiede di canalizzare tutti gli sforzi della finanza pubblica in direzione degli investimenti innovativi e della riduzione del carico fiscale sulla produzione. La sinistra democratica, che è per l'integrazione ma contro la riduzione delle tasse, pone obiettivi in sé contraddittori. Naturalmente non si può ridurre tutto a una sorta di ingegneria sociale, ora ribattezzata politica industriale, in cui si stabilisce dall'alto il ruolo delle diverse fasce di popolazione e dei diversi settori produttivi, ma è possibile e doverosa una scelta di fondo per l'innovazione che investa, insieme, i settori produttivi, la scuola e la formazione, la pubblica amministrazione.

Sono terreni su cui il governo ha dato segnali positivi ma disorganici e che poi si arenano in fase attuativa, come accade per la riforma scolastica o per il codice degli appalti. Ma sono i temi su cui si verificherà se esistono alternative più convincenti, che non consistono di sicuro nelle chiusure protezionistiche, che siano propagandate dalla Lega o dai 5 Stelle.

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