Il fronte del No si è convertito al successo di Donald Trump

I trumpisti italiani (che fino a ieri erano rimasti coperti) esultano: da Renato Brunetta a Beppe Grillo

 di Goffredo Pistelli ItaliaOggi 10.11.2016

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I trumpisti italiani (che fino a ieri erano rimasti coperti) esultano: da Renato Brunetta a Beppe Grillo. Il fronte del No considera gli squilli di tromba americani come il segnale dell'assalto al Palazzo d'Inverno-Chigi, con contestuale messaggio al suo inquilino, Matteo Renzi: si arrenda, ché è circondato. Gli elettori incerti ma certamente non innamorati di questo governo, dubbiosi nel votare No solo per la crisi politica che si aprirebbe, riceverebbero un ristoro psicologico dall'America. Se là, in milioni, non hanno temuto di affidarsi a un Trump, allora neppure spodestare Renzi potrebbe essere un salto nel vuoto, come molti assicurano.

Ragionamento forse più semplicistico che semplice. Quanti affollano il carro di Tespi dell'antirenzismo dovrebbero però ragionare su alcuni elementi che depongono ancora sulla difficoltà della loro impresa. Innanzitutto, il loro ottimismo poggia su una maggioranza di consensi che è tutta di natura demoscopica: il No è sempre stato dato avanti dai sondaggisti. E i sondaggi, come ha dimostrato Brexit ma, ancor di più la notte americana, sono sempre meno affidabili, non perché siano mal fatti o mal concepiti, ma perché risentono del condizionamento inverso di media e socialmedia: più c'è dissenso o addirittura sdegno su una candidatura o un partito, più gli intervistati celano il consenso eventuale agli stessi.

Luigi Curini, politologo della Statale di Milano, che da queste colonne aveva preconizzato la vittoria di Trump il 3 settembre, l'aveva spiegato chiaramente.

E in Italia, l'aggressività, i toni indignati, le accuse di fascismo, specialmente sui socialmedia, stanno prevalentemente per il No.

 I trumpisti-referendari poi sottovalutano il rimbalzo, inevitabile, che ci sarà, da noi, in una precisa area degli incerti: quelli posizionati a sinistra. A vedere Matteo Salvini, Grillo e Brunetta che ballano la tarantella per il nuovo presidente Usa, si faranno passare l'antipatia per Renzi.

In ultimo ma non per ultimo, la sottovalutazione del fatto che l'affermazione del premier, prima nel Pd e poi nel paese, almeno nel 2014, fosse dovuta a quel tratto di «antipolitica controllata», che lo ha sempre caratterizzato: anche Renzi, cioè, è stato (un po') anti-establishment. Di lui, in una certa sinistra stanca del benecomunismo e in un centro, ma addirittura in una destra, delusi dal berlusconismo, è sempre piaciuta la cesura col passato, la rottura, anche brutale, coi sacri miti e con le parole d'ordine (Le catene della sinistra, li aveva chiamati Claudio Cerasa).

Un tratto forse attenuato da due anni e mezzo di governo, ma che Renzi potrebbe rispolverare proprio in questi ultimi decisivi giorni

Categoria Italia

Commento

Fato. Se è vera l’indagine di Skuola fra i giovani e questi UNO su Cinque era per la Clinton, ho l’impressione che vincerà il Si al referendum. Che D’alema affermando che voteranno Si i vecchi “ ..che non capiscono” ha sbagliato un’altra volta. VOGLIAMO CAMBIARE !!!!!

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