Tra Grillo e Trump c'è un vero abisso su tutto

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Ignoranza e stupidità: questo dimostrano le reazioni di Beppe Grillo e dei suoi adepti all'elezione di Donald Trump. E, a dire il vero, becero provincialismo

 di Domenico CacopardoItaliaOggi 17.11.2016

Ignoranza e stupidità: questo dimostrano le reazioni di Beppe Grillo e dei suoi adepti all'elezione di Donald Trump. E, a dire il vero, becero provincialismo. La vittoria e il «vaffa» del vincitore repubblicano non hanno niente a che vedere con il buffone genovese, il suo aiutante webmaster e il direttorio. Né con i seguaci. Donald Trump non è l'antiestablishment: è l'establishment. Infatti, al Tesoro andrà un uomo Goldman Sachs o un uomo J.P. Morgan. Non è uno contro l'inquinamento: nel pacchetto di nomi del comitato per il trasferimento dei poteri spicca quello del teorico dell'antiambientalismo Myron Ebel, il maggiore sostenitore del negazionismo sui cambiamenti ambientali. Del resto, proprio Trump ha più volte affermato che «il riscaldamento globale non è una minaccia grave e forse non esiste, ma è un concetto creato dai cinesi per rendere non competitiva l'industria americana».

Né ha niente a che fare con la demenziale «decrescita felice» della Appendino, di Grillo e compagnia cantante. Anzi, come prima mossa Trump darà il via all'investimento di un trilione di dollari (pari a mille miliardi) in opere pubbliche, strade, ponti, aeroporti, ferrovie. Proprio ciò che gli autolesionisti del grillismo non vogliono perché non sanno fare e, se lo sapessero, temerebbero di essere tentati dai demoni della corruzione.

Intanto, i due ex nullafacenti, Di Maio (assurto alla vicepresidenza della camera) e Di Battista (che in verità qualcosa dice di avere fatto nell'evanescente settore della «fuffa internazionale»), non avendo nulla di meglio da fare (a parte dire sciocchezze su Pinochet venezuelano o sulla Costituzione votata dal popolo) si sono dedicati alla propaganda antiriforma costituzionale salendo sui treni pendolari lombardi per predicare il loro verbo. Peccato (poverini, non lo sanno) che un napoletano e un romano in giro tra i lavoratori lombardi sono più controproducenti (per la loro causa) di una mela marcia in un cesto di Stark Delicious.

Dunque, mescolatevi tra la gente delle stazioni di Milano o di Torino e parlate: sarete più efficaci di tanti discorsi del fronte del Sì, più evidenti di ogni vignetta o di ogni pagliacciata del vostro capo e padrone.

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