Un’altra buona ragione per chiudere la Commissione antimafia

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Con la scusa degli “impresentabili” ormai l’organismo presieduto da Rosy Bindi fa parlare di sé prima di ogni votazione, e fa salti mortali per dimostrare l’indimostrabile. Il caso De Luca – con la surreale accusa di voto di scambio – è solo l’ultimo esempio.

Rosy Bindi (foto LaPresse

di Redazione 24 Novembre 2016 alle 14:Foglio

Sembrava impossibile che la Commissione antimafia, per una volta, si astenesse dal cercare di influenzare una scadenza elettorale. Era difficile, perché un referendum costituzionale non permette di spulciare liste di candidati alla ricerca di “impresentabili”, non consente di interpretare le proposte programmatiche dei vari partiti con l’intento di individuare posizioni che potrebbero avvantaggiare la criminalità organizzata. D’altra parte neppure i più irruenti polemisti hanno attribuito alla mafia una preferenza per il si o per il no.

Un’antimafia da chiudere. Così la Commissione che faceva tremare i polsi è diventata fabbrica d’aureole.

Ora le sue giornate si trascinano senza uno slancio, senza un colpo d’ala; e le sedute affogano, una dopo l’altra, nella miseria di una politicheria di terz’ordine, finalizzata, nella maggioranza dei casi, a tutelare conventicole e parrocchiette cresciute nel sottobosco della retorica.

Alla fine, però, l’ineffabile Rosy Bindi è riuscita a mettere il becco anche in questa faccenda, insinuando in modo obliquo che ci sarebbe una qualche interesse mafioso nella campagna a favore del Sì stimolata in Campania dal presidente della Regione. Che poi Vincenzo De Luca sia proprio quello che si è espresso in modo assai sgarbato nei confronti della stessa Bindi, naturalmente, è una pura coincidenza.

La Commissione antimafia ha chiesto alla magistratura di accertare se nella perorazione di De Luca a favore della maggioranza di governo che promuove il Sì al referendum e che ha promesso interventi a favore dei comuni della Campania si possa ravvisare il reato di voto di scambio. Si tratta di una estensione talmente esorbitante del principio del voto di scambio che finirebbe col considerare un reato qualsiasi iniziativa che cerchi di prospettare vantaggi per una popolazione o per una categoria, perchè chiedere il voto a sostegno di quei progetti equivarrebbe a una manipolazione criminale del processo elettorale.

Così, con un salto mortale logico e giuridico, la Commissione antimafia è riuscita ancora una volta a far parlare di sé nella settimana precedente a una votazione. C’è solo da sperare che sia l’ultima occasione per queste esibizioni ripetitive e piuttosto sgradevoli.

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