Nel governo non nominare il «gender» invano

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Scontro Fedeli-Alfano. Nei testi sulla riforma 0-6 anni appare la parola genere, il ministro degli Esteri si oppone. Inserita la garanzia di pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco

ROMA La Stampa, 15/01/2017 FLAVIA AMABILE

Non nominare il «genere» invano Ma anche chi tocca il «genere»è perduto. In alcuni ambienti italiani ormai basta sentire questa parola o - peggio ancora - vederla scritta, per assistere a reazioni epocali. E' accaduto durante il consiglio dei ministri che stava approvando le deleghe alla legge 107 sulla scuola. Ad un certo punto nel testo si è materializzata la parola incriminata, il terrore dei nuovi crociati. Era in una frase piuttosto neutra, un'enunciazione di principio, nulla a che vedere con i programmi scolastici né con alcunché di concreto. 

 Gran parte dei ministri, e lo stesso presidente del Consiglio, nemmeno ci avevano fatto caso.

E' stato Angelino Alfano, ora ministro degli Esteri, a opporsi. Ne è nato un dibattito terminato con la bocciatura di quella parte del testo, preferendo inserire un richiamo all'articolo 3 della Costituzione che prevede l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e la garanzia che siano date «ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali».

 

E' l'ennesimo capitolo della guerra sul «genere» nelle scuole che ha avuto una decisa impennata dopo la nomina di Valeria Fedeli alla guida del ministero dell'Istruzione.Il mondo dei cattolici più conservatori ha iniziato a combatterla con insulti, fango a valanghe e, negli ultimi giorni, anche riempiendo di manifesti le strade di Roma. 

 

Risultati concreti? Una battaglia senza esclusione di colpi sugli studenti italiani.Né potrebbe essere diversamente. Valeria Fedeli crede nelle sue idee: risulta come prima firmataria del disegno di legge presentato in Senato per inserire il tema in tutti i programmi scolastici. Da sempre è convinta che la battaglia contro la violenza alle donne inizi dai banchi di scuola, che l’insegnamento debba evitare di tramandare ancora luoghi comuni che inchiodano maschi e femmine a stereotipi. Da ministra dell'Istruzione continua a fare quello che ha sempre fatto. Come ha ricordato negli auguri agli studenti alla ripresa dopo le vacanze di Natale: «A voi oggi può sembrare che ciò che imparate a lezione o sui libri di scuola sia finalizzato all’interrogazione o al compito in classe, eppure non è così: state stratificando conoscenze, esperienze, apprendimenti molto importanti, che vi permetteranno di diventare ciò che vorrete essere domani». La guerra è solo agli inizi. 

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