M5s, la vera piattaforma di e-democracy non vedrĂ  mai la luce

Categoria: Italia

È nato “sharing Rousseau”, sistema di condivisione delle buone pratiche degli amministratori locali grillini. Ma di scrivere e votare assieme il programma non se ne parla. Quel potere resterà sempre alla Casaleggio.

LORENZO ANDRAGHETTI* Lettera43,  23 gennaio 2017

Il 17 gennaio 2017 è stata presentata alla Camera una nuova funzione della piattaforma Rousseau del Movimento 5 stelle, chiamata “sharing Rousseau”, ovvero una sorta di Google drive delle buone pratiche degli amministratori locali grillini che in questo modo possono condividerle tra loro prendendone spunto e adattandole di volta in volta al proprio caso. Quella di “sharing Rousseu” è l'ennesima presentazione di una nuova funzione della nota piattaforma del M5s che nel corso degli anni ha più volte cambiato nome, ma che non è mai diventata, nemmeno ora, quello che sarebbe dovuta divenire già dal 2012, ovvero uno strumento per scrivere (assieme agli iscritti) il programma elettorale pentastellato.

UNA CHIMERA DAL 2009. La grande novità politico-organizzativa del M5s delle origini, quello del 2009 per intenderci, aveva come fulcro una piattaforma (o un portale) online in gestione agli iscritti al blog (non alla Casaleggio srl) che avrebbe dovuto fungere da collettore tra tutte le realtà territoriali e con appositi spazi riservati per ogni Comune o Regione. Il principale obiettivo della piattaforma, dichiarato dallo stesso Grillo in numerosi post e video sul suo blog, era quello di creare un programma elettorale condiviso per le elezioni politiche nel momento in cui il M5s si fosse presentato agli elettori di tutta Italia.

BOICOTTAGGIO SISTEMATICO. L'annuncio fu dato ufficialmente a Milano nel 2009, durante la fondazione del Movimento al Teatro Smeraldo dicendo: «Ci sarà tempo per discuterlo (il programma, ndr) insieme in Rete, migliorarlo, cambiarlo nei prossimi mesi». E in seguito ripromesso perfino nel comunicato politico numero 34 dell'agosto 2010: «Abbiate pazienza, sta arrivando (il portale, ndr)». A oggi il programma non è mai stato discusso in Rete e questa funzione tecnica, nella piattaforma attuale, continua a non esserci. Ma c'è di più: nel corso degli anni chiunque abbia tentato di velocizzare la creazione o l'implementazione di uno strumento di e-democracy con o senza il consenso di Casaleggio è stato sempre boicottato.

Breve excursus storico: la piattaforma è stata la priorità per buona parte dei militanti del M5s per molti anni, e in un video girato a febbraio 2012, Casaleggio, in visita al Meetup di Roma, prometteva l'implementazione di Liquid Feedback per tutti gli iscritti al blog e la sua realizzazione entro la fine di quell'anno, che avrebbe permesso le votazioni online per i candidati alle Politiche.

PROMESSE DISATTESE.All'epoca già si notavano parecchi mal di pancia proprio a causa delle promesse che non venivano mantenute (sin dal 2010) ma, nonostante ciò, a fine 2012 non arrivò alcun portale (come promesso per due volte nel corso dell'anno) e il programma elettorale non fu mai discusso né ampliata la bozza del 2009. Arrivò solo la funzione di votazione online dei futuri candidati al parlamento. All'epoca del 2012, alcuni gruppi locali del M5s, stanchi di attendere la piattaforma, avevano già implementato l'uso di Liquid Feedback con buoni risultati. Inizialmente lo fecero i siciliani per tutta la regione in vista delle elezioni locali (2012), e poi la Lombardia (2013).

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Ma è nel 2013 che la questione della piattaforma prese fuoco nei Meetup e a mezzo stampa. Colpa un'intervista di giugno del 2013 al Corriere, poco dopo l'ingresso in parlamento, in cui Casaleggio spiazzò tutti e iniziò a parlare non più di Liquid Feedback, «piattaforma» o «portale», ma di «applicazione» (da notare il terzo cambiamento semantico in due anni per definire la stessa cosa). In quella intervista si capiva che lo sviluppo dell'applicazione non avrebbe avuto come software Liquid Feedback, bensì un sistema ex novo progettato direttamente da un'azienda di Milano: Lex.

BARILLARI FECE UN ESPERIMENTO.Arrivati a settembre però, i senatori del M5s, privi di qualcosa che li aiutasse a prendere le decisioni politiche (su temi fuori dal programma elettorale) coinvolgendo gli iscritti, dichiararono aperta una crisi di rappresentanza proprio in mancanza della famigerata piattaforma. Ma andarono oltre: organizzarono autonomamente una presentazione a Palazzo Madama di un sistema di e-democracy, “Parlamento elettronico”, ideato dal Consigliere regionale del M5s Lazio, Davide Barillari, che lo aveva sviluppato nel corso di un anno (in accordo con Casaleggio) e che aveva appena dato il via a un esperimento su scala locale.

MA LA CASALEGGIO LO DELEGITTIMÒ. L'affronto era compiuto e la risposta di Casaleggio non si fece attendere: col solito post scriptum in coda a un intervento sul blog delegittimò ogni piattaforma non certificata dalla società di Milano, togliendo ogni speranza ai senatori pentastellati di veder nascere un vero sistema di democrazia diretta online. Ma allo stesso tempo promise, nello stesso post, un piattaforma certificata entro fine settembre 2013. La promessa, ancora una volta, non fu mantenuta.

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Barillari riuscì comunque a presentare il suo progetto alla Camera, soltanto un anno dopo, su invito di due deputati pentastellati che organizzarono una conferenza per l'occasione. Soltanto a fine ottobre Casaleggio saltò fuori con un post rivelando al mondo che quello che attivisti, senatori e giornalisti chiedevano da tempo era già sotto i loro occhi e in fase di costruzione da ben due anni. Non era un portale, una piattaforma o un'applicazione, bensì un “sistema operativo" Ovvero l'ennesima presa in giro in stile: quello che abbiamo sempre promesso? C'è sempre stato! E la reazione della base finì sui giornali al primo incontro con gli eletti.

FINTE RIVOLUZIONI EPOCALI.Il sistema operativo annunciato a inizio ottobre vide realmente luce (ma come, non c'era già?) alla fine del mese e fu presentato sul blog come una rivoluzione epocale. La funzione che avrebbe permesso di definire e votare il programma in Rete, ovviamente, non c'era. In cosa consisteva il nuovo “Lex” pentastellato diventato improvvisamente sistema operativo? Permetteva ai parlamentari di caricare una legge e farla commentare agli iscritti. Una funzione che già da anni era disponibile, per esempio, su Facebook. E a demolire punto per punto ogni falla e inconsistenza del nuovo “gioellino” della Casaleggio srl fu proprio lui, Davide Barillari.

Passato l'ottobre di fuoco della piattaforma e ormai rassegnati, non vi furono più proteste da parte dei parlamentari fino alla fine del 2014, ma uno di loro cercò, dapprima collaborando, poi in modo autonomo, di dar vita a una vera piattaforma in mano agli attivisti (gestita dai parlamentari) dove si potesse votare anche su questioni che non dipendessero dalla volontà del blog.

 

LE RAGIONI DEI RITARDI? SOLO SCUSE.Massimo Artini, questo il suo nome, si adoperò per mesi alla ricerca di un accordo con Casaleggio, andando direttamente a Milano, fino a quando non si accorse anche lui che le motivazioni addotte per i ritardi sullo sviluppo del portale erano semplici scuse. Casaleggio non voleva perdere il controllo della piattaforma (sapendo che è lì il centro del potere) e non aveva intenzione di concedere ulteriori funzioni decisionali via web che avrebbero reso compiuta quella rivoluzione tanto sbandierata sin dal 2009.

Artini, invece che arrendersi, da informatico sviluppò un codice, sfruttando l'open source della piattaforma di Casaleggio (i dettagli sono complessi da spiegare), per poter far votare gli iscritti al blog su qualsiasi tema. Fece una prova con la sua commissione, la Difesa, ebbe alcuni problemi ma riuscì nell'intento di sfruttare il database degli iscritti al blog senza possederlo (è di Casaleggio) facendoli votare sul tema della “rappresentanza militare”. L'affronto fu punito. Pochi giorni dopo, con la scusa dei soldi, Artini fu espulso dal M5s.

TUTTO IL RESTO È PALLIATIVO.Morale: chi doveva sviluppare la piattaforma avrebbe potuto farlo già nel 2010. Chiunque abbia tentato di dare un vero strumento di e-democracy al M5s è stato sempre boicottato. A oggi le funzioni decisionali per la democrazia diretta non ci sono. Nemmeno il programma per le Europee 2014, con sistema operativo funzionante e molto tempo a disposizione, è stato creato e discusso in Rete. Ogni annuncio di nuove piattaforme, sistemi operativi e “Rousseau vari” non sono altri che palliativi affinché la democrazia online non si realizzi mai. L'unico obiettivo è che rimanga tutto sotto il controllo della Casaleggio Associati.

*Ex attivista e collaboratore parlamentare alla Camera per il Movimento 5 stelle

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