Ecco com’è fallita Virginia Raggi. Tutta la storia

Categoria: Italia

Metodo cinque stelle: delazioni, ottusità, espulsioni, e clima di terrore. Come e perché il Campidoglio è diventato lo specchio dell’autoritarismo al governo del Movimento 5 Stelle

di Salvatore Merlo 10 Febbraio 2017 alle 06:20  Foglio

Roma. “Quando Roberta Lombardi capì che Virginia Raggi funzionava, che Gianroberto Casaleggio l’aveva individuata come la candidata perfetta a sindaco di Roma, tentò di screditarla in ogni modo. E si scatenò così una faida bestiale. Fatta di calunnie, maldicenze, dossier. E da ambo le parti. Non era la prima volta dentro il Movimento. Ma più il cocomero da spartirsi si faceva grosso e succoso, più il metodo della delazione maldicente si faceva violento. Il sistema è sempre lo stesso: si costruisce una narrazione intorno alla persona da colpire, e si aspetta che sul malcapitato si abbatta la scure dei capi, dello staff, di Grillo, del blog, il linciaggio sul web”. Ed Ernesto Tinazzi Leone, guida storica del famoso Meetup 878, quello dei Sansepolcristi del grillismo, i duri, quelli che persino Grillo definiva “i miei Talebani”, il gruppo di mischia che nel 2013 fece vincere le parlamentarie a Paola Taverna, a Federica Daga e anche ad Alessandro Di Battista, uno dei fondatori del M5s a Roma – “sono sul blog dal 2006” – mentre pronuncia queste parole ha l’accento consapevole di chi questa storia l’ha vissuta tutta, da dentro, e sin dall’inizio. Alla convention del Circo Massimo, a Roma nel 2014, Tinazzi era sul palco con Grillo, quelli del suo Meetup costituivano il servizio d’ordine intorno al grande capo, si sovrapponevano persino allo staff del blog. “A volte ho l’impressione di aver buttato dieci anni della mia vita”, dice adesso, “ho sperimentato sulla mia pelle ‘il metodo cinque stelle’”, aggiunge.

Assunte delle posizioni molto critiche nei confronti dei nuovi colonnelli, e in particolare di Roberta Lombardi, un giorno Tinazzi fa una scoperta: “Una mattina mi collego al blog, inserisco la mia userId, e mi appare questa scritta: ‘Id non valido’”. Era stato cancellato. Ma mai espulso. Perché? “Nessuno me lo ha spiegato. Io e il mio Meetup fummo fatti fuori alla vigilia delle elezioni con i metodi di sempre”, gli stessi che adesso condiscono la contorta trama di maldicenze e diffamazioni sempre più illuminata dalle indagini della procura di Roma intorno al caso Marra, ma anche dalle rivelazioni di protagonisti e comprimari, come Paola Muraro (“c’è una guerra per bande”) e Paolo Berdini (“una corte dei miracoli”), della scombiccherata avventura amministrativa di Virginia Raggi in Campidoglio.

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A Roma, oggi, il vero delitto è la perdita di tempo inflitta a un paese che finge di interessarsi a un presunto romanzone di formazione di una classe dirigente caratterizzata soltanto dal suo risibile ma minaccioso vuoto letterario. Chiaro?

Anche il generale Giovanni De Lorenzo, quello del piano Solo, compilava dossier, ma per ricattare, per esercitare un potere reale, per scoprire segreti inconfessabili che gli consentivano di controllare parecchie persone nei gangli vitali dello stato.

Ma la tecnica del dossieraggio nei cinque stelle, il sistema delle accuse segrete e del character assassination, come vedremo, è spiazzante. Del tutto nuova. Le accuse che parlamentari, consiglieri comunali, militanti storici e colonnelli di Grillo si rimpallano, a tutti i livelli, le calunnie che si scagliano addosso l’un l’altro (ma alle spalle), sono sempre tutte a livello personale e superficiale. E quello che emerge dalle chat segrete, dai racconti dei testimoni, è piuttosto uno stile di convivenza politica forse ancora tutto da studiare, al quale evidentemente non siamo abituati, e che dunque ci confonde. Ci spiazza. Sono infatti scontri che non si verificano mai su temi di interesse reale, politico o ideologico, che non si risolvono mai nella fisiologia del contrasto anche gladiatorio ma democratico tipico dei partiti, ma che si configurano piuttosto come una strana, disordinata e sgrammaticata zuffa continua, in cui la delazione è tanto sciocca quanto forsennata e indirizzata alla distruzione personale degli avversari, alla loro delegittimazione di fronte ai leader supremi, siano Grillo, Casaleggio o l’evanescente staff, che con un post su internet, una mezza frase, una disattivazione, ti cliccano via, e possono decidere la differenza che passa tra un disoccupato frustrato che abbaia sul web e un parlamentare che va in televisione e guadagna più di cinque mila euro al mese.

L’appoggio di Casaleggio fa tremare Roberta Lombardi. E a quel punto “si innescarono meccanismi che nemmeno nei romanzi di Orwell o nel ‘Buio a mezzogiorno’. Quando Lombardi capì che Raggi funzionava e piaceva a Casaleggio, tentò di screditarla. E contemporaneamente anche il gruppo di Frongia e Raggi preparava dossier contro De Vito e dunque contro Lombardi. Sperando tutti nella mannaia dall’alto, il colpo di grazia di Grillo’”, racconta Marco Zonetti, che iscritto a febbraio del 2013, dopo il boom delle politiche, sarebbe entrato in contatto e in rapporti diretti con tutti i protagonisti della nostra storia: lui che oggi, fuoriuscito dal Movimento, è uno dei più efficaci disvelatori delle meccaniche grilline, fatto oggetto persino di minacce, tanto da essere finito, insieme ad altri, in una serie di liste di proscrizione del M5s su internet, in uno di quei non luoghi virtuali in cui si pratica la libera diffamazione, una specie di latrina pubblica dove chi passa può aggiungere un insulto ad libitum. “E’ il meccanismo turpe della gogna in rete, che ovviamente ha un che di geniale e crudele, una sua indecente efficacia. Perché la gogna è la minaccia definitiva con la quale nel Movimento ti tengono sotto scopa. E’ il colpo alla nuca. Nel momento in cui alzi la mano e dici: ‘Forse stiamo sbagliando’, loro prima ti aggrediscono, poi ti cacciano e infine ti espongono al pubblico ludibrio”.

E così, mentre si aprivano le comunarie del 2013, succedevano le cose più incredibili e stupide sul Forum5stelle.org, oggi chiuso – seimila iscritti e un patrimonio di voti. Roba da far scappare o divertire una persona normale. Ma nel piccolo mondo chiuso ed endogamico della militanza grillina le accuse più sciocche diventavano materiale serissimo e incandescente, come racconta Paola Rosati, iscritta al Movimento dal 2011, personaggio di spicco del XI municipio, lì dove c’erano anche Frongia e Romeo, lei che fu tra gli organizzatori dello Tsunami tour e fu una delle responsabili della raccolta fondi per il Movimento: “Venivano istituiti processi sommari e gognette, si cercava di dimostrare che Tizio o Caio erano in realtà degli infiltrati del Pd o di altre forze politiche, si estrapolavano mezze frasi da conversazioni private. Le parole venivano rielaborate, e ricostruite in un significato completamente diverso da quello originario. Bastava una parola sbagliata per finire male, in un gioco al massacro che si scatenava anche per semplice antipatia personale. Roba da psicotici, me ne rendo conto. Ma tutte cose che avevano in realtà una grande importanza. Alla fine determinavano equilibri interni. Il Forum significava avere popolarità, avere la benevolenza di quello che era considerato il vertice del M5s”.

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E allora si capisce molto bene quello che ci vuole dire un amico di vecchia data di Virginia Raggi, uno che – estraneo alla politica e al M5s – ha provato ad aiutarla, quando, seduto sul divano del salotto di una bella casa alle spalle di piazza Navona spiega che: “La sua finora sfortunata esperienza in Campidoglio sta forse danneggiando le ambizioni elettorali nazionali del Movimento cinque stelle. Forse. Ma vi assicuro che l’insipienza, l’illogicità, e l’autoritarismo del Movimento cinque stelle hanno sicuramente compromesso questa sindacatura”.

Così vengono spiegate un po’ di cose accadute in questi ultimi mesi, a cominciare dal contratto che la sindaca ha firmato, il famoso accordo di dubbia legalità che la obbliga al vincolo di mandato, a rispettare cioè quello che le viene detto dallo staff e da Grillo, pena la multa da centocinquantamila euro e ovviamente l’espulsione. “Ma vi siete mai chiesti perché Chiara Appendino non l’ha firmato quel contratto, e Raggi sì? Raggi non lo voleva firmare. Ma è circondata da questa nuvola di sospetti e sussurri, e malizie e odio, sin dall’inizio. Ci nuota dentro e ci affoga”.

E viene srotolandosi così, e piuttosto facilmente, l’elenco delle “mediazioni sciocche”, “dei caveat”, dei dinieghi e delle imposizioni dall’alto che sono precipitate sulla sindaca per effetto del clima psicotico in cui sta immerso il Movimento.

Lei che intanto stringeva sempre di più rapporti di fiducia con Raffaele Marra, l’unico intorno, insieme a Salvatore Romeo, che conosceva i meccanismi amministrativi del comune, e di cui si fidava. Non è difficile capire, in questo contesto, perché la squadra di governo fu composta in grande ritardo, tra mille pasticci, e ancora prima della raffica di dimissioni. “Noi proponevamo un nome e veniva bocciato. Chiedevamo: perché? Risposta: ‘Perché la persona che proponete ha esperienze amministrative con altre giunte’. E insomma tutte le persone competenti che avevamo selezionato venivano cassate. Dicevano di ‘no’ a quelli che proponevamo noi, e intanto però imponevano gente loro”. Alla fine la squadra si compose in maniera bislacca, senza una valida logica di équipe, e conteneva già tutti i miasmi e gli spasmi venefici che l’avrebbero distrutta velocemente: dunque Marcello Minenna e Carla Raineri (suggeriti da Carla Ruocco, e approvati dallo staff, ma sgraditi al sindaco), Paola Muraro (suggerita da Stefano Vignaroli, e approvata dallo staff, ma all’inizio sgradita al sindaco), persino Paolo Berdini (imposto, e sgradito), e infine il direttorio, “che era la manifestazione delle frustrazioni personali di Roberta Lombardi”. Un marasma, una follia, con la sindaca che non si fidava nemmeno del suo capo di gabinetto, e che anzi, pare, si doveva continuamente guardare le spalle in un chiacchiericcio asfissiante e malevolo. “E come poteva funzionare una cosa del genere?”. Non poteva. Anche perché i dossieraggi, le invidie, le ottusità erano ancora all’ordine del giorno, anche una volta entrati in Campidoglio. Ripicche continue. Da liceali. A meno di un mese dall’elezione, “qualcuno” comincia infatti a raccontare ai giornalisti del praticantato della Raggi nello studio Previti. E su questa base viene costruito un romanzetto sulle infiltrazioni della destra romana, dove l’unica cosa infamante è la parola “infiltrazioni”. Poi, quasi come risposta, poco dopo, dalle parti della Raggi viene diffusa una voce velenosa e falsa: la moglie di Marcello De Vito è stata nominata assessore del II Municipio. “Vergogna”. Infine – ed è un ping pong demenziale – ritorna in voga la vecchia storia della baby sitter di Roberta Lombardi, assunta come assistente in Parlamento. “Vergogna”. Finché in questo scambio abbastanza stupido di accuse personali e superficiali non avviene un salto di qualità notevole. Dalle parti della Lombardi cominciano a segnalare l’esistenza di Raffaele Marra, oggi in carcere per corruzione, ma per fatti avvenuti prima della sua nomina a vice capo di gabinetto del sindaco. Il 22 novembre 2016 Roberta Lombardi in persona si presenta in procura e deposita una denuncia, un fascicoletto di dieci pagine in cui chiede ai magistrati di indagare sulla famosa casa acquistata dalla moglie di Marra, quella che porterà all’arresto qualche mese dopo di Raffaele Marra, l’uomo che – dicono – aveva compilato insieme a Frongia il dossier primigenio di questa brutta storia, quelle accuse contro De Vito che “se non ci fossero state oggi io sarei il sindaco”. E’ il metodo 5 stelle. E la vera storia della giunta Raggi ci aiuta a capire qualcosa di più su cosa significa avere il grillismo proiettato al governo.

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Commenti

guido.valota

10 Febbraio 2017 - 09:09

Ambiente di fasciocomunisti e altri servi sciocchi appesi al culto della personalità come i maoisti, i nazisti e i comunisti oltrecortina delle origini. Non stupisce che riscuotano tanto successo presso un popolo largamente analfabeta funzionale e molto attento alla delazione, al metodo mafioso, ma soprattutto alle promesse di sussidio, con alla testa la sinistra radical-chic sublimato del populismo che odia il popolo.

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