L'M5s è un partito posseduto solo da un ex comico e dall'erede

Categoria: Italia

I vari Di Battista e Di Maio, Fico, Sibilia, Ruocco – i membri dell'ex «Direttorio», fondato e sfondato da Grillo a colpi di blog, come ectoplasmi. O decide il Tandem o non decide nessuno

 di Sergio Luciano, Italiaoggi 10.2.2017

Tutti a guardare il dito, e pochi che si accorgano della luna. La polemica sull'insostenibile leggerezza del sindaco di Roma Virginia Raggi (il dito) sta facendo trascurare il vero male oscuro dei Cinquestelle, cioè il rapporto paternalistico-dittatoriale dei sedicenti protagonisti politici del partito, l'ex Direttorio e gli altri capetti, con il fondatore Beppe Grillo e con l'erede dinastico del cofondatore Davide Casaleggio. Tutti comandati a bacchetta, teleguidati, sgridati, elogiati, dall'ex comico; tutti a pendere dalle labbra del figlio dell'ideologo scomparso; in base a una sorta di «vincolo di mandato» che sembra sospendere le loro scelte personali, addirittura le loro coscienze. Fanno quel che gli dicono di fare i due. L'uno strillando, l'altro tenendo i fili. La caricatura della democrazia.

I vari Di Battista e Di Maio, Fico, Sibilia, Ruocco – i membri dell'ex «Direttorio», fondato e sfondato da Grillo a colpi di blog, come ectoplasmi. O decide il Tandem o non decide nessuno. Gli altri parlano e straparlano, ormai attaccandosi vicendevolmente, ma non contano niente. Non rispondono a chi li ha eletti, se non per interposto Grillo o per sovrapposto Casaleggio. È incredibile, sia la sostanza che l'apparenza: ma è così.

Le polemiche sul leaderismo narcisista di Matteo Renzi, le ironie sui vari «cerchi magici» di Umberto Bossi e di Silvio Berlusconi, lo sdegno per i «nani e le ballerine» di Bettino Craxi non bastano a descrivere e deprecare l'attuale situazione grillina. Altro che sovranismo renziano, altro che partito personale berlusconiano. Qui siamo oltre, siamo in una situazione di democrazia avocata dal vertice non-eletto, che la base elettorale spontanea del movimento, peraltro, proprio non si merita. Il comando esercitato dai due capi sul battaglione di personaggetti (copyright De Luca) spedito nelle istituzioni è assoluto. Pur essendo presentato, al contrario, come un modo di governare che esprimerebbe attraverso la Rete il massimo della relazione con la base.

Gli scomunicati ormai non si contano più, primo fra tutti l'onesto sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Sempre con lo stesso metodo: nessun confronto «nelle regole» ma editti digitali. Le polemiche contro i giornalisti sono una ciliegina sulla torta. Il dramma vero, per il Paese, è che il partito attualmente al primo posto nei sondaggi non ha un gruppo dirigente preparato ai possibili impegni di governo, non ha una strategia per dotarsene ed è guidato da due leader maximi incontrastabili, uno dei quali scelto per linea dinastica e privo della benché minima investitura democratica e l'altro intoccabile, infallibile e irresponsabile.

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