Il M5s e le coperture farlocche del reddito di cittadinanza

Categoria: Italia

Per 780 euro ai “cittadini” Beppe Grillo vorrebbe affogare le banche e asfaltare le istituzioni, eppure non basterebbe

di Carlo Stagnaro e Luciano Capone 19 Maggio 2017 alle 06:13  da ilfoglio.it

Tra il dire (reddito di cittadinanza) e il finanziare c’è di mezzo di mare del bilancio pubblico. Nel suo sforzo di accreditarsi come forza di governo, il Movimento 5 stelle presenterà domani ad Assisi la sua proposta per garantire a tutti i cittadini un reddito minimo pari a 780 euro. La novità è che i grillini hanno reso noto come intendono reperire le risorse necessarie, attraverso un piano di tagli da 21 miliardi di euro. Si tratta di una copertura in grado di passare il severo vaglio della Ragioneria generale dello stato? Spoiler: no.

In questo articolo non intendiamo mettere in discussione l’impianto della riforma – che ci pare comunque mal congegnata e distorsiva, perché funziona come un pesante disincentivo al lavoro e un forte sussidio all’ozio – né il calcolo della spesa necessaria a sostenerla. Vogliamo invece concentrarci sul conseguente equilibrio di finanza pubblica. Le potenziali coperture si possono dividere in due grandi categorie: alcune partite monstre e altre poste di ridotta entità. Nell’ordine, le une appaiono fumose e imprecise; le altre formalmente corrette ma ampiamente insufficienti. Inoltre molte voci sembrano sovrapporsi, generando un fenomeno di “double counting” di proporzioni rilevanti.

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La voce in assoluto più pesante – pari a oltre un terzo dell’intero fabbisogno – è quella relativa all’eliminazione delle “tax expenditures”, che i grillini distinguono tra aumento delle imposte su banche e assicurazioni (stimate in 2 miliardi attraverso la riduzione della deducibilità degli interessi passivi) e agevolazioni relative all’Irpef, divise tra “riduzione delle detrazioni dei redditi più alti” ( 5 miliardi) e “revoca delle detrazioni dei redditi superiori a 90.000 euro” (300 milioni), che a rigor di logica appare un sottoinsieme della voce precedente. Per quanto riguarda, specificamente, banche e assicurazioni, è abbastanza singolare voler appesantire in modo ingente il carico fiscale su questi soggetti in un momento di estrema difficoltà. Eliminare la deducibilità degli interessi passivi equivale a spingere oltre l’orlo del baratro gli istituti meno patrimonializzati. Appare davvero singolare una strategia che, fermi restando i dubbi sulla reale entità dell’agevolazione, andrebbe a sbattere contro l’inevitabile nazionalizzazione di banche grandi e piccole. Quello delle spese fiscali in generale è comunque un tema cruciale, sul quale il governo, che ne ha recentemente pubblicato un censimento (444 voci), avanza con estrema prudenza. Al contrario, il riferimento dei grillini è troppo generico per essere giudicato: intervenendo sulle tax expenditures si può ricavare molto di più o molto di meno, a seconda di quanta pressione politica da parte dei soggetti colpiti si intenda sostenere. Quindi, in assenza di informazioni più specifiche, cioè quali spese si intende tagliare e per chi, questa stima non vale la carta su cui è scritta: detta così, infatti, si potrebbe argomentare con uguale serietà che il potenziale gettito è compreso tra zero e più infinito.

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