Dove nasce l'indicazione del «capo della forza politica», da segnalare col programma depositato al Viminale?

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Dove nasce l'indicazione del «capo della forza politica», da segnalare col programma depositato al Viminale?

 di Marco Bertoncini 12.10.2017 da www.italiaoggi.it

Dove nasce l'indicazione del «capo della forza politica», da segnalare col programma depositato al Viminale? A riportare in auge l'espressione è Giorgio Napolitano, rilevando la confusione che può ingenerare, quasi competesse al corpo elettorale designare il presidente del consiglio. All'origine sta la frenesia plebiscitaria di Silvio Berlusconi. Per anni, il Cav ha interpretato le elezioni come plebisciti sulla propria persona: nemmeno come duelli con un avversario, bensì come glorificazione propria. In turni elettorali, anche se nemmeno era in lista, s'impegnava allo spasimo sempre individuando in sé l'oggetto della divinizzazione popolare.

Quando nel 2005 fu approvata la riforma elettorale del centrodestra (cui posero mano tanti, compreso Carlo Azeglio Ciampi che, rifiutando il premio nazionale per palazzo Madama, causò l'apostrofe di «porcata» affibbiata al progetto), Berlusconi volle che l'elezione si tramutasse nel solito plebiscito. Avrebbe desiderato che comparisse sulle schede il nome del candidato alla presidenza del consiglio: siccome l'Italia è una repubblica parlamentare e non presidenziale (il Cav stesso non agì per una simile modifica istituzionale), solo il capo dello stato designa chi sieda a palazzo Chigi. Si fece allora ricorso alla pudica indicazione del «capo» (traduzione di «leader»), facendo silentemente passare la fola che il nome fosse quello del futuro presidente del consiglio.

Nemmeno nel centro-destra questa balla passò. Nelle ultime elezioni, Roberto Maroni precisò che capo della coalizione era sì il Cav, ma non per questo sarebbe stato indicato per presiedere il governo. La Lega per tale ruolo pensava a Giulio Tremonti. Presidente fu Enrico Letta, mai indicato come «capo».

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