Cavalcata verso le urne. Al via il gioco dell’oca disseminato d’incognite

Categoria: Italia

Tra 8 giorni in Sicilia, secondo tra due settimane alla Commissione parlamentare sulle banche, Strasburgo il 22 novembre,

Pubblicato il 28/10/2017 UGO MAGRI da www.lastampa.it

Alle ore 12 di giovedì scorso siamo entrati in campagna elettorale. C’è finalmente una legge per tornare alle urne, si è dunque realizzata la condizione posta da Sergio Mattarella, nulla più impedisce di dare la voce al popolo. Ma da qui ai primi di marzo, quando quasi certamente si terranno le prossime elezioni, mancano ancora quattro mesi. E sarà tutto un susseguirsi di eventi in grado di premiare (o punire) i protagonisti della politica.

Il primo appuntamento è fissato tra 8 giorni in Sicilia, dove si voterà per la Regione. Il secondo tra due settimane alla Commissione parlamentare sulle banche, quando testimonierà Ignazio Visco e si annuncia tempesta. Il terzo a Strasburgo il 22 novembre, con la sentenza della Corte europea su Silvio Berlusconi. Resteranno leggi da approvare prima che cali il sipario: la manovra economica, il testamento biologico, la riforma dei vitalizi, lo Ius soli... Una corsa a ostacoli, anzi un gioco dell’oca dove chi sbaglia mossa ritorna indietro.

1. Legge elettorale, si aspetta l’ok di Mattarella (prossima settimana) 

Il macigno che per dieci mesi ha impedito di tornare alle urne verrà rimosso entro la prossima settimana. Non appena il testo arriverà sul Colle (si parla di lunedì), la legge elettorale verrà esaminata con la stessa puntualità che ieri ha indotto Sergio Mattarella a negare la promulgazione delle norme sulle mine. Nell’ottica presidenziale, il “Rosatellum” non è immune da critiche. Per fare un esempio: collegi più piccoli avrebbero permesso di rafforzare i legami col territorio degli eletti nel prossimo Parlamento. Tuttavia nessuno, al Quirinale, scorge quel “fumus” di incostituzionalità che giustificherebbe secondo M5S un rinvio alle Camere. Dunque appare pressoché certa la firma presidenziale in calce alla nuova legge che avrà la particolarità di entrare in vigore il giorno dopo, senza nemmeno attendere la pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale”. A quel punto, la corsa al voto sarà virtualmente lanciata.

2. Le prove generali con il voto in Sicilia (5 novembre) 

Chi vincerà le prossime elezioni in Sicilia, domenica 5 novembre, si troverà sulla cresta dell’onda. Chi sarà sconfitto, viceversa, nuoterà in pessime acque perlomeno fino a marzo 2018, quando voteremo per il Parlamento nazionale. Le regionali saranno l’ultimo test (con i voti veri, non con i sondaggi) prima della competizione più attesa. Trasmettere un’immagine di successo conterà parecchio in un paese, come il nostro, dove è innata la tendenza a soccorrere il vincitore e a maramaldeggiare sul perdente. Anche perché la nuova legge elettorale si fonda sul “voto utile”, tenderà a concentrare i voti su chi potrà davvero farcela. La sfida si annuncia particolarmente dura per Matteo Renzi. Se il Pd arriverà terzo o addirittura quarto in Sicilia, i suoi nemici interni non perderanno l’occasione di affilare i coltelli. Anzi, hanno già incominciato.

3. L’audizione di Visco (6-7 novembre) 

A terremoto delle elezioni in Sicilia seguirà un ulteriore “Dies Irae”: l’audizione Ignazio Visco presso la Commissione parlamentare di indagine sui crac delle banche. Le ultime da Palazzo San Macuto ipotizzano che l’ora della verità possa scoccare il 6 o il 7 novembre. Centrodestra e grillini cercherano di indurre il governatore, fresco di riconferma, a vuotare il sacco su Banca Etruria e dintorni. Le domande saranno numerose e Visco non potrà mostrarsi reticente. A loro volta i renziani si difenderanno contrattaccando. Tenteranno di mettere sotto tiro l’attività di vigilanza facente capo a Via Nazionale (ma non solo). Lo scontro si annuncia feroce, a meno che nei prossimi giorni le parti in conflitto decidano sotto banco una sorta di disarmo bilanciato e controllato. Per ora non se ne vedono i presupposti. Anziché smorzare i toni anti-Visco, Matteo Renzi è il primo a dare battaglia, in un clima da lascia o raddoppia.

4. La sentenza europea su Berlusconi (22 novembre) 

Sono in due ad attendere con particolare apprensione la sentenza della Corte di Strasburgo, che il 22 novembre deciderà se fu giusto dichiarare Silvio Berlusconi ineleggibile dopo la condanna per frode fiscale. Il primo, ovviamente, è il diretto interessato. Se i giudici europei gli daranno ragione, il Cav potrà tornare in pista alle prossime elezioni. Ma soprattutto avrebbe un appiglio per dichiararsi vittima dell’ingiustizia e indossare i panni della vittima. I suoi avvocati, Niccolò Ghedini in testa, incrociano le dita perché le sentenze della Corte vengono pubblicate di regola dopo sei mesi, ma in alcuni casi eccezionali il succo viene anticipato subito, tramite comunicato. L’altro in trepidante attesa della sentenza di nome fa Matteo, ma di cognome non è Renzi. Se l’incandidabilità di Silvio venisse confermata, il sorpasso della Lega su Forza Italia sarebbe praticamente cosa fatta. E lo scettro del centrodestra passerebbe a Salvini.

5. La manovra del 2018 

Doveva già essere in Parlamento da almeno una settimana; invece il testo definitivo della legge di Stabilità (che definisce i conti dello Stato per il 2018) arriva al Quirinale solo in queste ore. Il Capo dello Stato di metterà di corsa la firma e da lunedì il Senato inizierà l’esame. Ma con un punto di domanda grosso così: chi sosterrà la manovra? Da quando Mdp non fa più parte della maggioranza, mancano sulla carta i numeri per far passare la legge. Per cui le soluzioni possibili sono tre: 1) Bersani ci ripensa e dà una mano; 2) il soccorso arriva dal vituperato Verdini; 3) nelle votazioni cruciali un tot di berlusconiani si assentano dall’aula con le scuse più diverse in modo che il Pd sbrighi in fretta questa pratica. Salvo sorprese, la manovra passerà alla Camera a fine novembre e tornerà a Palazzo Madama entro Natale per il timbro finale, che si annuncia come indispensabile adempimento agli occhi dell’Europa e dei mercati.

6. Ius soli, biotestamento e vitalizi: le tre leggi ferme in Parlamento 

Prima che staccare la spina, governo e Parlamento dovranno decidere la sorte di tre riforme rimaste in sospeso: ius soli, biotestamento e vitalizi. Le speranze di successo sono alte nel primo caso, modeste nel secondo, scarsine nel terzo. Matteo Renzi vuole fare una cosa di sinistra per mettere in un angolo Mdp, e il centrodestra finge di protestare ma non vede l’ora che il Pd imponga la cittadinanza per chi nasce in Italia, magari attraverso il voto di fiducia, in modo da poter gridare che così rischiamo un’invasione. Sul testamento biologico la fiducia non si può mettere per via della libertà di coscienza, col risultato che la legge (osteggiata dagli alfaniani) passerebbe soltanto grazie al sostegno determinante del solito Verdini. Quanto alla riforma dei vitalizi, il Senato modificherà il testo della Camera, la Camera modificherà le modifiche del Senato e via così fino al suono del gong.

7. Definire i 231 collegi elettorali 

Il “Rosatellum” è legge, ma per renderlo operativo ci sarà bisogno di un ulteriore passaggio. Tempo 30 giorni, il governo dovrà disegnare i 231 collegi uninominali sparsi nelle 28 circoscrizioni elettorali in cui è suddivisa l’Italia. Risulta che al Viminale già dispongano di un software, fornito da alcune società di consulenza, in grado di provvedervi quasi in tempo reale. Ma siccome il “taglia-e-cuci” dei collegi può far vincere un candidato (e perdere un altro), favorire certi partiti e danneggiare gli avversari, ecco che la legge prescrive un po’ di serietà. Verrà coinvolto l’Istat tramite apposita commissione, successivamente il decreto del governo finirà sotto la lente delle Commissioni parlamentari che avranno a loro volta 15 giorni di tempo per esprimere un parere non vincolante. Risultato: i collegi saranno pronti intorno a metà dicembre. Solo a quel punto Mattarella potrà mandare tutti a casa.

8. Scioglimento delle Camere (Natale-Epifania) 

Governo e Parlamento avranno sparato a Natale le loro ultime cartucce. Legge elettorale? Ok. Collegi? Fatti. Manovra economica? Licenziata. Ius soli eccetera? Chi ha avuto, ha avuto. In teoria Mattarella potrebbe trascinare avanti la legislatura fino alla scadenza naturale che cadrebbe il 15 marzo (le Idi) 2018. Ma è generale opinione che si tratterebbe di accanimento terapeutico. Per cui nei palazzi che contano si dà per quasi certo lo scioglimento delle Camere tra Natale e la Befana. Il Capo dello Stato lo motiverà nel suo messaggio di fine anno. Prenderà la forma giuridica di un decreto presidenziale controfirmato da Paolo Gentiloni. Seguirà a stretto giro un altro decreto, questa volta di Gentiloni controfirmato da Mattarella, per fissare la data delle urne. Infine le dimissioni del governo, che resterà almeno altri 100 giorni in carica per «disbrigare - come si dice - gli affari correnti».

9. Le liste e l’incognita degli impresentabili (gennaio 2018) 

Per la politica, gennaio sarà un mese convulso. Andranno decise alleanze elettorali e candidature. Il “Rosatellum” attribuisce ai leader un potere totalitario sulle liste, ma non avranno vita facile. Scatterà su di loro il pressing di chi vorrebbe collegi uninominali sicuri (per il centrodestra quelli del Nord-Est, per il Pd nelle regioni «rosse»). Ci sarà ressa pure sui primi posti dei “listini” proporzionali, perché garantiscono 5 anni di stipendio da onorevole. Tutti i nomi dei candidati saranno sulla “scheda”, dunque vita dura per gli sconosciuti onesti, magari scelti attraverso le “cliccarie”, e per gli “impresentabili” ben conosciuti: se candidati, metterebbero in fuga gli elettori perbene. Come se non bastasse, Renzi e Berlusconi subiranno l’assalto dei partitini-satelliti, disposti a versare sangue per Pd e Forza Italia però in cambio di qualcosa, perché non esistono pasti gratis nelle vita e tantomeno nella politica.

10. Al voto il 4 o l’11 marzo 2018 

L’alba del nuovo giorno sorgerà il 4 marzo 2018 oppure la domenica dopo: sono le date più probabili delle urne. Se le Camere verranno sciolte ai primi di gennaio, un paio di mesi è il tempo che normal

mente impiega la nostra burocrazia per mettere in moto la macchina elettorale. Poi, una volta votato, trascorreranno 20 giorni per proclamare gli eletti e riunire il Parlamento nuovo di zecca. Un’ulteriore settimana se ne andrà tra elezione dei presidenti delle Camere e altre indispensabili nomine. Le consultazioni inizieranno a metà aprile, e c’è solo da augurarsi che emerga un vincitore chiaro, cui Mattarella possa conferire l’incarico. Altrimenti , come nel gioco dell’oca, torneremo alla casella iniziale del 2013: niente maggioranza stabile e governi del Presidente.