Bersani abbandona il campo, ma il Pd prende i voti del 2012

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Malgrado il risultato delle elezioni siciliane fosse ampiamente previsto, la sconfitta del Pd ha dato la stura al processo a Matteo Renzi

 di Goffredo Pistelli  9.11.2017 da www.italiaoggi.it

Malgrado il risultato delle elezioni siciliane fosse ampiamente previsto, la sconfitta del Pd ha dato la stura al processo a Matteo Renzi. Eppure il Pd ha gli stessi voti del 2012, malgrado l'uscita di Pier Luigi Bersani. Il quale Bersani, avendo rotto con Giuliano Pisapia che voleva federare le forze a sinistra del Pd, puntava alla Sicilia come primo banco di prova per dimostrare a Renzi, che senza venire a patti e cioè fare un passo indietro, andrà a sbattere. È andata che Claudio Fava, il candidato di sinistra abbracciato da Bersani, abbia preso gli stessi voti che la sua lista (senza di lui), ebbe cinque anni fa. «Stavolta con Fava c'era l'Mdp, che così in Sicilia l'irrilevanza non la rischia ma la certifica», ha scritto, caustico, Massimo Bordin sul Foglio. Insomma, Bersani non solo non ha fatto del male a Renzi, ma non ha fatto neppure del bene a Fava.

Lui e i suoi han fatto la figura dei «poveri untorelli» come disse Enrico Berlinguer a quelli di Autonomia operaia, che giudicava incapaci persino di nuocere. Nessun processo però per Bersani e non perché Mdp non riceva grandi attenzioni dalla grande stampa, tutt'altro. Questa sua ennesima sconfitta dal 2013, anno della «non vittoria», va via liscia come l'olio, come direbbe lui stesso nel suo slang piacentino. Nessuno che gli dica di fare un passo indietro.

Eppure, riavvolgendo la pellicola, si vede un Bersani perdere elezioni già vinte, promettendo al paese una ricetta neosocialista, incapace di attrarre voti al centro. Lo si vede intestardirsi nel voler far lui il governo coi grillini, tanto da accettare lo sbeffeggiamento in streaming di carneadi M5s (nemmeno da Grillo in persona), e quindi mollare il mandato esplorativo, non prima d'aver consultato una pletora di personaggi, compresi i dirigenti del Club alpino italiano e Roberto Saviano.

L'ora del passo indietro per un uomo che aveva già fatto il governatore, il ministro, il segretario? Neanche per sogno: Bersani si mette a fare opposizione nel Pd, perdendo le primarie Gianni Cuperlo, ma spesso anche l'opposizione a Renzi, divenuto premier. Su Buona scuola, Jobs act, Italicum coi suoi parlamentari, Bersani è spesso più avversario degli avversari. Col no al referendum sul senato, al grido «no all'uomo solo al comando», lo è diventato.

Ossessionato da Renzi, tanto da far deragliare il tentativo di Pisapia e da convincere la seconda carica dello stato a scendere in campo, nel suo campo, a pochi mesi dalla fine della legislatura: un mega spot per l'antipolitica. «Si disuniscono con metodo», ha scritto nei giorni scorsi il grande psicoanalista Giacomo Contri, chiedendosi «se la nevrosi è di sinistra».

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