La democrazia è proprio mal messa

Categoria: Italia

Il fenomeno è mondiale. Ma in Italia è molto peggio. Il potere del popolo è stato espropriato dai burocrati di Bruxelles e da certa magistratura

 di Domenico Cacopardo, 5.12.2017 www.italiaoggi.it

Che la democrazia (come la conosciamo noi che siamo vissuti nel pieno del processo democratico del secolo scorso) sia sospesa, è più che un'opinione, un fatto. Il fenomeno non riguarda soltanto noi italiani, che abbiamo il vizio di non vedere ciò che accade fuori dai nostri angusti confini, geografici e mentali, ma interessa mezzo mondo, compresa, in modo variabile, l'Europa. Certo, il passaggio del millennio con l'emergere di generazioni che non hanno conosciuto né guerra né dopoguerra e che, perciò sono libere di ricadere nel vizio assurdo che funestò i due secoli scorsi, è una delle ragioni. Ma c'è dell'altro e questo riguarda l'Europa e, poi, in particolare noi italiani.

L'Europa non è mai stata un fattore di democrazia. Anzi, è stata un fattore di allontanamento dalla democrazia e dalla volontà popolare, incistata com'è sempre stata nella sua fortezza di Bruxelles, di proprietà di una burocrazia autoreferenziale e governativa (in quanto espressione dei governi non delle nazioni), incapace di scorgere i problemi nella loro dimensione reale, egemonizzata dagli interessi del IV Reich germanico, quello che ha ottenuto con l'economia ciò che non era riuscito né a Bismark né a Hitler.

Un innesco, questo europeo, che provocherà, di certo, una nuova deflagrazione, visto che una, la Brexit (col triste ritorno al passato di una separatezza della nazione britannica dal continente) c'è già stata e dispiegherà i suoi effetti pratici nei prossimi mesi. È vero, come sostengono molti, che ormai l'integrazione, mercé la moneta unica e l'intensificazione dei rapporti economici, sociali e culturali, è andata troppo avanti per dissolversi più o meno rapidamente. Ma è anche vero che il corpo delle relazioni è sfilacciato, variabile secondo settori e classi di età, e tra gli sfilacciati c'è una parte maggioritaria dei giovani (under 40) italiani per l'indefettibile provincialismo (anzi il localismo esasperato che ferma l'orizzonte al quartiere o al condominio) e l'assoluta ignoranza dell'inglese, la lingua che ha conquistato il mondo e che i cinesi imparano alle elementari.

Ma noi, noi che siamo nati nell'Italia delle devastazioni e delle speranze, della dittatura e della ricostruzione liberale, noi non ci siamo accorti di come la piovra dell'autoritarismo e dell'abbandono del rapporto dialettico (hegeliano) tra espressione politica e volontà popolare stava marciando verso la distruzione dei capisaldi intorno ai quali avevamo costruito il nostro vivere civile. E non intendo scivolare nel campo minato e patetico dei ricordi, quanto evocare alcuni fatti che di questa progressiva distruzione della democrazia sono stati e sono testimonianza.

Il primo è da attribuire al cervello corto di Mariotto Segni che imbarcò l'Italia nell'avventura di un referendum contro le preferenze. Certo, il sistema, soprattutto al Sud, s'era prestato a un inquinamento mefitico. Ma il passaggio alla preferenza unica non accentuò il rapporto tra il «politico» e il cittadino, ma lo annegò in una relazione complessiva con il partito e l'area politica di riferimento. Poi Tangentopoli, un fenomeno extra ordinem, nel quale un gruppo di magistrati (dalla discussa cultura istituzionale) attaccò il sistema democratico costruito dalla Costituente e la Repubblica fondata sui partiti, organismi necessari ad assicurare la mediazione tra gli interessi dei singoli e gli interessi collettivi.

La determinazione di spingere la corazzata giudiziaria (un organo burocratico privo della legittimazione che solo una elezione diretta conferisce) contro i partiti, ebbe successo, per vari motivi che qui non c'è il tempo di analizzare. Tuttavia, il punto di concentrazione del fuoco fu Bettino Craxi che impersonava la volontà e il desiderio del sistema di riformarsi. Tutto il periodo successivo è stato un periodo di latenza democratica. L'ascesa di Silvio Berlusconi, per esempio, avviene al di fuori di ogni meccanismo di rappresentanza come l'aveva visto e immaginato nel '46/48 la Costituente. Una vera e propria autoinvestitura sostenuta e fertilizzata dall'organizzazione pubblicitaria di Mediaset, solo successivamente trasformatasi in partito strumentale alle esigenze del padre-padrone. Così anche a sinistra dove il gruppo ristretto degli eredi della sinistra democristiana, alla testa del quale si collocava la sinistra bancaria (Bazoli&Andreatta), e che formalmente s'affidava al mediocre Romano Prodi, i meccanismi democratici furono accantonati. Non nei Ds, almeno sino al congresso di Ascoli Piceno (Fassino), l'ultimo realizzato con la garanzie del vecchio mondo.

Rispetto a questa sospensione, l'emersione del giovane Matteo Renzi rappresentò un ritorno, effimero purtroppo, ai valori della democrazia dei partiti, anche se in forme aggiornate. Nessuno, nemmeno una magistratura occhiuta e attenta anche alle mutande di Berlusconi, s'è resa conto che andava nascendo e si affermava il fenomeno eversivo e ademocratico chiamato Movimento 5Stelle, nelle mani di una diarchia (Grillo&Casalggio) irresponsabile, funzionale agli interessi economici dei diarchi e dedito al rito farlocco della cosiddetta democrazia del web, per la quale un giovanotto che ottiene un numero ridicolo di «like» diventa (salvo l'imprimatur di Grillo&Casaleggio) candidato alla presidenza del Consiglio.

Una magistratura occhiuta e attenta ai valori della democrazia sostanziale sarebbe intervenuta sui fenomeni eversivi che la proterva ignoranza dei diarchi a 5Stelle andavano mettendo in pratica a cominciare dall'estorsione di 150 mila euro a coloro che, eletti, non rispettavano alla lettera gli ordini degli autocrati. Antonio Gramsci aveva già avuto occasione di rilevare il ruolo reazionario dell'autorità giudiziaria che puntualmente si ripresenta nelle occasioni cruciali. Ora, alla vigilia delle elezioni generali, chi sa e ama il Paese deve opporsi con tutte le forze al permanere della sospensione della democrazia, cercando di riportare al voto quanti più italiani possibile. Si restituirebbe così una qualche legittimazione al Parlamento che verrà.

www.cacopardo.it

© Riproduzione riservata