Università, cancellare le rette non elimina il classismo

Categoria: Italia

La proposta di Grasso di cancellare le tasse ha acceso la polemica. I numeri di Almalaurea però dicono che i veri problemi per gli studenti sono altri: dalla carenza di borse di studio alla scarsa mobilità.

SAMUELE CAFASSO, 11.1.2018 www.lettera43.it

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Per il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, tagliare le tasse a tutti gli studenti universitari è «una proposta trumpiana». Guri Schwarz, professore associato di Storia contemporanea all'Università di Genova, ha scritto sul suo profilo Facebook: «Volete fare qualcosa di sinistra? Lasciate stare le tasse universitarie, che sono progressive, investite in residenze per fuorisede e garantite borse di studio per tutti gli aventi diritto». Raffaele Alberto Ventura, saggista, autore di La classe disagiata (Minimum Fax), ha bollato l'iniziativa come «una tassa sui poveri».

LA FOTOGRAFIA DI ALMALAUREA. Il primo grande colpo a effetto della campagna di Liberi e Uguali lanciato domenica 7 gennaio dal presidente del Senato e leader del movimento Pietro Grasso ha suscitato insomma più di una perplessità. Alcuni dati sulla popolazione universitaria italiana tratti dal sito del ministero dell'Istruzione e dell'Università e dall'ultima indagine AlmaLaurea permettono di individuare alcune evidenti criticità.

Il 29,3% dei laureati ha almeno un genitore laureato.

Il primo dato da cui partire è la reale esistenza di un problema di classismo dell'università italiana. Come nota l'ultimo rapporto di Almalaurea, «la percentuale dei laureati, pari al 13% nella popolazione maschile italiana di età compresa fra i 45 e i 64 anni, raggiunge il 21% fra i padri dei laureati; il confronto fra la popolazione femminile e le madri dei laureati porta ad analoghi risultati. In altre parole, la probabilità di proseguire gli studi dopo la scuola dell’obbligo fino a completare gli studi universitari è fortemente influenzata dal contesto socioculturale di origine».

UNA QUESTIONE DI CLASSE. In particolare, il 56,4% dei laureati 2016 in Medicina/Medicina e odontoiatria ha almeno un genitore laureato, percentuale che si abbassa al 37,8 nel campo giuridico e poi, a scendere, tutti gli altri, per una media del 29,3% tra tutti i corsi di laurea. Il classismo, come era facile immaginare, è più evidente nei corsi di laurea che richiedono più anni di studio. Se guardiamo, anziché ai titoli di studio, alla classe sociale, scopriamo che il 42,6% dei laureati in Medicina del 2016 ha genitori di classe elevata (liberi professionisti, dirigenti, imprenditori con più di 15 dipendenti), il 30,5% dei laureati nel settore giuridico, il 27,7% in Architettura. Per una media nazionale del 22,2%.

LE ESENZIONI GIÀ ATTIVE. Ma questo problema si può risolvere con la cancellazione delle tasse universitarie? Questo è molto dubbio. Intanto perché già con le attuali regole la platea di chi non paga le tasse universitarie è notevolmente ampia. Secondo un'indagine del Sole 24 Ore di novembre, a fronte di 1,6 milioni di iscritti all'Università pubblica in Italia, sono state presentate oltre 543 mila dichiarazioni Isee attestanti una posizione al di sotto dei 15 mila euro che garantisce in moltissimi atenei l'esenzione dai pagamenti. La soglia dettata per legge nello Student Act del 2017 è appena più bassa, 13 mila euro. Pagamenti inferiori, ma comunque contenuti, per le fasce di reddito meno abbienti ma oltre i 15 mila euro.

In Italia si contano 1,6 milioni di universitari.

Esistono però altri tappi e vincoli, magari meno evidenti, che limitano nei fatti il diritto allo studio. Basta guardare, per esempio, gli ultimi dati sulle borse di studio a favore degli studenti più meritevoli: nel 2015-2016 – dati certificati dal ministero – ne sono state concesse 131.240 a fronte di 140.114 idonei: rimane un 6,7% di studenti non coperti, a fronte comunque di numeri non altissimi (gli studenti in tutta Italia sono 1,6 milioni). L'altro tema è la questione della mobilità: a fronte di oltre 63 mila domande di alloggio, sono stati assegnati 33.339 posti nel 2015-2016, di cui 24.694 a borsisti. Le domande per contributi alloggio sono state 2.896, solo 1.917 quelle soddisfatte.

SE LA MOBILITÀ È UN PRIVILEGIO. Il risultato è che il 73% dei laureati in Italia ha concluso gli studi vicino a casa, nella stessa provincia o al massimo in una limitrofa. Nei fatti, se guardiamo alla qualità degli studi e non al semplice pezzo di carta, questo è un fortissimo limite italiano, perché significa impedire ai più svantaggiati economicamente di cercare per sé l'Ateneo che meglio risponde alle proprie esigenze di formazione. E l'indagine Almalaurea, in effetti, conferma. «A “cogliere l’opportunità” di spostarsi verso contesti territoriali più dinamici», scrivono i ricercatori, «sono i ragazzi che hanno un background socio-culturale più elevato: il 35% di chi ha compiuto migrazioni di lungo raggio ha almeno un genitore laureato, contro il 30% di chi studia nella stessa provincia del diploma».

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