Parlamentarie M5s, le esclusioni di oggi e il silenzio su quelle del 2012

Categoria: Italia

Hanno difeso il guru Casaleggio e Grillo quando con altri due attivisti storici ci fu negata senza spiegazioni la candidatura nel 2012. Ora, che tocca a loro, si rendono conto di cosa è accaduto in questi anni al M5s. E forse si vergogneranno.

LORENZO ANDRAGHETTI. 16.1.2018 www.lettera43.it

Non sono bastati anni di like, commenti, condivisioni su Facebook, qualche riunione e selfie col leader di turno per evitare a molti attivisti del Movimento 5 stelle di venire depennati dalle liste per il parlamento. Da 15 mila iniziali che avevano avanzato la loro candidatura ne sono stati “accettati” solo 10 mila. Cinquemila epurati con un clic e senza una spiegazione. Ma in realtà la spiegazione c'è eccome. Erano invisi a qualcuno che nel M5s non vale uno, ma vale molto più di altri. Non un semplice errore nel sistema di votazione online, Rousseau. È il caso di semplici attivisti ma anche di personaggi più in vista come il vignettista Marione o l'ex assessore al Comune di Roma Mazzillo, o addirittura come senatori e deputati uscenti, come l'onorevole Cariello. Qualcuno deve aver fatto il loro nome al “capetto” di zona e quest'ultimo li ha inseriti nella black list. Del resto è un modus operandi rodato.

IL PRECEDENTE DEL 2012. Dal giorno alla notte, molti attivisti non hanno trovato il loro nome nella lista dei votabili e con molta timidezza (non si sa mai che possano avere un'altra chance) qualcuno lo ha dichiarato pubblicamente mentre molti altri continuano tacere. Questo è il risultato della democrazia interna, o meglio dire, del regime interno che Gianroberto Casaleggio ha instaurato nel corso degli ultimi cinque anni con l'avallo di molti altri. Ma non è la prima volta che succede. Il sistema stalinista pentastellato aveva colpito già alle precedenti Parlamentarie del 2012, e il sottoscritto lo ricorda bene.

In tutta Italia fummo esclusi in tre. Solo tre, e tutti a Bologna. Io, Alessandro Cuppone e Ivano Mazzacurati. I primi due di questa lista erano dati come favoriti rispettivamente per Camera e Senato. Dopo aver fatto anni di attivismo quando nessuno credeva ed era pronto a scommettere sul M5s (non come ora che viene dato al 30%!), il giorno delle votazioni non trovammo i nostri nomi nella lista. I motivi ufficiali non vennero mai resi noti. Mi dissero che fu un disguido, un errore, poi apparve una postilla nelle FAQ al regolamento che impediva la mia candidatura. Erano solo scuse e i veri motivi non li saprò mai. C'erano di mezzo discussioni a mezzo social in cui fedelissimi di Casaleggio avevano fatto pessime figure nel confronto diretto col sottoscritto e, come in una favola orwelliana, avevano gettato su di me sospetti e calunnie col preciso scopo di far estromettere chi nel confronto pubblico li aveva umiliati. «Personaggetti», per dirla come Crozza-De Luca, che ieri come oggi nel M5s hanno sempre contato più delle persone intellettualmente oneste e culturalmente preparate.

LA FEDE CIECA IN BEPPE. Il momento successivo alla mia esclusione, nella mente delle persone che mi conoscevano da anni (i miei compagni di battaglia), iniziò ad albergare quel sentimento tipico del regime del sospetto: «Se l'hanno fatto fuori una ragione ci sarà, Beppe in fondo non sbaglia mai, poco importa quale sia il motivo». Poco importava che Grillo l'avessero visto una sola volta e che Casaleggio non si fosse mai nemmeno palesato in una riunione. Loro si fidavano dell'entità del Blog piuttosto che di un loro amico che vedevano da anni almeno due volte a settimana. Tipico delle fedi, più che della politica. Meglio chiamarla quindi, quella del M5s, una “religione civile”.

L'ADDOMESTICAMENTO AL REGIME. Fui trattato da molti (non da tutti) come un appestato da cui star lontano. Il ragionamento era: se parli o solidarizzi con lui rischi anche tu di esser fatto fuori in futuro. Ed era proprio vero. Tra le varie cose, io pagavo l'aver difeso pubblicamente Tavolazzi, Favia e la Salsi per quelle vergognose espulsioni. Invece che scatenarsi la ribellione interna, dopo le prime purghe si verificò l'addomesticamento generale al regime del capo. Il regime del sospetto, dei rapporti privilegiati con Milano e Genova e della calunnia. Non male, se si pensa che già all'epoca queste persone gridavano “onestà!” e si credevano i “Che Guevara” del XXI secolo.

Bene, questi 5 mila che oggi sono stati fatti fuori con un clic fanno parte di quest'ultima categoria. In buona parte non li conosco e con la mia vicenda non hanno nulla a che fare, ma il loro silenzio dell'epoca, quell'omertà che loro criticavano negli altri partiti ma era già insita in loro, li ha portati a questo. Da tre esclusi del 2012 ai 5 mila del 2018. Oggi, dopo cinque anni e tanta acqua passata sotto i ponti da quel dicembre del 2012, non posso che sorridere e provare compassione nel vedere nomi e cognomi di quei “coraggiosi rivoluzionari” che si fidavano del guru Casaleggio scomparire della tanto agognata lista.

E DIRE CHE ERO SOLO UN ROSICONE. Ho provato a svegliarli in questi anni, ho scritto sulla mancanza di una società terza di controllo del voto online, ho proposto centinaia di analisi sulla democrazia interna e sulla qualità della leadership che si stava sviluppando nel M5s. Ho perfino iniziato a scrivere per questo giornale. Ma niente di quanto da me scritto è stato ascoltato da coloro che attendevano con ansia il “winforlife” del 2018. Loro mi hanno sempre risposto: «Sei solo risentito per la tua esclusione». Chiuso il discorso. Esaurito il dialogo e il confronto su ogni tema. Io ero il risentito, il «rosicone». Ciò che dicevo era quindi infondato. Giustizia è stata fatta? No, mai. Il danno non sarà mai riparabile con quello che sta succedendo in queste ore. Però forse qualcuno inizierà a vergognarsi, a chiedere scusa e chissà, abbandonare la politica attiva capendo che quest'ultima non è per i pavidi, ma per i coraggiosi. Non è per gli ignoranti ma per chi ha studiato. O almeno così dovrebbe essere.

*Ex attivista e collaboratore parlamentare alla Camera per il Movimento 5 stelle.