Leu, come partito, non esiste

Categoria: Italia

Sta insieme fino al momento del voto ma poi si vedrà

di Cesare Maffi, 1.3.2018 www.italiaoggi.it

Fin quando resisterà Leu? Va chiarito come non esista un partito con tale denominazione. Esistono liste elettorali, esiste un capo, che è il presidente del senato in carica, Pietro Grasso e, soprattutto, esistono tre movimenti: Articolo 1-Movimento democratici progressisti (ossia scissionisti dal Pd, capeggiati da Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani), Si (Sinistra italiana, erede della vendoliana Sel) e Possibile (gruppuscolo facente capo a Pippo Civati).

Ci sono poi svariati personaggi non riferibili ad alcuno fra questi raggruppamenti: oltre allo stesso Grasso, ecco la presidente della camera Laura Boldrini, formalmente defilata dalle componenti. L'antico obiettivo assegnato a Giuliano Pisapia, ossia costituire un unico movimento a sinistra del Pd, è fallito. Leu è una cosa rossa tenuta insieme esclusivamente dall'esigenza elettorale di liste unitarie. Dopo il voto, si vedrà come e quando fondare il partito teoricamente unitario. Per meglio dire: si vedrà se compiere questa unificazione.

Tutto dipenderà dall'esito elettorale, che in Leu molti temono sia largamente inferiore alle speranze originarie, fissate sul 10%. A decidere sulla nascita del partito non sarà, tuttavia, soltanto la percentuale; nemmeno sarà determinante l'ancor più meditato numero degli eletti (nei collegi uninominali si prevedono zero deputati e zero senatori); sarà, invece, lo sviluppo della futura maggioranza di governo. In effetti, già oggi non si vede molta unità, fra il possibilista D'Alema, pronto a unità nazionale o larghe intese o altro, e il rigido Nicola Fratoianni, assertore di una sinistra che deve in primo luogo affossare il Pd. I due presidenti delle camere la pensano in maniera opposta sui 5 stelle: il senatore è benevolo, la deputata non li può tollerare. Bersani è più anguillesco, propenso, come già nell'infausta esperienza di cinque anni addietro, a un asse con il M5s.

Le divisioni politiche si assommano alle ambizioni personali: il titolare della prima poltrona di palazzo Madama vede se stesso come potenziale, futuro ospite del Quirinale, riconfermabile intanto alla presidenza del senato o ministro o, perché no?, presidente del Consiglio. È sempre stato difficile mettere d'accordo D'Alema e Bersani, militanti fin da ragazzi nella medesima formazione e ancor oggi schierati insieme alla guida reale dei demoprogressisti (quella formale è stata assegnata all'obbediente Roberto Speranza). Ancor più sarà difficile trovare un'intesa fra capetti di movimenti tradizionalmente litigiosi e con spontanea propensione a scissioni e abbandoni, oltre che con un personaggio come Grasso, la cui condotta elettorale non ha sollevato grida di entusiasmo e il cui rilievo politico è costituito esclusivamente dal ruolo che intendono assegnargli quelli che contano, non certo i suoi (inesistenti) seguaci.