La disfatta LeU dimostra che fine avrebbe fatto un Pd bersaniano

Categoria: Italia

Il Pd, se non stipula accordi subalterni né con il centrodestra né con i 5 stelle, ha uno spazio di manovra per il primo appuntamento, quello dell'elezione dei presidenti delle Camere

di Sergio Soave 7.3.2018 www.italiaoggi.it

La sconfitta del Pd più o meno corrisponde all'esito deludente dei partiti di sinistra storica in Francia, in Germania e in Spagna. L'esito disastroso degli scissionisti di Liberi e Uguali fa capire che fine avrebbe fatto una sinistra a trazione bersaniana. In realtà la gestione di Matteo Renzi ha salvato la sinistra da una caduta nell'irrilevanza, ma all'interno del Pd si intrecciano trame e congiure per costringerlo a dimissioni immediate, non si capisce bene con quali obiettivi.

Il Pd, se non stipula accordi subalterni né con il centrodestra né con i 5 stelle, ha uno spazio di manovra per il primo appuntamento, quello dell'elezione dei presidenti delle Camere. Può far pesare il ruolo di ago della bilancia, che sarà particolarmente efficace alla Camera, dove è necessario raggiungere una maggioranza assoluta dalla quale sono lontani gli schieramenti vincenti.

Per giocare questa partita, e poi vedere se c'è spazio per un governo di scopo destinato a varare una nuova legge elettorale, è necessario un Pd compatto e deciso a far valere il suo ruolo. Renzi vuole concludere la sua esperienza di leader guidando questa fase cruciale, ma nel partito c'è un clima avvelenato e un volteggiare dei avvoltoi. Le varie congiure non sanno che cosa vogliono, qualcuno cerca di trattare una presidenza parlamentare con i 5 stelle, altri pensano a dare via libera a un governo del centrodestra, la minoranza interna vuole solo lo scalpo di Renzi quanto prima e, con l'ineffabile Emiliano punta addirittura a sostenere dall'esterno un monocolore Di Maio.

Probabilmente queste manovre non avranno effetto, nel senso che non otterranno il loro scopo, peraltro ancora confuso, ma possono trasformare la sconfitta (tutto sommato onorevole viste le condizioni) del Pd in disfatta. L'unica via di uscita per Renzi è quella di richiamare in campo l'elettorato del Pd, consultarlo in elezioni primarie per dare al partito un nuovo segretario dotato di autorevolezza, particolarmente necessario se, come non è escluso, si ritornerà a votare nel giro di un anno.

Perché i suoi oppositori interni e i suoi alleati infedeli non vogliono sottoporsi a questa verifica democratica? Probabilmente perché pensano che ci sia il rischio dell'emergere di un nuovo rottamatore, che faccia saltare tutti i giochini miopi delle conventicole. Carlo Calenda, che proprio ora ha deciso di iscriversi al Partito democratico potrebbe essere questo nuovo rottamatore? Non si sa, ma sarebbe un'occasione di ripresa di un confronto politico serio e soprattutto trasparente per rigenerare la sinistra dotandola di una classe dirigente meno autoreferenziale.