Gli scontri grillini nel Lazio che fanno traballare Zingaretti

Categoria: Italia

Roma e dintorni si confermano l'epicentro delle divisioni interne al M5s. Che proprio sull'appoggio al governatore del Pd rischia di spaccarsi

di Valerio Valentini 11.4.2018 www.ilfoglio.it

A voler essere sbrigativi, si potrebbe liquidarle come le solite – ormai – baruffe grilline. Quelle cioè, di un Movimento che si professava granitico e compatto e invece, non solo nel Lazio, ma nel Lazio soprattutto, si ritrova sempre più a fare i conti con le sue irrisolte contrapposizioni interne. E però, a ben vedere, va detto che gli effetti di questi scontri intestini, sempre meno sotterranei, potrebbero finire col condizionare anche la vita degli altri partiti. E in particolare di Nicola Zingaretti, la cui sopravvivenza alla guida della Regione è subordinata all'appoggio esterno di altre forze.

E non è un caso che proprio sui rapporti da intrattenere col governatore del Pd si siano riaccese le polveri della sfida interna ai Cinquestelle. “

In Lazio stanno succedendo cose pazzesche, e nessuno dice niente”, dice al Foglio Elena Fattori. Quasi a voler strigliare la pattuglia dei pentastellati alla Pisana, quasi a volerli dissuadere da quella linea di opposizione troppo morbida su cui Roberta Lombardi sembra essersi attestata. E infatti, come a rispondere subito all'appello, i grillini meno allineati alla “Faraona” si stanno già muovendo per mostrare tutta la loro ostilità a Zingaretti. Come? Depositando un'interrogazione rivolta al governatore. Colpevole, a loro dire, di aver approvato ben tre delibere ancor prima che la sua giunta s'insediasse. “Sono illegittime”, tuona la pometina Valentina Corrado, non a caso acerrima rivale della Lombardi e già sua sfidante nelle scorse regionarie, quelle senza esclusione di colpi bassi. “Con quegli atti – afferma la Corrado – Zingaretti ha modificato le norme sugli uffici di collaborazione, ha soppresso l'attività di controllo e coordinamento delle funzioni di vigilanza, ha nominato Andrea Tardiola come responsabile della trasparenza e dell'anticorruzione”.

Assai arduo stabilire se davvero ci siano degli illeciti, in verità. Quel che è certo, invece, è che quegli atti rappresentano l'ala grillina ostile alla Lombardi un pretesto, il primo, per schierare subito l'artiglieria pesante contro il governatore.

“Il quadro è fluido”, ammette un parlamentare pentastellato di Roma, provando a ridimensionare lo scontro. E il riferimento è anche alla situazione nazionale: anche in quel caso, è il Lazio, e in particolare la Capitale, l'epicentro del malcontento a Cinque stelle. Non è un mistero che tra le meno entusiaste della svolta dirigista di Luigi Di Maio ci sia la deputata Carla Ruocco, tra le poche a prendere la parola in assemblea, la scorsa settimana, per opporsi al nuovo regolamento dei gruppi. Ed è stata l'unica della componente dei cosiddetti “ortodossi”, nonostante fosse stata la più votata in Italia, alle parlamentarie della Camera a gennaio, a non ricevere alcun incarico istituzionale. Neppure uno strapuntino nell'ufficio di presidenza, che pure sono stati distribuiti a molti dei riottosi per convincerli a restarsene calmi. La Ruocco no, invece. E non perché non gli fosse stato offerto. “E' lei che non ha voluto”, confessa una sua collega a Montecitorio. La ragione? “Per tenersi le mani libere”.