Leghisti e M5s cercano solo una via per scalare le vette del Palazzo e fare ciao-ciao con la manina a mamme e fidanzate dai piani alti

Categoria: Italia

Non avremo un governo populista, ma un governo doppiamente populista

di Diego Gabutti, 12.5.2018 www.italiaoggi.it

Non avremo un governo populista, ma un governo doppiamente populista (e sarà un po' come quando Marx, parlando di Garibaldi, diceva che era «tre volte asino»).

Fossero almeno un populismo concavo e uno convesso, tali da completarsi a vicenda, ma sono due populismi egualmente concavi e/o convessi, tali da ingombrarsi a vicenda. Mentre il populismo post lumbard ha promesso ai suoi elettori padani la flat tax, cioè un regime fiscale molto meno esoso, il populismo pentastellare ha promesso ai suoi elettori sudisti un reddito di cittadinanza, cioè molte più tasse da mettere in conto ai padani, che da soli (comunque la si rigiri) creano praticamente tutto l'imponibile nazionale. Non sarà facile trovare quella che chiamano «la quadra» (con espressione orribile, abusata da politici buzzurri e giornalisti tamarri). Quadra o tonda, in realtà nemmeno la cercheranno. Non vogliono (e non possono) governare davvero. Non sono politici, infatti, ma vincitori del Grande fratello, o del Giro d'Italia (per forfait di tutti gli altri ciclisti). Leghisti e 5stelle cercano soltanto una via per scalare le vette del Palazzo e fare ciao-ciao con la manina a mamme e fidanzate dai piani alti delle istituzioni.

Quel che faranno, se saremo fortunati, sarà non fare niente, e vantarsene nei talk show come di chissà quale impresa (il modello Raggi, che senza combinare un tubo, ma pavoneggiandosene, governa da due anni Roma). Niente flat tax, nessun reddito di cittadinanza. Niente ruspe contro zingari, «negher» e muslim; niente referendum sull'euro, e nessuna abolizione della legge Fornero, o giusto qualche ritocco senza capo né coda, all'antica italiana. Chi non fa non falla, chi non fa non falla, chi non fa non falla. È il mantra recitato dal 50% degl'italiani: il paese che non ha votato per i populisti.

Su questo punto è stato chiaro persino Sergio Mattarella: il sovranismo avrà anche un suo perché, ma scordatevelo, è semplicemente «inattuabile»; anche soltanto parlarne è «un inganno per i cittadini»; siamo in Europa e ci restiamo, euro e tutto. Scordatevi pure una politica estera filo Maduro (governa il Venezuela, non il Cile, casomai qualcuno avesse dei dubbi) o filo Putin e filo Assad. Forse possiamo permetterci un ministro degli esteri convinto che la Russia sia «un paese mediterraneo» (dovessero trovare conferma, ahinoi, le voci che danno Gigetto Di Maio candidato alla Farnesina). Ma non ci possiamo permettere una politica estera antiatlantica e antieuropeista, ha spiegato il presidente della repubblica a questi parvenus della storia e della geografia.

Non ci possiamo permettere nemmeno una controriforma pensionistica che farebbe del nostro debito pubblico un fenomeno cosmologico tipo buco nero. Rischiamo di ritrovarci alle frontiere, dove, per il momento, stazionano soltanto soldati ostili che bloccano il passo agl'immigrati, anche banchieri centrali armati di mazze da baseball, come esattori mafiosi nei film di Martin Scorsese. Se dalle conversazioni riservate di questo weekend (lo streaming di questi tempi «el va no», come il lupo in una vecchia canzone di Francesco Salvi) dovesse nascere davvero «un governo politico», come minacciano lega e M5S, sarà un governo due volte populista ma senza il brivido del populismo. Non avrà zanne né artigli. Ma solo modi da bullo.

Questo per quanto sta ai contenuti (sempre che programma, nome del premier e lista dei ministri superino la prova finestra del Quirinale e il governo si faccia davvero, e c'è chi tifa contro, a cominciare dall'ala dura dei pentastellari: Beppe Grillo, «Dibba», il Fatto quotidiano). Dopo i contenuti, veniamo al clima in cui il governo nasce.

Col suo passo di lato, Berlusconi lascia fare, ma naturalmente continua a pensarla come prima: nelle sue aziende, i gigetti potrebbero al massimo pulire i bagni, per parlar forbito. Continua a pensare tutto il male possibile di Matteo Salvini, che punta a espropriarlo del suo patrimonio politico, peggio che Vivendi con Mediaset. Da parte loro, sia Salvini che i Gigetti continuano a pensare (anche se «pensare» è una parola grossa) che il Cavaliere sia il nemico. Per i gigetti, in particolare, è lo «psiconano», il «pregiudicato», «il male assoluto». Populisti e Berlusconi fingono al momento di non detestarsi. Ma basta guardarli (sempre in particolare, basta guardare Berlusconi) per capire che s'augurano vicendevolmente cancheri e coccoloni invalidanti. Se ai rapporti interni alla combinazione di governo aggiungiamo i malumori del Quirinale, il governo prende forma sotto un cielo di tempesta.

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