Giulio Sapelli: L'Italia faccia da ponte tra Usa e Russia

Categoria: Italia

il vecchio Agnelli costruiva le littorine per l'Urss ai tempi di Stalin. E Trump con i dazi cerca di evitare che l'Europa affondi a causa della deflazione tedesca

di Franco Adriano, 12.6.2018 www.italiaoggi.it

Chi oggi è contro Putin dovrebbe ricordarsi che Agnelli già con Stalin costruiva le littorine o che con Krusciov e Breznev è stata fondata una città vicino al Volga intitolata a Togliatti. Trump, poi, attraverso i dazi, sta cercando di evitare che l'Europa affondi «a causa della deflazione tedesca». Il governo M5s-Lega deve trattare con il capo della Baviera, Seehofer, non più con la Merkel. Salvini? Avrebbe dovuto usare un po' più di misericordia nel caso Aquarius, anche se l'approdo a Valencia «è una vittoria del nuovo governo». Lo storico ed economista Giulio Sapelli analizza con ItaliaOggi il ruolo internazionale dell'Italia dopo l'insediamento dell'esecutivo M5s-Lega.

Domanda. Dopo il G7 quali scelte deve compiere l'Italia?

Risposta. L'Italia non deve scegliere un bel niente. Al massimo deve rafforzare la sua collocazione atlantica. Quale che sia il governo che i cittadini americani hanno scelto. Deve rimanere saldamente ancorata nella Nato. Gli Stati Uniti restano l'unica potenza mondiale in grado di esportare sicurezza e crescita economica.

D. Come mettere da parte le obiezioni, spesso fondate, sul presidente Donald Trump?

R. Trump ha dismesso le follie dell'unipolarismo praticato da Bill Clinton, George Bush e Barack Obama. Si erano illusi di poter governare il mondo da soli anche con delle mosse azzardate come lo scioglimento dell'esercito e della polizia irachena. Atti ascrivibili a una follia non più guidata dal realismo kissingeriano, ma dal principio morale che in politica estera che è quanto di peggio possa esistere. Noi, tuttavia, abbiamo mantenuto l'alleanza atlantica anche in quel periodo (e abbiamo fatto bene), mentre invece la Francia e la Germania (secondo me sbagliando) se ne sono allontanati. Questa fedeltà atlantica è molto importante soprattutto oggi che il fianco Sud della Nato va sfarinandosi: perché va detto che la Turchia è ancora un membro della Nato, ma le basi della Nato in Turchia sono sotto scacco.

D. Dobbiamo difendere Trump anche sui dazi?

R. Trump con tutti i suoi mille difetti di atteggiamento, di comunicazione (è forse troppo rivolto al mercato interno), però capisce che non può lasciare affondare l'Europa, perché di questo si tratta, a causa della deflazione tedesca. Perciò ha aperto il fuoco contro la Germania. Anche i suoi predecessori non condividevano questa politica economica, tant'è vero che gli Usa hanno imposto Mario Draghi alla testa della Bce. Basta leggersi il libro di Timothy Geithner «Stress Test», testo fondamentale che spiega questo passaggio, mai smentito.

D. La misura dei dazi in sé non è da bocciare?

R. Mi sembra che il mondo sia affetto da un'isteria che fa dimenticare tutto. In vent'anni di globalizzazione, che dovevano rappresentare la libertà di mercato e la libera circolazione delle merci, non si è nemmeno riusciti a chiudere un accordo multilaterale. Abbiamo solo stretto accordi bilaterali. Mi permetto di ricordare ai critici di Trump che l'Europa ha il 10% dei dazi sulle automobili importate dagli Usa mentre gli Stati Uniti hanno un dazio del 2,5% su quelle europee. Mi limito ancora a ricordare, sommessamente, a certi soloni dell'economia che l'Europa erige barriere doganali contro tutti perché è un'area di mercato libero al proprio interno ma nei confronti dell'esterno è un'area protezionistica.

D. L'acciaio è materia delicata.

R. L'unico Paese con cui l'Europa non ha protezione alcuna è la Cina con cui si balocca ancora sul riconoscimento o no del bollino di economia di mercato. Un'asimmetria formidabile. Sempre sottovoce ricordo ancora che sull'acciaio e sui prodotti siderurgici, come ha ricordato molto bene il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, le manovre di Trump sono pericolose per noi nella misura in cui fermano gli acciai cinesi di bassissima qualità facendoli rimbalzare in Europa dove non è previsto nessun tipo di protezione nonostante non siano “fair” e sostenibili.

D. Dunque con gli Stati Uniti e non con la Russia?

R. Anche qui, dico: non vi ricordate la scuola democristiana? Oserei dire, ancor prima, la tradizione mussoliniana? Giovanni Agnelli, il grande senatore Agnelli, realizzava littorine nell'Unione sovietica di Iosif Stalin. E, dopo, nell'Unione sovietica di Nikita Krusciov e Leonid Breznev abbiamo fondato Togliattigrad. Abbiamo sempre lavorato con la Russia. Quando c'è stata la guerra del Vietnam Giorgio La Pira è andato a incontrare Ho Chí Minh. Naturalmente gli Stati Uniti furono avvertiti di questo viaggio.

D. Mi spieghi meglio.

R. Voglio dire che una media potenza in politica estera può fare ciò che le grandi potenze alleate non possono fare. Quindi il fatto che l'Italia, mantenendo ferma l'alleanza con gli Stati Uniti, svolga il ruolo di pontiere verso la Russia, è molto positivo. Prima che al G7 Trump facesse quel gioco a sorpresa sulla Russia, ho spiegato che non era mica detto che le relazioni degli Usa con la Russia potessero continuare sempre con le sanzioni.

D. La politica estera americana cambia.

R. Pensi quanti conflitti abbiamo avuto con l'America in merito al Medio Oriente. Ci ha rimesso la vita Aldo Moro. Giulio Andreotti forse ci ha rimesso la carriera. Però, però... il nostro ruolo è quello di fare ciò che l'alleato non può fare. In politica estera dobbiamo essere per sempre democristiani.

D. A proposito, non le sembra che la democristiana Angela Merkel ceda un po' il passo?

R. L'uomo forte non è più la Merkel, ma Horst Seehofer, che è il capo della Csu e soprattutto è il capo della Baviera. Come successe prima delle unificazione tedesca, gli Stati del Nord vanno verso i Paesi Bassi e verso l'Inghilterra, mentre la Baviera viene verso il centro dell'Europa. La Germania è in una crisi gravissima e Seehofer è l'unico che può far recuperare quei voti che sono andati ad Alternative für Deutschland. Il miracolo tedesco, come lo è stato fino a poco tempo fa il miracolo spagnolo, era costituito dal fatto che i partiti di centrodestra assorbivano anche i nemici a destra. Poi sia Mariano Rajoy che Angela Merkel non sono più riusciti ad esercitare questo ruolo. In Spagna è nato Ciudadanos (un po' meno estremista) mentre in Germania, dato che i tedeschi fanno tutto maledettamente sul serio, è nato Afd. La politica estera sarà il banco di prova del governo, ma per farla bene bisogna soprattutto non parlare. L'ho detto ai miei amici.

D. Ai suoi amici nella maggioranza e nel governo?

R. Ho buone relazioni con gli amici della Lega e penso che debbano fare politica estera senza gridare «Viva la Russia!» È sbagliato dare in pasto certe cose al piccolo establishment che controlla i media. Si tratta di una politica che può essere seria e ragionevole per l'Italia.

D. Alla luce di quanto ha affermato che giudizio dà sull'accoppiata agli Esteri Enzo Moavero Milanesi e Paolo Savona?

R. Moavero avendo militato nei governi di Mario Monti ed Enrico Letta dovrebbe tranquillizzare coloro che gridano contro il governo anti-establishment. Per quanto riguarda Moavero mi fa piacere vederlo lì perché vuol dire che è un uomo con una capacità interessante nel capire il nuovo. Tutti sanno, poi, l'immensa stima che nutro per Savona. Perciò l'ho difeso davanti ai brutti e vergognosi attacchi personali, come peraltro avete fatto anche voi.

D. Le reazioni dei mercati nei confronti del nuovo governo sono esagerate, come afferma qualcuno, o si sta preparando la «tempesta perfetta» come affermano altri?

R. Mi ricordo che Paolo Baffi aveva addirittura paura di entrare nello Sme. Eppure eravamo prima delle privatizzazioni di Romano Prodi che hanno distrutto l'Italia. Avevamo l'Iri e le grandi imprese eppure lui pensava che non avremmo resistito all'assenza di svalutazioni competitive. Per carità, io ho anche scritto un libro nel 1994 che piaceva tanto al mio amico Gianpiero Cantoni, dove spiegavo che bisognava fare come la Germania: aumentare la produttività del lavoro. Però, poi, non ce la si fa. Perché abbiamo piccole e medie imprese. Abbiamo il Mezzogiorno, ossia abbiamo tutti i nostri mali.

D. Qualcuno teorizzava che occorreva smettere di produrre..

R. O, ancora più infame, predicava la necessità di uno shock esterno. Sta tornando anche oggi. Abbiamo una parte della classe dominante (non la chiamo classe dirigente) che invoca il default e la fine dell'Italia: come punizione. È la prova di quel che dicevano Vincenzo Cuoco e Antonio Gramsci, ossia che l'Italia non ha degli intellettuali e dei leader nazionali, ma ha solo dei leader cosmopoliti eterodiretti. Questo lo vediamo tutti i giorni.

D. Dunque?

R. Allora, io credo che bisogna rimanere a tutti i costi nell'euro. Però bisogna uscire dalla deflazione e l'unico modo è la ripresa degli investimenti e la creazione di stock di capitale fisso. Vuol dire: edilizia, industria, difendere la piccola e media impresa. Come ha detto il ministro Giovanni Tria, se c'è bisogno di fare un po' di deficit facciamolo. E negoziamo sul 3% che non è in nessun trattato, ma in un regolamento, come ci ha dimostrato benissimo il professor Giuseppe Guarino dall'alto della sua saggezza (non a caso compagno di Savona in tante avventure intellettuali).

D. In tal caso mi aspetterei delle reazioni

R. Di tutto ciò occorrerà parlare con i cosiddetti mercati. Fare il giro delle sette chiese e parlare con i fondi di investimento, perché i mercati non sono fatti da milioni di piccoli investitori ma da 7 o 8 grandi soggetti. Soprattutto, però, bisognerà negoziare con i tedeschi. Con i francesi vale quanto capì Camillo Benso di Cavour: infatti il suo riferimento era l'Inghilterra. I francesi dal Risorgimento hanno sempre voluto dominarci: con loro bisogna convivere negoziando e non svendendo. Mi ha molto colpito che Emmanuel Macron abbia subito telefonato a Conte.

D. Ma la situazione è drammatica?

R. Può diventarlo se quel che rimane dell'establishment italiano si divide, come mi sembra stia facendo, e appoggi la situazione tedesca, ossia l'idea di lasciar fallire l'Italia. Hanno il loro più illustre rappresentante in Monti che non l'ha nascosto: ha evocato addirittura nell'Aula del Senato il possibile arrivo della Troika. Invece c'è bisogno di unità nazionale che non vuol dire condividere le idee dei 5stelle o della Lega, ma vuol dire fare muro per la salvezza dell'economia italiana. Non dovrebbero essere così strano richiederla.