POLITICA. Il governo Conte vuole adesso introdurlo dopo quello retributivo e quello contributivo

Categoria: Italia

Pensioni, criterio vendicativo. Molti gli ostacoli di tipo giuridico e contabilistico

di Domenico Cacopardo  27.6.2018 www.italiaoggi.it

Commenti 1

Nei prossimi giorni, dichiara il ministro del welfare e dello sviluppo economico Luigi Di Maio, il governo approverà un decreto per il taglio delle pensioni d'oro, quelle superiori, cioè, ai 4.000 o ai 5.000 euro mensili lordi. Oltre che per l'abolizione dei vitalizi. Messa in questi termini (approssimativi e dilettantistici) la questione presenta problemi e difficoltà serie e giuridicamente insuperabili. Partiamo dalla coda, dall'abolizione dei vitalizi degli ex parlamentari e degli ex consiglieri regionali. Non c'è dubbio che l'idea che presiede a questo orientamento è un'idea punitiva del vecchio personale politico, quello cioè che dopo qualche legislatura di onorato (sino a prova contraria) servizio a servizio del paese, s'è ritirato dalla politica. Al raggiungimento dell'età pensionabile, questi cittadini della Repubblica italiana hanno iniziato a percepire un assegno pensionistico, denominato vitalizio, dall'entità variabile in ragione del numero di legislature compiute.

Non c'è nulla di razionale in questa abolizione. E nella fine del finanziamento pubblico della politica, a suo tempo introdotto come misura etica volta a sottrarre chi si presta al servizio della comunità dal bisogno di guadagnare altrimenti i quattrini necessari per il suo mantenimento e quello della sua famiglia. E per consentire ai partiti, associazioni libere previste in Costituzione come soggetti per la mediazione istituzionale delle esigenze popolari con le concrete possibilità di soddisfarle, di vivere e di sopravvivere. Se ci sono stati (come ci sono stati) abusi e distorsioni, su di essi occorreva operare non sull'istituto in quanto tale. Fra l'altro, il numero dei percettori di questi assegni è piuttosto ridotto e in costante diminuzione. Effetti sulla finanza pubblica pari a zero.

Nei casi di sommatoria di trattamenti pensionistici si applicano le norme sulla tassazione progressiva che giungono a tagliare di oltre il 50% il complesso delle somme percepite. Quindi, la loro soppressione è manifestazione di tirannia e di vendetta sociale, e come tale viene sostenuta (una sorta di offa donata alle tricoteuse dei nostri giorni, la francesi che accomodatesi vicino alla ghigliottina continuavano a fare la maglia mentre le test cadevano).

I problemi delineati per i vitalizi sono nulla rispetto ai problemi che insorgono sull'ipotizzato taglio delle pensioni d'oro (un'accezione degna del peggior Beppe Grillo, giacché introietta una sorta di condanna morale nei confronti dei percettori di pensioni legalmente erogate e riscosse sulla base delle leggi vigenti e del lavoro svolto in posizioni di responsabilità). Prima di tutto, il governo dovrebbe chiarire a se stesso la soglia al di là della quale si procederebbe al taglio: il che non è indifferente. In secondo luogo, come si deve giudicare uno Stato che punisce i cittadini che legalmente e in base alle attività svolte e al numero di anni in cui le hanno svolte percepiscono pensioni di molto superiori alla media?

A detta del ministro Di Maio le somme che sarebbero così recuperate sarebbero destinate all'incremento degli assegni pensionistici più magri.

Insomma, la pensione del rettore dell'università sarebbe stornata per il mantenimento di un cittadino che non ha lavorato o che ha lavorato poco e in posizioni irrilevanti. C'è un altro aspetto della questione che non va dimenticato. Il vecchio sistema pensionistico era di tipo retributivo. La pensione era calcolata sugli ultimi stipendi e poi sulla media degli ultimi anni di attività. Ovviamente, il sistema non poteva reggere, vista la sproporzione tra contributi versati e prestazioni. Anche se correttivi importanti erano stati inseriti per evitare un eccesso di sperequazione. Perciò, è stato introdotto il sistema contributivo, per il quale ogni lavoratore ha la sua partita previdenziale, nella quale affluiscono ogni mese i contributi versati a suo nome dal datore di lavoro. La pensione, quindi, viene calcolata sulla base dell'accantonamento e la gestione del sistema dovrebbe essere in equilibrio.

Al momento, tuttavia, una percentuale significativa di pensionati gode di assegni calcolati con un metodo misto, in parte retributivo, in parte contributivo.

Una via d'uscita alla crisi dell'Inps (ma non è questo il problema del governo che non teme le uscite ma pensa solo ad allargarle) potrebbe essere quella di ricalcolare tutte le pensioni in essere col sistema contributivo. Ma in questo caso, ci troveremmo di fronte a due sorprese: la prima deriva dal fatto che sino alla costituzione dell'Inpdap (previdenza enti pubblici, poi confluito nell'Inps), l'apposita direzione generale del ministero del tesoro non aveva una contabilità degli accantonamenti pensionistici. Quando il signor Rossi doveva andare in quiescenza, l'ufficio rilevava gli ultimi stipendi e stabiliva il pertinente trattamento pensionistico. Quindi, la ricostruzione di ogni posizione contributiva pre-Inpdap è impossibile. La seconda sorpresa investe il livello delle pensioni d'oro: in molti casi, soprattutto per coloro che hanno una lunga attività (oltre i 40 anni), effettiva e virtuale (riscatti dei periodi universitari e militari) il ricalcolo dell'assegno comporterebbe un aumento della sua entità.

In definitiva, va considerato che (come rilevava di recente Roberto Pessi, ordinario di diritto del lavoro nell'Università Luiss di Roma) intervenendo sulle pensioni come prospettato dal governo si inciderebbe sul principio dell'affidamento, cardine costituzionale dei rapporti tra Stato e cittadini e tra i cittadini: in base a esso, ogni legittima aspettativa e ogni diritto porta seco un «impegno», prima di tutto etico e poi concreto, a mantenere la parola data, che lo Stato dà con atti di legge o aventi valore di legge. La frattura del principio dell'affidamento è un irreparabile vulnus allo Stato di diritto. La Costituzione, inoltre, prevede che l'unica via perequativa legittima consiste nella progressività delle imposte dirette. Dei diritti aquisiti non parliamo, anche se, alla fine, essi torneranno alla ribalta nelle aule giudiziarie.

Un'ultima considerazione: la Costituzione onora il valore del lavoro. Solo chi non ha mai lavorato in vita sua può disonorarlo. Solo chi non ha mai lavorato in vita sua ignora il significato, anche morale, di impegnarsi in un'attività. Se un ascensore sociale deve essere restaurato, esso va trovato nel lavoro. La via per il Venezuela non è né remota né impossibile. È facile e vicina.

Commento 

Pens. Che poi su 1440 vengono ritoccate 1338 per risparmiare 40 milioni ! Invidia vendetta populismo.