L’apocalisse economica è alle porte: ecco la strategia di Bannon e dei sovranisti per prendersi l’Europa

Categoria: Italia

 Steve Bannon, guru dei sovranisti planetari, arriva a Roma e parla di un’apocalittica crisi economica alle porte.

di Flavia Perina 24 Settembre 2018 - 06:00 www.linkiesta.it

La nuova arma del populismo, dopo la “sostituzione etnica”, per spaventare l'opinione pubblica, è servita. Il nuovo nemico? Il partito di Davos

Dunque, dice Steve Bannon, «L'inverno sta arrivando». È una citazione tratta dalla popolarissima serie televisiva “Il Trono di Spade” e non parla propriamente di meteorologia. L'inverno evocato dalla fiction è l'annientamento finale del mondo come lo abbiamo conosciuto, la scomparsa dei popoli e delle dinastie e la loro trasformazione in schiavi di oscuri signori del ghiaccio chiamati Estranei.

Bannon ha usato la metafora davanti alla platea della festa FdI di Atreju e nelle numerose interviste che ha rilasciato in questi giorni per indicare l'avvicinarsi di una nuova crisi economica planetaria, che sarebbe ormai alle porte. Sarà peggio di quella del 2009. Miliardi in fumo. «La fine della razza umana» (testuale, dal resoconto Agi) perché quelli di Davos – gli Estranei del caso, par di capire – «mirano a creare in Occidente una nazione di zombie».

L'ex consigliere di Donald Trump, insomma, indica al mondo dei sovranismi europei con il quale ha già intessuto ottimi rapporti, una nuova strategia del terrore: non c'è più da temere solo l'invasione africana, il Piano Kalergi, la sostituzione etnica. «La mescolanza del nostro colore, le nostre tradizioni, la nostra cultura nazionale con quelle di altri» (Victor Orban). Lo spostamento di risorse dai residenti agli immigrati (Marine Le Pen). «L'overkilling di leggi e regole economiche astruse che bloccano lo sviluppo economico europeo» (Sebastian Kurz). No, qui c'è alle porte un'altra Grande Recessione come quella dalla quale siamo appena usciti, anzi più grave e definitiva, e i brividi delle platee sono comprensibili anche per l'allure di competenza che circonda Bannon, uno che rigira da un decennio il pentolone dell'alt right americana e di sicuro – si dice l'ascoltatore medio - ha relazioni, informazioni, conoscenze a cui attingere.

Non c'è più da temere solo l'invasione africana, il Piano Kalergi, la sostituzione etnica. Lo spostamento di risorse dai residenti agli immigrati (Marine Le Pen). «L'overkilling di leggi e regole economiche astruse che bloccano lo sviluppo economico europeo» (Sebastian Kurz). No, qui c'è alle porte un'altra Grande Recessione, sostiene Steve Bannon

Il nuovo millenarismo avrebbe anche aspetti divertenti se non ci fosse il serio rischio che larghe aree elettorali lo prendano sul serio. L'idea che un giornalista cacciato dalla Casa Bianca venga qui, tra di noi, a diffondere una versione 2.0 dell'eresia apocalittica duemila anni dopo la medesima, sembra, appunto, più degna di una serie comica tv che di un dibattito politico. Perché dovrebbe esserci questa apocalisse, perché questi di Davos dovrebbero voler morto l'intero continente se lo sfruttano con tanto vantaggio da tanto tempo?

Magari Bannon ha scambiato Roma, Parigi, Berlino, e persino Budapest, per le omonime cittadine della provincia americana, ma qui la fase Streghe di Salem l'abbiamo superata da un pezzo, e se davvero vuole diffondere oscuri terrori in materia economica dovrà spiegarlo meglio: l'unico vero rischio che al momento si intravede sono le conseguenze dei dazi del suo amico Donald Trump e quelle di un mancato accordo sulla Brexit voluta dal suo amico Nick Farage.

E tuttavia l'americano a Roma piace, prende applausi. Ai sovranisti risulta seducente l'idea di rituffarsi in una nuova Guerra Fredda o Calda che sia, con questo misterioso Partito di Davos al posto dei cosacchi comunisti. Fra l'altro, fornisce uno schema generale alla gara per le prossime europee, che oggettivamente non può essere vinta solo sul problema dell'immigrazione, visto anche il drastico calo degli sbarchi e dei trasferimenti interni.

E non a caso è la destra di Giorgia Meloni la prima ad alzare la bandiera Bannonista – mentre al momento la Lega mantiene una certa cautela – perché nella narrazione dell'uomo ritrova un gioco novecentesco che conosce bene, e che può tornare a giocare superando anche qualche mugugno del suo mondo su questo predicatore a Stelle e Strisce («Alla fine, Ezra Pound in gabbia ce l'hanno messo loro», ha scritto qualcuno su Facebook).

Parlare agli europei come se fossero ancora all'Anno Mille difficilmente sarà un'operazione fortunata

E tuttavia senza carri armati, gulag, rivolte sedate nel sangue, è difficile che questo upgrade dell'anticomunismo possa funzionare più di tanto. L'Europa, Bannon permettendo, è un continente con un tenore di vita ancora assai alto, le migliori garanzie del mondo per chi lavora, il welfare più generoso nonostante i tagli, con una cultura generale elevata, e in questa Europa – alla fine – ci abbiamo vissuto e ci viviamo tutti piuttosto bene: parlare agli europei come se fossero ancora all'Anno Mille difficilmente sarà un'operazione fortunata