La strategia di Salvini e Di Maio vista da Tucidide

Categoria: Italia

La regola, dal militare ateniese in poi, dice che lo scontro frontale può sfondare solo se affrontato con realismo e con un piano ragionevole per il dopo. Cosa dire dei nostri vicepremier?

MARIO MARGIOCCO, 14.10.2018 www.lettera43.it

Una delle regole fondamentali della strategia, da Tucidide in poi, dice che lo scontro frontale può sfondare solo se affrontato con realismo, circa le forze in campo, e con un piano ragionevole per il dopo. I sovranisti italiani, la Lega salviniana e il Movimento 5 stelle, più alleati sparsi e occasionali in nome del nazionalismo (Giorgia Meloni), sono andati invece allo scontro frontale con la Ue puntando troppo su un’ipotesi tutta ancora da verificare: lo sfondamento totale delle linee “nemiche” con il voto popolare di fine maggio 2019 per il rinnovo quinquennale del parlamento europeo. E non hanno una strategia alternativa nel caso lo scontro frontale fosse, per loro e per i loro alleati in tutta la Ue, non certo una sconfitta – prenderanno nel maggio prossimo assai più voti che nel 2013 – ma non quella strabiliante vittoria che, come fu per Napoleone ad Austerlitz nel dicembre 1805, riesce a cambiare per anni i rapporti di forza e umilia l’avversario. Se, insomma, alla fine a Bruxelles, pur con tutti gli aggiustamenti e i cambiamenti interni, continuasse a comandare il blocco che comanda adesso.

LE BORDATE E LE PERNACCHIE

Siamo invece a sentire Matteo Salvini e Luigi Di Maio, al «vi caccerremo a pedate perché siete voi i nemici dell’Europa». Quindi, una super Austerlitz. La Commissione ha detto "no" alle linee-guida del Bilancio italiano 2019 e la risposta di Salvini e Di Maio è stata sprezzante: siete fantasmi che camminano. Poi il progetto di Def ha incassato le bordate di no di Bankitalia, Ufficio parlamentare del Bilancio (Upb) , Corte dei Conti, Fmi e mercati, con il rating a quota 300 mentre quando le parole moderate del ministro dell'Economia Giovanni Tria erano ancora credibili tendeva a quota 200. Al tutto si è aggiunta la ferma e giusta opposizione di Tito Boeri, presidente Inps, allo svuotamento della riforma pensionistica legata al nome di Elsa Fornero, e che, dice, farebbe saltare i conti pensionistici. Per tutti, pernacchie di Salvini e Di Maio.

L’opposizione dei corpi intermedi nazionali, giustamente difesi nella loro dignità costituzionale dal presidente della Repubblica, smonta quindi la strategia nazionalista del “noi” contro “loro”, dell’Italia contro Bruxelles, visto che prima ancora c’è un dissidio italiano-italiano. I due vicepremier hanno quindi rinnovato gli attacchi alla Ue. La Commissione del 2019-2024 sarà, dicono, dominata dalle forze sovraniste e populiste. I sovranisti avranno dopo le Europee «il quadruplo della forza avuta in questi anni», ha detto Di Maio. Cioè, il quadruplo degli eurodeputati, si deduce. Cioè, ben più di mezzo parlamento, che di deputati ne avrà 705 invece degli attuali 751, dopo l’uscita della delegazione britannica i cui 73 seggi verranno per due terzi aboliti e per un terzo suddivisi tra Paesi oggi sottorappresentati.

I SOVRANISTI DI OGGI

Tolti i britannici di Nigel Farage e una parte dei conservatori britannici, quelli di sicura fede Brexit, oggi i deputati sovranisti sono sui 100 voti scarsi, articolati soprattutto su due gruppi, più uno “ausiliario”, più un nutrito branco a geometria variabile di “cani sciolti” senza gruppo parlamentare. Non è semplice infatti avere i presupposti necessari, a Strasburgo, per un gruppo autonomo. I due pilastri sono il gruppo Efdd (Europa delle libertà e della democrazia diretta) 43 deputati, che perderà però 18 britannici (16 Ukip più due euroscettici in proprio) e dove i cinquestelle sono 14; e il gruppo Enf (Europa delle nazioni e delle libertà) con 36 deputati di cui 16 lepenisti e sei leghisti italiani. In più, sono da mettere fra gli euroscettici diversi componenti dell’Ecr (Gruppo europeo dei conservatori e riformisti) oggi 73 e che scendono a 55 con la dipartita dei Conservatori britannici, e che chiedono non di fatto l’abolizione dell’Unione ma profonde riforme. Diciamo che calcolare in votazioni cruciali almeno il 50% allineato con Efdd ed Enf è ragionevole. Siamo quindi sui 90 voti, più vari indipendenti siamo a 100-110 voti sovranisti, oggi.

E QUELLI DI DOMANI

Ma sia Salvini che Di Maio danno la Caporetto dei loro avversari da tempo per certa e si muovono in quell’ottica: sarà quello il regolamento di conti finale e, dopo, l’Ue sarà un’altra cosa. Se ci sarà ancora. Questo fa parte del «vinceremo!». Marco Zatterin è stato uno dei pochissimi a sollevare sulla stampa italiana dubbi sulla vittoria, basati su una elaborazione di sondaggi di Politico, che prevede per i sovranisti fino a poco più 200 deputati, ipotesi massima. E ipotesi finora più ottimistica per il fronte sovranista. Altri sondaggi da settimane sostengono infatti che, allo stato attuale, i sovranisti di tutti i 27 Paesi possono arrivare attorno ai 150-160 seggi e su un parlamento di 705 non bastano affatto. Come non bastano i 200. Ma superare quest’ultima asticella avrebbe un chiaro significato psicologico. Comunque, allo stato attuale si può parlare di una forbice di 150-210 invece di 100. Un bel salto, ma non basta. E la vera vittoria sarebbe rinviata al 2029. Vedremo a maggio. Chiaramente la partita è aperta e tra qui e maggio varie cose capaci di influenzare e molto il voto possono accadere.

Mappa Sovranisti Europa ved in sito www.lettera43.it

Poiché sarebbe suicida un’uscita unilaterale dell’Italia dalla moneta unica e dalla Ue, la strategia salviniana sogna uno svuotamento dall’interno del tutto, a partire da un parlamento europeo completamente diverso. Può darsi che accada, ma al momento non è realistico prevederlo. Diverso lo sarà, l’europarlamento, ma non si sa di quanto, e se in misura sufficiente a ribaltare tutto. E la probabilità maggiore è che anche nel 2019-2014 siano ancora popolari, socialisti (entrambi smagriti, e di molto i socialisti) e liberal-centristi eventualmente con l’appoggio dei verdi a dare le carte, e siano governi a netta maggioranza centrista a impostare la Commissione (il parlamento approva o boccia la Commissione proposta dal Consiglio, e può sfiduciarla), dove i nostri gialloverdi rischiano di restare a bocca asciutta. Riusciranno i sovranisti a convergere in un unico gruppo parlamentare? Sarà il più numeroso a Strasburgo? Triplicheranno i voti? Se accade bene, Salvini ha vinto anche in Europa, se non accade è azzoppato.

I DUE PILASTRI SALVINIANI

Oggi il vicepremier leghista ha due pilastri: l’immigrazione, e qui la sua politica è popolare e vincente, e l’ipotesi di uno sfascio europeo, non del tutto gradito però neppure alla più tipica base leghista, ma condizione indispensabile per la vittoria del suo (e di Di Maio) ipernazionalismo peronista italiano (soldi al popolo). Ma se lo sfascio europeo, passaggio obbligato il voto del maggio 2019, non c’è? Salvini potrà sempre rimettere in piedi il centrodestra e con quello guidare una nuova maggioranza non più euroscettica e nazionalista ma eurocritica e collaborazionista. Palazzo Chigi val bene una museruola. Non sarà facile però far dimenticare del tutto e ovunque tre o quattro anni di totale guerra all’Unione. Diverso il caso Di Maio. Il futuro pentastellato è assai incerto visto che il reddito di cittadinanza resterà una chimera, o quasi. E il popolo, senza i soldi o con pochi spiccioli e non pronta cassa, si sente preso in giro. Aspettiamo quindi maggio, anche se molto sotto il bel cielo d’Italia accade ogni giorno e non è affatto chiaro in che condizioni l’Italia arriverà a quella campagna elettorale.

QUEL TIFO PER LA FINE DELLA UE

In prospettiva poi c'è il futuro dell'Europa, dove per motivi non analoghi sia Donald Trump in modo rozzo che Vladimir Putin fanno il tifo per la fine dell'Unione, e noi dobbiamo decidere che cosa abbiamo da guadagnarci. Anche se Salvini per motivi suoi e senza nessun ricorso a consultazioni democratiche su questo, avendo in Trump e Putin due modelli, ha già deciso. E Tucidide? Parlando nel febbraio del 1947 agli studenti di Princeton, l’allora Segretario di Stato George C. Marshall, simbolo del Piano Marshall, dubitava si potesse giungere a idee chiare sui gravi problemi del momento senza avere mai «riesaminato nelle proprie riflessioni» il periodo delle Guerre del Peloponneso e della caduta di Atene. Cioè Tucidide. Cioè l’inizio del pensiero strategico occidentale. Come noto, per Salvini e Di Maio tutto questo è pane quotidiano.