Il Pd vota contro Landini alla segreteria della Cgil

Categoria: Italia

Non lo vuole al vertice perché si schierò aspramente contro il governo Renzi. L’accusa: simpatie grilline. Appoggio invece il suo antagonista

di Carlo Valentini 17.10.2018 www.italiaoggi.it

Il flirt era durato qualche mese poi le strade di Matteo Renzi e di Maurizio Landini si erano aspramente separate, fino a toccare punte di dissenso acerrimo. Landini arrivò a dire: «Sul lavoro il governo Renzi è peggio di quello Berlusconi». Nella campagna elettorale per il referendum sulla riforma della Costituzione, Landini si schierò a favore del No, provocando il risentito commento di Renzi: «Bisogna cambiare le cose, invece difendi i privilegi della politica».

Oggi Renzi non è più segretario Pd mentre Landini si appresta (salvo sorprese) a diventare segretario della Cgil (con l'appoggio di Susanna Camusso). Ma l'ex segretario Pd non dimentica e siccome è ancora assai influente ha portato il suo partito a killerare l'aspirante numero uno della Cgil. Quello del Pd è un intervento a gamba tesa perché avviene nel clou della campagna precongressuale cigiellina, mentre si stanno svolgendo centinaia di assemblee e il confronto tra Landini e il suo antagonista, Vincenzo Colla, si fa serrato. Quindi il Pd cerca di rimescolare le carte all'interno del sindacato in modo da rendere accidentato il cammino di Landini. Tra l'altro non si tratta di dichiarazioni di questo o quel dirigente di matrice renziana ma della presa di posizione ufficiale di Democratica, il sito di informazione del partito, che ha sostituito l'Unità.

Quindi secondo l'organo d'informazione piddino: «I giochi non sono fatti. Tutto è ancora possibile ma è chiaro, le chances di Landini sono cresciute (dopo l'outing della Camusso a suo favore, ndr). D'altra parte Landini lavora da due anni all'obiettivo di conquistare la poltrona più importante della Cgil: ed era dunque vero che non ci pensava affatto a entrare in politica malgrado le sue incalcolabili performances televisive facessero pensare il contrario e così anche lo scombiccherato tentativo della Coalizione sociale, embrione subito auto-soffocato di una nuova formazione politica di sinistra. Nel mare magnum della Cgil, Landini è molto amato e molto odiato perché radicale con tratti populisti. Un sindacato storicamente riformista come la Cgil, ancorato alla pratica della trattativa e sempre memore degli interessi generali, non molti anni fa avrebbe confinato il «landinismo» in minoranza ma è pur vero che tutto è cambiato e nella difficoltà epocale del riformismo è venuta avanti nella società la pulsione populista ed estremista che è giunta persino al governo del Paese. Perché la Cgil non dovrebbe mutar pelle? Su questo fa leva l'ex capo dei metalmeccanici Fiom, mentre Colla è dipinto come più attento alle più tradizionali e forse più fruttuose pratiche riformiste e contrattualiste».

Quindi per il Pd la vittoria di Landini disegnerebbe un sindacato populista-sovranista, roba da fare gongolare Matteo Salvini & Co. Non a caso si insinua un futuro di «Cgil giallorossa». Nicola Zingaretti ha preferito rimanere abbottonato e non esprimersi sulla presa di posizione del Pd, certo si tratta di un siluro lanciato a freddo e bisognerà verificare cosa andrà realmente a colpire. Tra l'altro nel caso Landini sarà eletto, non risulterà facile riallacciare i rapporti tra il Pd e il sindacato.

Continua il sermone piddino anti-Landini: «Ecco dunque disegnarsi, con Landini, un sindacato giallo-rosso. Con quei mondi Landini ha condiviso la durissima opposizione al governo Renzi, alla legge Fornero, al jobs act. Quindi una Cgil più contigua, o meglio più in sintonia con il governo giallo-verde. Da anni simbolo dell'anima più radicale, l'ex leader della Fiom potrebbe infatti costruire una Cgil in sintonia con il mondo grillino e, insieme, all'area multiforme e priva di un punto di riferimento che sta alla sinistra del Pd. Ecco perché giallo-rosso. Ma attenzione, però. Il movimentismo dell'ex leader della Fiom non esclude un pragmatismo molto emiliano (Landini è nato nella provincia di Reggio Emilia, ndr) che al tavolo delle trattative lo mostra in tutt'altri panni: è il Landini che firma accordi durissimi per i lavoratori se questo serve a salvare le aziende».

Insomma sarebbe meglio che nei congressi i voti andassero a Colla e il Pd cerca di galvanizzare gli anti-Landini: «Con Landini avremmo una Cgil completamente diversa. Ma ancora non ha vinto la battaglia».

Il messaggio è anche rivolto ai tesserati Pd iscritti alla Cgil: l'ordine di scuderia è schierarsi compatti contro il sindacalista che a suo tempo ammonì Renzi: «Se un governo che dice di essere di sinistra fa delle cose di destra, come sta facendo Renzi, il risultato è che allontana le persone dal voto e fa rinascere un'idea di destra nel Paese. La responsabilità che si sta assumendo il governo è molto pesante». E Renzi, da parte sua: «Ho visto Landini in uno studio tv, era l'ottava volta che ci andava in una settimana, e non sapeva che nella legge di stabilità abbiamo messo misure fondamentali per agevolare l'assunzione a tempo indeterminato. Non hai letto la legge di stabilità, fai il sindacalista, ti sei trasformato in soggetto da talk show».

Con questi precedenti è ovvio che il Pd, o almeno la componente renziana, veda come fumo negli occhi l'ascesa di Landini al potere Cgil. Il congresso si svolgerà dal 23 al 25 gennaio 2019. Landini ha appeso al chiodo la felpa rossa (è Salvini che lo ha copiato, colore rosso a parte), ricordo di quando entrò come saldatore nella sua prima fabbrica. Allorché è stato alla guida della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici, ha battagliato anche con la Camusso, accusata di moderatismo. Con un gioco delle parti che non riguarda solo i partiti, adesso la Camusso tifa per lui e lo dice facendo, per altro, arrabbiare l'altro pretendente, che non a caso chiede più chiarezza: «Non nascondo», dice Colla, «che mi ha fatto un certo effetto vedere il ministro Paolo Savona sul palco delle Giornate del lavoro della Cgil. Il suo piano B per l'uscita dell'Italia dall'Europa è quanto di più distante dalle nostre posizioni e convinzioni. È soprattutto quanto di più distante da quello che serve al Paese. Il dialogo è nella natura del sindacato e secondo me va ricercato sempre e con tutti. Lo stesso vale però anche per l'autonomia dalla politica. L'abbiamo avuta con il precedente governo, dobbiamo continuare ad averla anche con quello in carica». Perciò niente inciuci col governo gialloverde, con buona pace di Landini e gli applausi del Pd.

Twitter: @cavalent