Che significa essere a rischio di povertà o di esclusione sociale?

Categoria: Italia

Il servizio statistico dell’Unione europea Eusostat ha appena pubblicato le statistiche sulle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell’Ue

PAOLO MAGLIOCCO 17/10/2018 www.lastampa.it

Il servizio statistico dell’Unione europea Eusostat ha appena pubblicato le statistiche sulle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell’Ue . I dati mostrano che l’Italia è il Paese che mostra in termini assoluti la situazione peggiore con oltre 17 milioni di persone in questa condizione, pari a quasi il 29% della popolazione, cioè ben più di una persona su quattro.

In termini percentuali, però, la situazione è peggiore in Bulgaria (addirittura il 38,9% cioè quasi due persone su cinque), Romania e Grecia (35,7 e 34,8% cioè una persona su tre), Lituania (29,6%). Nella Repubblica Ceca, invece, le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale registrano le quote più basse della Ue e sono appena il 12,2%, in Finlandia il 15,7% e in Slovacchia il 16,3%.

A produrre queste cifre e queste percentuali contribuiscono tre forme diverse di difficoltà non solo economiche, che Eurostat registra anche separatamente e che non si sommano tra loro, perché in parte si sovrappongono una all’altra. Basta però rientrare in una delle tre categorie per essere considerati a rischio di povertà o di esclusione.

In primo luogo ci sono le persone che sono a rischio di povertà dal punto dei soldi che entrano in casa. In questa categoria compaiono tutti coloro che fanno parte di famiglie che non riescono ad arrivare almeno a una certa soglia di reddito. Questa soglia è calcolata in modo particolare: si prende il valore che divide la popolazione in due, tra chi guadagna più di questa cifra e chi guadagna meno.

Questo reddito, chiamato mediana, separa dunque gli abitanti di un Paese esattamente tra un 50% che lo raggiunge e un altro 50% che non ci arriva. Poi si calcola il 60% di questo valore e chi non riesce a raggiungere neppure questa cifra viene considerato a rischio di povertà. A complicare le cose c’è il fatto che i conti vengono ripetuti per tutte le famiglie a seconda del numero di componenti, seguendo l’idea che mano a mano che una famiglia è più numerosa la cifra necessaria per mantenere ogni persona diminuisca.

Le persone a rischio di povertà sono la parte più consistente: tra gli italiani superano il 20%, cioè una persona su cinque, mentre nel’Unione europea rappresentano una persona su sei.

Il secondo indicatore prende in considerazione le persone che sono in una situazione di «grave deprivazione materiale». In questo caso non è il reddito che viene preso in considerazione, ma la situazione in cui le persone vivono: se abitano in case che sono riscaldate in modo adeguato, se possono permettersi una lavatrice, un’auto, il telefono, se riescono a pagare le bollette e fare pasti adeguati.

Questa è la componente più piccola, per fortuna, ma anche quella in cui le differenze tra un Paese e l’altro sono più forti. La media è del 7% per la popolazione dell’Ue, ovvero una persona su 14. Però in Bulgaria si arriva al 30% degli abitanti in grave deprivazione materiale, mentre in Svezia si scende all’1,1% e in Italia si supera il 10%: in Italia ci sono persone in questa situazione quasi dieci volte più numerose come percentuale sul totale rispetto alla Svezia.

La terza componente dell’indice sintetico calcolato da Eurostat è quello delle persone che vivono in famiglie con una bassa intensità di lavoro. Significa che in quella famiglia le persone in età lavorativa in realtà hanno lavorato molto poco. più in dettaglio, vuol dire che in quella famiglia coloro che hanno tra i 18 e i 59 anni (ma escluse le persone che studiano e che hanno meno di 24 anni) hanno lavorato in media il 20% di quello che avrebbero potuto. Cioè hanno lavorato meno di un giorno alla settimana, tolti i sabati e le domeniche. Vivono così il 9,3% dei cittadini dell’Ue e l’11,8% degli italiani.