Il sindaco di Palermo è famoso per aver attaccato tutti, compresi Berlinguer e Falcone

Categoria: Italia

Montanelli disse che Leoluca Orlando è una mezza figura che non ha mai fatto nemmeno solletico ai capi della Mafia

di Pietro Mancini, 5.1.2019 www,italiaoggi.it

Leoluca Orlando Cascio, 71 anni, dal giugno 2017, sta esercitando il suo sesto mandato (non consecutivo) di sindaco di Palermo e dal 7 giugno 2016 è anche Presidente della città metropolitana del capoluogo. Dal 2014, è il presidente siciliano dell'Associazione nazionale comuni italiani. È stato parlamentare regionale, nazionale ed europarlamentare. Fondatore de La Rete, ha coordinato l'Italia dei Valori di Tonino Di Pietro.

Giovane dc, discendente, come Sergio Mattarella, da una famiglia di maggiorenti dello Scudo crociato, figlio dell'avvocato Salvatore Cascio, legale di numerosi boss, studi giuridici in Germania, Orlando fu allievo e consigliere di Piersanti Mattarella. Dopo l'assassinio, nel 1980, dell'allora presidente della Regione Siciliana, fratello dell'attuale Capo dello Stato, il rampante Leoluca si ribellò contro i Lima, i Gullotti, i Gioia e gli altri capi della «Balena bianca». Ai giornalisti amava dichiarare :»Mi sono abituato all'idea di morire giovane e ci convivo serenamente».

L'«Orlando furioso», che intende guidare, con Gigino de Magistris, il nuovo Masaniello di Napoli, la rivolta dei «cacicchi rossi» (come D'Alema definì i sindaci di sinistra) contro il decreto-sicurezza dell'odiato ministro Matteo Salvini, firmato da Mattarella, si è posto al timone di una nuova «gioiosa macchina da guerra», come definì l'alleanza dei progressisti. Quello schieramento incassò una rovinosa sconfitta da Silvio Berlusconi, alle elezioni politiche del 1994.

«O Sinnacu», come lo chiamano nei quartieri popolari, ha menato, in più di 30 anni, fendenti terribili ai suoi numerosi avversari. Non ha risparmiato Achille Occhetto, quando il nemico di D'Alema fu spedito in Sicilia dal segretario del Pci, Berlinguer, Giovanni Falcone (che accusò, in Tv, di aver insabbiato delicate inchieste sui rapporti tra politici e mafiosi) l'editrice palermitana, donna Elvira Sellerio, il gesuita padre Bartolomeo Sorge e l'allora Presidente della Regione, Giuseppe Campione, sostenuto da una maggioranza Ds-Pds.

Orlando è stato, sempre, molto abile nel riuscire a ritagliarsi un ruolo politico nazionale nella scia della sua, peraltro molto discussa, esperienza di Capo della giunta della «Primavera» di Palermo, dal luglio '85 al maggio '90. Ma la sua fama di intrepido simbolo della Sicilia degli onesti, di coraggioso eroe anti-clan ha subito pericolose incrinature.

Prima, Indro Montanelli lo bocciò come «una mezza figura, che non ha fatto neppure il solletico ai capi di Cosa Nostra». E il numero uno dei nemici del sindaco ex dc, negli anni 80 e 90, Giulio Andreotti - poi finito nel mirino del Procuratore di Palermo, Caselli, che lo portò alla sbarra, come presunto colluso con le cosche e baciatore di Totò Riina (assoluzione e prescrizione, per i reati precedenti al 1980) - chiese, con graffiante sarcasmo: «Da Capo del municipio, Orlando ha fatto una denuncia contro qualcuno ?».

I pessimi rapporti tra Leoluca e Martelli, vicesegretario del Psi di Craxi, risalgono al 1987, quando Bettino catapultò Claudio in Sicilia, come capolista, alle elezioni politiche. L'attacco martelliano al Sindaco fu così violento che qualcuno manifestò il dubbio che i craxiani rimpiangessero i tempi, nefasti per Palermo, dell'egemonia politica degli andreottiani don Salvo Lima e don Vito Ciancimino, due discussi personaggi, ritenuti legati a Cosa Nostra, che eliminò, nel 1992, l'europarlamentare dc. Anche a costo di essere definito un khomeinista, per le sue posizioni radicali e per la violenza del linguaggio, l'allora leader della Rete non lesinò critiche neppure a politici, nei primi anni 90 considerati innovatori : Bossi, Segni e Giorgio La Malfa.

Un ex deputato di Palermo, della sinistra dc, che è vicino a Sergio Mattarella, Vito Riggio, spiega che Orlando agisce così perché, anche quando sbaglia, e gli capita stesso, «ne ricava fama di incorruttibile, che non crede all'intoccabilità di alcun santuario». «Vogliamo essere giacobini oggi per governare domani»: è stato uno degli slogan del primo cittadino, che condivise, per una lunga fase, il giustizialismo con don Ennio Pintacuda, uno dei «professionisti dell'Antimafia», come Leonardo Sciascia definì il gruppo, ispirato da Orlando e dal gesuita. Alla fine degli anni 90, «O Sinnacu» ruppe anche con il religioso, che passò con il centrodestra, dopo aver condiviso la lunga fase del sospetto considerato «l'anticamera della verità».

Filippo Ceccarelli, commentatore de la Repubblica, che si è occupato di Orlando nel suo documentato libro Il potere in Italia. Da de Gasperi a questi qua, ha definito «Palermo», l'autobiografia, vergata dal sindaco, un «racconto autocentrico di oggettiva megalomania e, nel contempo, di generoso candore».

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