È il governo gialloverde che, incapace di scegliere, procede con delle continue sterzate

Categoria: Italia

Un'auto guidata da un ubriaco

Manca anche lo stimolo di un'opposizione Pd che è comatosa

di Domenico Cacopardo 12.1.2019 www.italiaoggi.it

La reazione di Matteo Salvini non poteva mancare ed è arrivata meno di 24 dopo la resa a Giuseppe Conte, Luigi Di Maio (Davide Casaleggio) su 15, diconsi 15, migranti. Suo l'errore di averne fatto la linea del Piave. Altrui l'errore di averlo pubblicamente umiliato, nei confronti dei suoi elettori e simpatizzanti, proprio mentre era da Jarosaw Kaczyski capo del partito Pis, Diritto e Giustizia e padrone del vapore polacco, per definire un'alleanza sovranista nell'ottica delle prossime elezioni europee. C'erano, infatti, vari, troppi dossier sul tavolo del presidente Conte (a torto considerato la rivelazione politica del momento) e tutti vitali, tranne uno (pensioni: quota 100), per i 5Stelle e loro mandanti.

Il fatto è che la presenza grillina al governo è gestita con la tecnica della pentolaccia: tutti accecati a menare un bastone al fine di rompere, appunto, la pentolaccia del sistema, senza valutare impossibilità, contraddizioni e autolesionismi vari. La teoria dell'«albero delle decisioni» diventa sempre più attuale e chissà cosa accadrebbe se qualcuno dei comunicatori a 5Stelle ci si dedicasse per qualche minuto. In due parole, secondo l'albero delle decisioni se vai all'università e ti iscrivi a ingegneria, ti sarai collocato sul ramo «ingegneria». Se, a un certo punto, vuoi fare medicina non puoi continuare nel tuo ramo, devi tornare indietro, al tronco e ricominciare da capo.

Insomma, l'essere al governo obbliga a non comportarsi come quando in piazza o in parlamento urlavi insulti feroci ai tuoi concorrenti. I cambi di fronte o di tattica di Di Maio e soci sono sempre controproducenti e danno agli italiani l'idea di un auto (l'Italia) alla cui guida ci sono alcuni ubriachi che vanno avanti a forza di sterzate. Ora, è stato semplice per Salvini azzannare la giugulare di Di Maio e di Conte: è bastato annunciare la discesa in piazza sulla Tav, l'appoggio al referendum Tav-Sì/Tav-No di Chiamparino, tirare il freno sul reddito di cittadinanza e opporsi all'emendamento No-triv (una demenziale iniziativa, per un paese che ha bisogno assoluto di energia e che vede i suoi amici croati, montenegrini, albanesi e greci darsi da fare alla ricerca del gas e del petrolio nascosto nei fondali adriatici), per gettare nel panico gli strateghi (si fa per dire) alleati di governo sino a spingere il «capo» Di Maio a cancellare un annunciato viaggio negli Usa (della serie «Non tutti i mali vengono per nuocere»).

Queste settimane vedono e lo vedranno ancora di più le prossime, ampliarsi le polemiche e i contrasti all'interno del mondo grillino, devastato dal contrasto tra azione di governo e attese di una base drogata da promesse non mantenibili e non adeguatamente diretto dal duo Casaleggio-Di Maio cui manca la materia prima indispensabile per dirigere ciò che, con un insperato colpo di fortuna, hanno costruito. Ma, se Sparta piange, Atene non ride.

Anche Salvini deve fare i conti con i suoi. Gente come Luca Zaia, Roberto Maroni (in panchina ma non in pensione) e gli altri che tengono il filo diretto con i ceti produttivi del Nord non aspetta decisioni che vadano nella direzione opposta a quella che gli elettori desiderano o vogliono. Ma qui l'aggiustamento è più semplice, poiché la Lega è un partito strutturato e adeguatamente stratificato con un ceto dirigente reso esperto da decenni di governo nazionale, regionale e comunale.

Dell'opposizione non c'è nulla da dire. Allo stato, a parte Zingaretti (il cui programma è un umoristico elenco di buoni propositi, costosi e irrealizzabili) la cui eventuale presenza non impensierisce nessuno, non si vede traccia di leader e di leadership.

Qualcuno, prima o dopo, batterà un colpo. C'è da sperare, per il Paese, che non sia troppo tardi.

Domenico Cacopardo www.cacopardo.it

© Riproduzione riservata