Dalla minaccia dell'uscita dall'Ue fino alla monetizzazione del debito. Le ricette del leghista non solo sono illogiche, ma porterebbero il Paese alla rovina.
MARIO MARGIOCCO, 16.2.2019 www.lettera43.it
Non vale la pena stare a sentire quello che dice Claudio Borghi Aquilini, una delle persone più singolari e sconcertanti che la politica italiana abbia mai messo in circolo. Quasi tutte le tesi – salvo quelle contrarie a Costituzione e Codice penale - sono sostenibili se hanno una logica interna, elemento non sufficiente a renderle accettabili, ma che garantisce il loro autore dal sospetto di follia o di totale assenza di credibilità. Un test che Borghi ancora una volta, e più ancora del solito, non ha superato.
TRA PROMESSE IRREALISTICHE E CONCLUSIONI FANTASIOSE
Il punto è sempre l'Unione europea e, in sottinteso questa volta, l’euro. Partecipando il 15 febbraio a un convegno Cisl, Borghi ha definito «fallimentare per l’Italia» il progetto Ue. Ha detto che regole uguali per tutti non tengono conto delle differenze nazionali. Che la Germania trae indebiti vantaggi (solo qui c’è qualche verità, ma Borghi non va per il sottile) tra cui quella di finanziarsi a costi del 3% inferiori ai nostri. «Abbiamo perso due decenni e li abbiamo buttati». Tutta colpa della Ue insomma e di quanti alla Ue non si sono opposti, se ne deduce. «Se la Ue invece di dire all’Italia di fare zero deficit valutasse quale è il Paese più in recessione e consentisse a quello di fare più deficit sarebbe un ambiente meno tossico». Si continua sullo stesso tono, parole che partono da premesse irrealistiche (e dov’è il debito pubblico?), sbagliate e arrivano a conclusioni puramente fantasiose (l’Italia farà da se). Già, il Regno Unito è in guai neri perché non sa come «fare da sé», pur non avendo da gestire l’uscita anche dall’euro nel quale non è mai entrato, e per noi invece sarebbe una passeggiata trionfale.
NON CRESCIAMO? PER IL GOVERNO LA COLPA È DELLA UE
L’economia va male, ovunque in Europa e di più in Italia, le promesse di una finanziaria che avrebbe fatto faville, il «mettiamo soldi nelle tasche degli italiani e vedrete che aumento del Pil» ripetuto da Matteo Salvini anche pochi giorni fa, non funziona. Le mirabolanti promesse di un reddito penstastellato che genera ricchezza nazionale di Luigi Di Maio sono ancora più fasulle. E allora si rilancia il colpevole: la Ue che non ci fa crescere, da 20 anni. Colpe nostrane? Nessuna. E allora la conclusione alla Borghi: «Penso che questa opportunità sia l’ultima. Se a seguito di queste elezioni (le Europee di maggio, ndr) ci saranno i soliti ‘mandarini’ guidati dalla Germania a guidare le politiche economiche, sociali e migratorie, a uso e consumo di Berlino e a nostro danno, io dirò di uscirne». Ma i sovranisti non dovevano, non devono stravincere come ancora profetizza Salvini? Anche Borghi si è accorto che, sondaggi alla mano, una vittoria travolgente dei sovranisti Ue a maggio sembra improbabile. E queste uscite cercano di preparare il terreno.
ANATOMIA DEL BORGHI-PENSIERO
Prima di vedere l’illogicità interna di queste emissioni verbali occorre vedere in sintesi il Borghi-pensiero, che è centrato sul concetto di sovranità nazionale. Venerdì non ha parlato di euro, che è stata la massima rinuncia in termini di sovranità nazionale. Usciamo dall’euro, riprendiamoci la Banca d’Italia libera dalla Bce, togliamo alla Banca d’Italia l’autonomia del 1981 e costringiamola a sottoscrivere il debito pubblico invenduto, e abbiamo quasi risolto i nostri problemi. Di questo si tratta. Il debito infatti si blocca grazie alla creazione di moneta, cosa che la Bce ha fatto con il Quantitative easing e dovrebbe continuare a fare, in eterno si direbbe nel caso italiano. Se non lo fa, questa la mossa ricattatoria, allora dobbiamo uscire. E adesso, ha detto Borghi alzando il tiro, anche dalla Ue se non riusciamo (sarà difficile, ndr) a conquistarla e cambiarla dall’interno.
LA MONETIZZAZIONE DEL DEBITO È UNA ROVINA
È la ricetta per una rovina della moneta nazionale, la nuova lira, e non è il caso di spiegare perché. La monetizzazione del debito è sempre tragica se non in condizioni specifiche e per tempi molto brevi e con altre cautele, soprattutto se fatta da un Paese con il debito sovrano e la storia monetaria non perfetta dell’Italia. Una ricetta per la rovina. Basti citare i casi della Repubblica di Weimar e dell’Argentina dopo Perón, che proprio sulla monetizzazione del debito basò le sue irrealistiche politiche di sviluppo e di spesa sociale. Ma questo Borghi ha in mente. Lo ha detto fino alla noia. Non ha mai avuto credibilità, con queste panzane, ma qualcuno gli ha dato potere. E lo usa adesso come kamikaze, anche con le sparate di venerdì.
Borghi è come quegli ultrà che si mandano sotto la porta avversaria a dire al portiere che sua moglie lo cornifica, così per innervosirlo
FUORI DALL'EURO IL COSTO DEL DEBITO SAREBBE PROIBITIVO
L’inconsistenza interna di quanto detto da Borghi al convegno Cisl sta in due realtà ignorate: primo, il debito italiano che rende impossibile all’Italia finanziarsi a costi analoghi a quelli tedeschi. È, al nocciolo, lo spread, quello stesso spread di cui Salvini parlava («ma che cos’è questo spread») arrotolando le labbra a segno di spregio e incredulità; secondo, il fatto che è risibile sostenere come l’uscita dalla Ue, dall’intera Ue si badi non dal solo euro, metterebbe le ali all’Italia. Ma lo sa il Borghi che se fossimo fuori dall’euro avremmo già da tempo costi di finanziamento del debito proibitivi e se uscissimo anche dalla Ue avremmo un deprezzamento della moneta del 20-25% subito e del 40 o 50% in capo a due o tre anni? Da soli non potremmo fare deficit in più, salvo dare in garanzia di fatto il risparmio degli italiani; sotto l’ala dell’euro qualcosa ancora si può fare, ma non per molto.
LA SMENTITA DEL MOVIMENTO 5 STELLE
Inutile comunque usare argomenti contro Borghi. Tempo sprecato. È come quegli ultrà che si mandano sotto la porta avversaria a dire al portiere che sua moglie lo cornifica, così per innervosirlo. I 5 stelle hanno smentito ogni idea di uscita, «dannosa per l’economia». L’Italia smetta con questi toni e dica se vuole restare o no, ha twittato il presidente dell’europarlamento, Antonio Tajani. «Io dirò di uscire». Lo faccia Borghi, e vedremo quanti dei suoi leghisti la seguono.
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