1-IL REDDITO A CINQUE STELLE E LA FINE DEL LAVORO PART-TIME

Categoria: Italia

2--LA POLITICA DEL LAVORO DEL M5S –LAVORARE MENO A PARITÀ DI RETRIBUZIONE

15.4.2019 www.pietroichino.it.

1-Il rischio che pian piano la gente metta a fuoco la possibilità di incassare di più stando a casa o lavorando al nero (e nascondendo matrimonio e auto)

Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 498, 15 aprile 2019 – In argomento v. anche i miei due editoriali telegrafici del 4 febbraio scorso: Reddito di cittadinanza – 1. I rischi dell’improvvisazione e 2. Quattro contraddizioni gravi; inoltre la scheda della Fondazione Kuliscioff Perché il reddito di cittadinanza sarà la tomba delle politiche attive del lavoro .

Elisa è una collaboratrice familiare molto brava, che lavora 30 ore alla settimana a casa mia. Percepisce, a norma del contratto collettivo di settore, uno stipendio mensile di 880 euro che al netto di contributi a suo carico e Irpef si riducono a 820. Spende 30 euro al mese per le spese di trasporto. Le restano dunque 790 euro al mese. Di persone che lavorano a tempo parziale come Elisa, e come lei guadagnano un reddito spendibile intorno agli 800 euro o anche meno, in Italia ce ne sono quasi cinque milioni. Il punto è che tenderanno a sparire se il “reddito di cittadinanza”, con i suoi 780 euro al mese, resterà in vigore e la gente pian piano imparerà a fare i conti con questa opportunità. Perché mai una persona dovrebbe faticare per 20 o 30 ore alla settimana, se può incassare altrettanto o addirittura di più senza lavorare? Oppure: perché lavorare in modo regolare per 20 o 30 ore alla settimana, se si può guadagnare il doppio (stipendio più sussidio) lavorando al nero? Per godere del sussidio occorre che non ci siano altri redditi in famiglia e non si deve possedere né casa né auto? Diventerà buona norma non sposarsi e avere cura che casa e auto siano intestate al partner che ha il lavoro più redditizio – per lo più il maschio –, in modo che l’altro partner – per lo più la donna – possa presentare la domanda del sussidio da single appiedato e nullatenente. Certo, chi si è dimesso da un posto di lavoro regolare non può chiedere subito il “reddito di cittadinanza”; ma per averlo subito basta far figurare un licenziamento invece che le dimissioni. Quanto alla possibilità di perdere il sussidio per il rifiuto di un’“offerta di lavoro congrua”, tutti sanno che è un rischio soltanto teorico. Se la cosa va avanti, dunque, c’è la prospettiva seria che qualche milione di lavori a tempo parziale sparisca, o si inabissi nell’economia sommersa, portando con sé altrettanti matrimoni trasformati in convivenze non dichiarate. Sul piano della politica del lavoro e di quella per la famiglia, un grande risultato davvero!

2-LA POLITICA DEL LAVORO DEL M5S – 1. LAVORARE MENO A PARITÀ DI RETRIBUZIONE

LE ESPERIENZE FRANCESI DEL 1981 E DEL 2001 MOSTRANO CHE LA RIDUZIONE GENERALE AUTORITATIVA DELL’ORARIO DI LAVORO NON PRODUCE REDISTRIBUZIONE DELL’OCCUPAZIONE

Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 433, 24 aprile 2017 – V. anche il secondo, sul tema: In pensione prima, tanto paga Pantalone – Sul tema “lavorare meno lavorare tutti” v. le considerazioni proposte vent’anni or sono, ma sempre attuali, ne Il mercato del tempo di lavoro       .

.

Lavorare meno lavorare tuttiQuello stesso Movimento 5 Stelle che fino a qualche settimana fa proponeva la soppressione dei sindacati, oggi – sempre “in nome della rete” – si appresta a porre al centro del proprio programma di politica economica una parola d’ordine dei sindacati di trent’anni fa: “lavorare meno per lavorare tutti”. Che significa, in sostanza, ridurre in via autoritativa il limite massimo di orario settimanale, per redistribuire le occasioni di lavoro. Ridurre l’orario, beninteso, a parità di retribuzione; che in questo modo aumenti il costo orario del lavoro, poco importa: il M5S qui rispolvera la teoria dei sindacati di cinquant’anni fa, della “retribuzione come variabile indipendente” del sistema economico. Ma, soprattutto, il M5S mostra di ignorare gli esiti che una misura di questo genere ha prodotto, quando è stata adottata da un Governo nazionale con una legge di applicazione generale: per esempio in Francia nel 1981 e poi di nuovo nel 2001: gli studi in proposito indicano risultati occupazionali intorno allo zero. E ne spiegano i molteplici motivi. Sul lato dell’offerta di manodopera, innanzitutto: i disoccupati, nella maggior parte dei casi, sono tali perché mancano loro le competenze che gli occupati hanno. Ma ovviamente anche sul lato della domanda: proprio l’esperienza francese insegna che, se si costringono gli occupati regolari a lavorare per un’ora in meno, le imprese cercano per prima cosa di far fare loro lo stesso lavoro di prima in un’ora in meno; ma, se non ci riescono, non assumono certo un disoccupato per quell’ora mancante: semmai chiedono al già occupato un’ora di straordinario. Il M5S farà bene a considerare che, il più delle volte, “la rete” non conosce la storia; e la storia, in materia di politica del lavoro, ha molto da insegnare.