Catalogo delle nuvole nere già addensate all’orizzonte. Dal deficit al debito, dal pil agli investimenti, i pericoli da affrontare in vista dell’appuntamento fatale con la legge di Stabilità per il 2020. Lo spettro degli interventi straordinari
di Stefano Cingolani 19.5.2019 www.ilfoglio.it
Aprile è il mese più crudele? Forse nel mondo di Thomas Stearns Eliot, in Italia invece il più crudele è senza dubbio settembre, e lo è diventato per lo meno da quel fatidico settembre 1992 quando la lira chiuse il suo ciclo millenario e il governo guidato da Giuliano Amato mise le mani nei conti correnti degli italiani. Di mesi nient’affatto buoni, in realtà, di qui all’appuntamento fatale con la legge di Stabilità per il 2020, ce ne saranno parecchi: c’è giugno, quando chi ha vinto alle elezioni europee vorrà il bastone del comando; c’è agosto, quando scoppiano regolarmente le tempeste finanziarie. Nubi oscure si sono già accumulate all’orizzonte.
La ricchezza privata degli italiani che è grande (9.000 miliardi di euro contro 2.300 miliardi di debito pubblico), ma fragile
Nelle istituzioni internazionali come il Fondo monetario, tra gli operatori di Borsa e le agenzie di rating, si fa strada la convinzione che l’Italia non ce la faccia a uscire dalla palude nella quale è intrappolata, a meno di non ricorrere a interventi straordinari. Quali? …..
Proviamo allora a scrivere un dizionario dei pericoli prossimi venturi, non in ordine alfabetico, ma logico. Il primo è quel rapporto matematico tra i tassi d’interesse sui titoli di stato che abbiamo imparato a chiamare spread.
Lo spread
È bastato un flatus vocis, anche se è la voce di Matteo Salvini, per far balzare lo spread a quota 290 punti base, ovvero il 2,9 per cento…..
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E’ bastato un flatus vocis, anche se è la voce cavernosa di Matteo Salvini, per far balzare a quota 290 punti base, ovvero 2,9 per cento, il differenziale tra gli interessi pagati sui Btp decennali e gli equivalenti Bund tedeschi. “Se servirà infrangere alcuni limiti del 3 per cento sul deficit o del 130-140 per cento sul debito tiriamo dritti”, ha detto il vicepresidente del Consiglio. Si è riproposta la stessa situazione dello scorso autunno quando, in pieno braccio di ferro con l’Unione europea, lo spread è arrivato a quota 318. A quel punto Rodomonte ha abbassato il cimiero, si è arrivati a un compromesso (anche se un po’ ridicolo) su un disavanzo del 2,04 per cento e lo spread è sceso a 250 per poi risalire a primavera. Le conseguenze sono allarmanti per le banche, che detengono una grossa fetta di titoli di stato (circa 300 miliardi di euro).
Lo spread ha cambiato l'Italia
La sfiducia prodotta dal contratto di governo compie un anno e il vero risultato dei gialloverdi è la fuga dalla credibilità
Il deficit
Il disavanzo viaggia oltre il limite concordato. E quota 100 e reddito di cittadinanza non hanno ancora fatto sentire i loro effetti
La minaccia di Salvini va presa sul serio. Il disavanzo viaggia oltre il limite concordato, siamo infatti attorno al 2,5 per cento del pil. Ma attenzione, il reddito di cittadinanza e quota 100 non hanno ancora fatto sentire i loro effetti. …
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Il debito
Storia e teoria dicono che i paesi ad alto debito perdono sovranità e sono condannati al ristagno, anche quando battono moneta
La teoria degli ideologi leghisti condivisa in gran parte anche dai pentastellati, è che il debito non conta. Solo che l’Italia fa parte di una zona monetaria integrata nella quale il debito conta eccome. “Infatti il problema è la moneta unica”, ribattono gli euroscettici: se l’Italia potesse svalutare la propria moneta il debito potrebbe salire, come quello giapponese, senza nessun impatto negativo. La storia, non solo la teoria, dice che non è così. I paesi ad alto debito perdono sovranità e sono condannati al ristagno, anche quando battono moneta. ..
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La sostenibilità
C’è una formuletta che gli economisti usano per orientarsi. Da una parte il costo degli interessi annui e dall’altra il reddito che si riesce a ricavare in termini monetari, cioè tenendo conto della crescita dei prezzi. Se il tasso di crescita del reddito è maggiore del tasso di interesse annuo, allora è possibile pagare il servizio del debito. E’ la regola che usano in banca quando si chiede un prestito, e se i guadagni non sono sufficienti, allora si mette mano all’argenteria di famiglia. Applicata a uno stato sovrano il reddito prodotto è il pil annuo: finché è superiore agli interessi sui titoli pubblici, il debito è sostenibile…..
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Il rating
All’economia reale, non solo ai parametri della finanza pubblica, guardano le società che pubblicano le pagelle sul debito di un paese…..
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All’economia reale, non solo ai parametri della finanza pubblica, guardano le società che pubblicano le pagelle sul debito di un paese. Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch hanno rinviato il loro giudizio a settembre. Sia perché ci sono le elezioni europee, sia per valutazioni che dimostrano buon senso e responsabilità, al di là di quello che hanno sempre detto leghisti, pentastellati e i magistrati di Trani. Il debito italiano è classificato due livelli più dell’insufficienza (la lettera C) che lo ridurrebbe a “spazzatura”, rendendolo altamente speculativo, cioè invendibile a meno di non pagare interessi stratosferici. A quel punto, la Repubblica italiana sarebbe fuori mercato trascinandosi dietro anche le banche e molte grandi imprese, quindi non potrebbe far altro che chiedere aiuto alle istituzioni internazionali, al Fondo monetario e alla Bce in primo luogo, le quali per intervenire chiederebbero un programma di rientro lacrime e sangue. Come in Grecia.
Il default
Le conseguenze dell’aumento dello spread sono allarmanti per le banche, che detengono titoli di stato per circa 300 miliardi
Uno stato anche grande può fare fallimento in due modi: in forma limitata e governata (la Grecia per intenderci) o in forma assoluta e sregolata (l’Argentina). Secondo molti osservatori, è diffusa anche ai vertici del Fmi e sulle piazze finanziarie internazionali l’idea che l’Italia sia matura per “un default ordinato”. Circolano già delle ipotesi: tagliare il debito pubblico del 20 per cento, facendo pagare sia i risparmiatori italiani sia quelli stranieri. Quelli del piano B e affini, in realtà, hanno sempre pensato che si possa ridurre il debito facendo pagare solo gli altri, perché convinti che sia la finanza internazionale a strangolare l’Italia. In realtà, solo un terzo dei titoli di stato sono in mano estera, il resto è nelle tasche della Bce e degli italiani direttamente o attraverso le istituzioni finanziarie. Un taglio del 20 per cento sul valore dei 300 miliardi posseduti dalle banche significa abbattere i loro bilanci di 60 miliardi di euro da trovare sull’unghia per non rischiare il collasso.
Se ne capisce meglio la portata ricordando che la prima banca italiana, Intesa Sanpaolo, ha una capitalizzazione di 37 miliardi. Quanto ai privati, una tosatura del genere li metterebbe a terra. Altro che l’austerità. Esiste davvero un default ordinato?
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