Il neoborbonismo salviniano ci porterĂ  alla rovina

Categoria: Italia

Un tempo il Mezzogiorno addossava ogni colpa al Nord. Oggi l'Italia leghista fa lo stesso con l'Ue. Il comune denominatore è la patetica idealizzazione dell'irrealtà.

 Mario Margiocco 16 Giugno 2019 14.00 www.lettera43

È un curioso destino quello che sta portando il leghista lombardo Matteo Salvini ad essere il meridionalizzatore dell’Italia intera, lui più di Luigi Di Maio. O meglio, il neoborbonizzatore, nel senso che sta trasferendo a fette importanti dell’intero Paese quella vecchia mentalità neoborbonica che nel Sud italiano negli ultimi 30 anni è risorta. Il neoborbonismo consiste in una politica di protesta e nel cercare soprattutto “fuori” le cause dei propri guai: stavamo benissimo prima che gli “stranieri” ci rovinassero. Con la piemontizzazione del Sud, o con l’euro per l’Italia intera 140 anni dopo. Occorre quindi liberarsi dal giogo. Nelle forme estreme la linea neoborbonica doc arriva al secessionismo: vogliamo staccarci da Nord ma prima Milano ci deve risarcire con molte centinaia di miliardi. Di euro naturalmente, non certo di minibot.

Per i neoborbonici la causa dei mali del Mezzogiorno è tutta nel Nord rapace, ieri Torino e oggi Milano. C’è del vero, da considerare però anche alla luce di quanto affermava il calabrese Corrado Alvaro, convinto che «dei Greci, i meridionali hanno preso il carattere di mitomani . E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna. A chi come me si occupa di dirne i mali e i bisogni, si fa l’accusa di rivelare le piaghe e le miserie mentre il paesaggio, dicono, è così bello». La tenzone fra storici è oggi dimostrare, non tutti concordano, che il declino del Sud è incominciato dopo l’Unità, il che equivale tra l’altro a cancellare molti crudi resoconti di viaggio ottocenteschi e le statistiche storiche per analfabetismo, epidemie, mortalità infantile criminalità e altro. Le casse statali borboniche tuttavia erano in attivo, perché i Borboni avevano due sole grosse voci di spesa: la Corte e l’esercito.

LA COLPA DI OGNI MALE PRIMA STAVA A NORD, ORA A BRUXELLES

Per il resto non c’erano vere strade, i nove decimi dei centri abitati si raggiungevano solo seguendo sentieri, né vere scuole salvo poche, né veri ospedali. E quindi l’indebitatissmo Piemonte si trovò con nuove terre allo stato brado ma con le locali casse pubbliche piene. Questo è tutto vero, anche se i nordisti in genere lo ignorano o dimenticano. Ma si resta basiti a fronte di autori neoborbonici molto seriamente convinti che la rivoluzione industriale europea, cioè mondiale, è nata in Campania perché attorno a Napoli c’era qualche officina importante. Insomma, una Borbonia felix distrutta dal Nord. Esattamente come un’Italia felix sarebbe stata distrutta dall’euro che ha archiviato la nostra bella lira, Oscar della stabilità a fine Anni 50. Quando c’era il cambio semifisso con il dollaro, dimenticano sempre, cioè una specie di italdollaro, e l’economia europea cresceva del 4-5%.

LA TEORIA A FAVORE DEI MINIBOT? UNA MISTIFICAZIONE TOTALE

La mitomania avanza ormai da Capo Passero alle Alpi, auspice Salvini. La farsa dei minibot, cugini primi dell’argentino patacón di 20 anni fa, lo testimonia, ed è una tipica fuga mitomane dalla realtà. L’ha elaborata il milanese Claudio Borghi Aquilini, presidente leghista della commissione Bilancio della Camera e ascoltato consigliere di Salvini. Adesso la linea, dettata fra gli altri dal polemista/imprenditore Fabio Dragoni e dallo stesso Borghi, è che il minibot offre soprattutto nuova urgente liquidità, è un sistema utile per pagare i debiti della pubblica amministrazione, e per questo va introdotto. Ma è una mistificazione totale.

I minibot sono stati pensanti come “preparazione” all’uscita dall’euro, Borghi cantat.

Presentando un anno e mezzo fa i suoi minibot Borghi, intervistato da Claudio Messora sul compiacente videoblog Byoblu, era categorico: si tratta di un primo “ingrediente” per preparare l’uscita dall’euro e far vedere agli italiani che un’altra “moneta” è possibile onde scacciare le “orride monetacce” (sic!) di Francoforte. E bisogna ricorrervi perché una vera moneta alternativa sarebbe illegale. Di taglio da 1 a 200 euro, simili a banconote ma in realtà Buoni del Tesoro, i minibot sarebbero dati dallo Stato per pagamenti ai suoi fornitori e raggiungerebbero presto una massa almeno pari a quella del circolante in euro. Quindi inonderebbero il Paese, accettati come pagamento da chiunque sia d’accordo: bar, ristoranti, studi medici, benzinai. Né Salvini né Giancarlo Giorgetti né chiunque può negarlo: sono stati pensanti come “preparazione” all’uscita dall’euro, Borghi cantat.

UNA FAVOLA CHE RIPORTA LA MENTE ALL’ARGENTINA

Il miracolo ci sarà quando gli italiani vedranno che una seconda moneta è possibile, dichiarava Borghi. Non perderanno valore perché lo Stato li accetterà sempre al nominale per il pagamento delle imposte, dice il neo eurodeputato ultrasovranista Antonio Maria Rinaldi. Il patacón di Buenos Aires, un nome che suona assai male in Italia, perse presto circa il 20% sul peso, allora nel 2001 legato al dollaro. Difficile pensare che i nostri patacón/minibot possano sempre essere scambiati 1 a 1, fra privati, con le banconote in euro; più si cercherà di marginalizzarle –con i minibot? – più le “monetacce” acquisteranno per gli italiani sicuro valore e saranno richieste. Il bello verrà quando resteranno solo i patacón, arriverà cioè la nuova lira che, con un governo intento a spendere perché proprio per spendere tutto questo ha fatto, non potrà che capitombolare.

L’ORGOGLIO DELL’ITALIETTA CONTRO L'”UE CHE CI HA ROVINATI”

Si faranno i minibot? Il ministro del Tesoro Giovanni Tria dice “no”, sono illegali, e la vecchia base leghista, è noto, preferisce l’euro. Ma se si fanno, o solo si cerca davvero di lanciarli, vuol dire che si sta avvicinando il chiarimento finale. Non è facile per Salvini e anche per Di Maio chinare una seconda volta il capo, dopo la finanziaria 2019, alle logiche di Bruxelles anche per la finanziaria 2020. Siamo al neoborbonismo nazionale, all’orgoglio dell’Italietta contro l’odiata Francoforte e l’odiatissima Bruxelles “che ci hanno rovinato” così come il Nord ha “rovinato” il Sud. Parte notevole della dirigenza salviniana è «ferocemente, violentemente, irrimediabilmente anti-euro ed anti-Europa», scrive l’economista Roberto Perotti e ha ragione. Hanno l’intransigenza di chi si affida alle illusioni salvifiche che riscuotono successo elettorale, notoriamente instabile, perché l’elettore sogna finché ritiene di avere spazio per sognare.

Borghi indicava già a dicembre 2017 la linea: dobbiamo avere meno tasse e più lavoro, se le logiche dell’euro ci impediscono di spendere a debito usciamo dall’euro. Non sarà facile perché saremo soli, aggiunge, per questo servono gli “ingredienti di preparazione” come i minibot; Borghi ammetteva di aver fermamente creduto che la Grecia uscisse nel 2015 e soprattutto che Marine Le Pen vincesse le Presidenziali e uscisse nel 2017. Sincero, ma ingenuo. Sui minibot è sempre stato chiarissimo. Salvo da ultimo silenziare il ruolo anti-euro e dire che si tratta dell’altra faccia della flat tax.

LA PATETICA IDEALIZZAZIONE DELL’IRREALTÀ

L’ingrediente di base che il neoborbonismo “storico” del Mezzogiorno e quello panitalico salviniano anti-euro e anti-Ue hanno in comune è quello di una patetica idealizzazione dell’irrealtà. Un Regno delle due Sicilie faro di civiltà (non si direbbe, se Tomasi di Lampedusa non mente ne Il gattopardo); un Paese con la sua moneta nazionale e la sua Banca centrale che recupera, dice uno dei vari iper populisti italiani, due «verità tradite», cioè «la sovranità monetaria e il diritto di uno Stato sovrano a spendere a debito tale moneta per il benessere del proprio popolo». Parole grosse, che ignorano la tassa più ingiusta, l’inflazione, e secoli di storia monetaria. Mai sentito come Juan Domingo Perón ha rovinato 70 anni fa e da allora senza scampo il peso e l’Argentina?

UNA BATTAGLIA TUTTA ITALICA, SENZA ALCUN ALLEATO

È più che possibile a questo punto che i nostri vadano alla guerra contro Bruxelles, Francoforte e l’euro. Salvini sperava e giurava per il 26 maggio in una travolgente vittoria sovranista in tutta Europa che gli avrebbe semplificato la marcia trionfale anti-euro. Invece gli eurodeputati sovranisti sono aumentati solo e unicamente grazie alla stravittoria italiana della Lega, e sono sempre in totale sotto il 25%. La battaglia sarebbe quindi tutta italica e tutta in Italia, soli contro tutti. In sede di Consiglio Ue sui temi del bilancio e debito italiani siamo a uno contro 27, nessun alleato. Siamo ai minibot della disperazione. Ma sono la chiave del Paradiso perduto, il ritorno a Donnafugata, la visione notturna della reggia di Caserta illuminata con a fronte la altrettanto illuminata Villa Reale di Monza. «Sono abbastanza indigeno», scriveva il mai troppo citato su cose italiche Corrado Alvaro, «per rendermi conto dell’animo con cui i miei connazionali lavorano inconsciamente a rovinarsi la reputazione».