Ilva: dilettanti allo sbaraglio ma anche autentici masochisti

Categoria: Italia

L'Ilva come Enimont: un po' di memoria storica e sinistri ricordi riaffiorano.

di Sergio Luciano27.6.2019 www.italiaoggo.it

L'Ilva come Enimont: un po' di memoria storica e sinistri ricordi riaffiorano. Anche allora (era il '90-'91) una privatizzazione che assomigliava, pur non essendolo, ad un salvataggio. Un salvataggio peloso, beninteso: perché il cavaliere bianco privato, in quel caso Raul Gardini, comprava per guadagnare. Ma pur sempre salvataggio, perché l'industria chimica pubblica nazionale, Enichem, era considerata inadatta a crescere sotto la mano pubblica. Erano anni così: iperliberisti.

Gardini chiese ed ottenne una sola cosa: che le sopravvenienze attive derivanti dalla fusione tra Enichem e Montedison venissero defiscalizzate. Un risparmio di 1.500 miliardi di vecchie lire. Lo chiese alla politica, ovviamente, e lo ottenne a livello governativo, ma poi la Camera (a fusione ormai varata) bocciò gli sgravi promessi, per i quali peraltro (si sarebbe poi acclarato) era stata pagata una pingue tangente a vari partiti. Fu l'inizio della fine per Enimont e per lo stesso Gardini che, travolto dallo scandalo giudiziario, commise anni dopo un gesto estremo e si tolse la vita.

Nel caso dell'Ilva c'è perfino di peggio: è stato cioè lo stesso governo a finalizzare l'accordo di cessione agli indiani di Arcelor Mittal, ben consapevole che esso conteneva la clausola di esenzione da qualsiasi eventuale responsabilità penale per tutto il periodo necessario all'effettuazione dei lavori di salvaguardia ecologica dell'impianto, salvo poi adesso rimangiarsi gli impegni ed eliminare la clausola, esponendo peraltro questa scelta agli strali della giustizia amministrativa.

Dilettanti allo sbaraglio, e anche masochisti. Con questi esempi di incoerenza istituzionale, l'Italia non ce la può più fare ad attrarre ancora capitali stranieri. Per il World competitivness index, sotto il profilo istituzionale il nostro Paese viene dopo stati di ben minore tradizione legale come Giordania, Namibia, Seychelles, Polonia, Marocco e Slovacchia. Sempre per questa arretratezza, e sempre secondo le stesse classifiche, l'Italia è al 50° posto su 140 nella classifica per la facilità di fare business, dopo paesi come Montenegro, Serbia o Moldavia.

L'incertezza del diritto ordinario è uno dei fattori frenanti che scoraggiano gli investimenti stranieri entro i nostri confini: figuriamoci se ad essa si aggiunge, come il caso Ilva conclama, l'inaffidabilità degli impegni giuridici. Peraltro, il difetto sta all'origine, cioè nell'ampiezza dell'esenzione penale originariamente concessa. Sei anni, troppi: ne bastava uno, ma blindato, granitico, e irrevocabile. E invece, ci risiamo con la politica della lingua biforcuta.

© Riproduzione riservata