Cna, il decreto crescita toglie credito alle aziende

Categoria: Italia

Secondo la confederazione dell'artigianato e delle piccole e medie imprese, l'abolizione di una norma della Bassanini impedirà alle regioni di contribuire al funzionamento del Fondo di garanzia e quindi si tradurrà in una stretta creditizia.

di Giampiero Di Santo, 27.6.2019 www.italiaoggi.it

Si tratta di "una scelta scellerata", che il governo "non deve fare"

La Cna lancia l'allarme sul Decreto crescita approvato dalla Camera e all'esame del senato. Secondo la Confederazione nazionale dell'artigianato e delle piccole e medie imprese presieduta da Danielr Vaccarinoi il provvedimento, invece di facilitare l'erogazione del credito alle azienda, si traduce in realtà in una stretta, perché abolisce l'autonomia delle regioni in materia e impedisce quindi ai governatori di contribuire al funzionamento del Fondo di garanzia. Una autonomia prevista dalla Legge Bassanini e che ora il decreto Crescita messo a punto dal ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio mette in discussione in modo radicale, nel senso che la abolisce. Non è un caso che la Cna valuti negativamente le misure contenute nel provvedimento: "Se il target è la crescita economica, l’obiettivo appare fin d’ora sfocato", spiega una nota. "Perché tra gli altri punti incide, negativamente, sul credito, ossigeno per le imprese. E loro punto dolente. La stretta le attanaglia da troppi anni: tante le ha costrette alla chiusura e tantissimi artigiani e imprenditori li ha spinti ad archiviare i propri sogni. E’ per questo che la Cna chiede al governo, alla maggioranza e a tutti i parlamentari di ravvedersi da una scelta scellerata, l’abolizione dell’autonomia regionale in materia di credito prevista nel decreto legge sulla crescita economica all’esame del parlamento” che finora “ha permesso alle risorse del Fondo di garanzia di operare al meglio, scontando rischi minori, e alle imprese di risparmiare i costi d’intermediazione”. Senza la Bassanini, ricorda la Cna, tra il 2011 e il 2017 la situazione sarebbe stata di gran lunga peggiore. Il comunicato di Cna nota che tra "il 2011 e il 2017 in Toscana, regione che ha accolto le possibilità offerte dalla Riforma Bassanini, la riduzione dello stock di credito alle imprese è stata inferiore in maniera rilevante alla media nazionale e, soprattutto, al risultato dell’Emilia Romagna, regione che si è comportata in modo opposto alla Toscana. Per le imprese fino a cinque dipendenti la riduzione del credito negli anni 2011/2017 è stata del 12,5% contro il -15,2% della media nazionale e il -18,9% dell’Emilia Romagna. Lo stock di credito per le piccole imprese, fino a venti dipendenti, è calato del 22,7% in Toscana, del 26,7% in Italia e del 32,4% in Emilia Romagna. Non è cambiato l’andamento per le imprese con oltre venti addetti, tra le quali la diminuzione è risultata del 10,2% in Toscana, del 17,6% in media nel nostro Paese, del 18,6% in Emilia Romagna. Insomma, ne consegue che grazie ai fondi di garanzia fidi e alla partecipazione delle regioni la durissima crisi che ha toccato l'apice tra il 2011 e il 2013-14 è stata sicuramente meno pesante. Spiega Anna Rita Bramerini, direttore di Cna Grosseto. "Siamo preoccupati perché le tante imprese del territorio rischiano di non avere più la giusta garanzia a sostegno degli investimenti, necessari per rimanere competitivi sul mercato. Siamo quindi contrari al provvedimento, particolarmente grave in una fase economica come quella che stiamo vivendo: spesso, infatti, i piccoli imprenditori hanno necessità di investire o di liquidità e ricorrono agli strumenti messi in campo dalle Regioni a sostegno dei consorzi di garanzia. La riforma Bassanini aveva concesso alle regioni la possibilità di limitare l’accesso al Fondo di garanzia per le Pmi alla controgaranzia, valorizzando così l’integrazione tra garanzie private e garanzia pubblica. Una scelta motivata dalla necessità di sostenere l’accesso al credito di micro e piccole imprese, dalle minori possibilità di default in presenza di controgaranzie rispetto alle operazioni presentate direttamente dalle banche, dal miglior effetto leva della controgaranzia. Un milione di garanzia pubblica sostiene 2,1 milioni in controgaranzia e solo 1,3 milioni in caso di accesso diretto. “Questa scelta si era mostrata vincente. E nella nostra Regione, che prima di tutti ha colto questa opportunità, tra il 2011 e il 2017, negli anni più terribili della crisi con una stretta creditizia soffocante, la riduzione dei prestiti al sistema produttivo è arrivata al 10,4% a fronte del -18% su scala nazionale. Con questo provvedimento, che rischia di cancellare l’autonomia delle Regioni in materia di sostegno alle imprese questo non potrebbe più verificarsi. La nostra associazione, a tutti i livelli confederali chiede al governo di non fare questa scelta e di non abrogare la possibilità per le Regioni di sostenere in autonomia il sistema delle imprese"”