Lo schema gonzi della diplomazia del rublo

Categoria: Italia

L’influenza russa su partiti e democrazie si estende attraverso banche, oligarchi e uomini d’affari. Le interferenze non sono una fantasia: hanno metodi collaudati. Grecia, Francia, Inghilterra. Che cosa ci dicono le inchieste sugli amici della Lega

di Luciano Capone 13.7. 2019 www.ilfoglio.it

Roma. Savoini chi? Matteo Salvini prende le distanze dal suo ex portavoce coinvolto nella trattativa sui fondi russi. Dice di non averlo mai invitato agli incontri ufficiali con le autorità russe e di non sapere cosa ci facesse con lui durante il bilaterale con il ministro dell’Interno russo. “Che ne so cosa ci facesse al tavolo? Chiedetelo a lui”. Cosa ci facesse a quell’incontro istituzionale dello scorso luglio, il Foglio lo aveva chiesto a Savoini subito dopo il meeting. E la sua risposta fu: “Sono nella Lega dal 1991, coordino gli incontri di Salvini con gli ambienti russi. Non è che adesso sia cambiata la situazione”. Aggiungendo non solo di essere stato invitato, ma di aver partecipato all’organizzazione: “L’incontro è stato organizzato dai ministeri. Io ho contribuito con i miei contatti come ho sempre fatto, visto che ho contatti istituzionali”.

Savoini, seduto al tavolo del Metropol con i tre personaggi russi, aveva quindi tutte le carte in regola per essere ritenuto un uomo di Salvini, certamente quello delegato dalla Lega agli affari russi. Naturalmente nessuno è in grado di dimostrare se la trattativa avviata si sia conclusa e, nel caso, se sia stata condotta nell’interesse personale di Savoini – come molti leghisti insinuano – o del partito. Ma di certo l’eventuale tentativo russo di influenzare un partito nazionalista in funzione anti Ue e anti Nato non sarebbe un caso singolare. Finanziamenti russi sono sicuramente arrivati a Marine Le Pen, il cui partito ha ricevuto almeno due prestiti da 11 milioni di euro da banche russe (in particolare dalla misconosciuta e poi fallita First Czech-Russian Bank). Un altro caso, oggetto d’indagine nel Regno Unito, riguarda il referendum sulla Brexit. Arron Banks, l’uomo d’affari inglese fondatore di Leave.eu, il principale comitato a sostegno della Brexit, è finito sotto indagine per la sua donazione da 8 milioni di sterline ai gruppi pro Brexit (la più grande donazione della storia politica del Regno Unito).

I sospetti che dietro ci sia lo zampino russo derivano da inchieste giornalistiche, come quella del Guardian su un affare nel campo minerario proposto dall’ambasciatore russo a Londra Aleksandr Yakovenko, e sono alimentati dallo stesso Banks che all’inizio ha mentito sul numero delle sue visite all’ambasciata russa (all’inizio era una, ma poi ha ammesso che sono state molte di più, un numero ancora indefinito). Come visto, l’influenza russa sui partiti e sulle democrazie europee si estende attraverso banche, uomini d’affari e oligarchi. Un caso interessante è la Grecia, dove nel 2015 – anticipando in un certo senso la genesi del “governo del cambiamento” italiano – è nato un governo populista e antieuropeista, guidato dalla sinistra radicale di Alexis Tsipras ma con l’appoggio decisivo della destra nazionalista di Panos Kammenos. Ebbene, Kammenos è legato a Konstantin Malofeev, il miliardario ultraortodosso definito “il George Soros di Putin”, finanziatore dei gruppi separatisti in Ucraina e fondatore di una galassia di tv, fondazioni e associazioni (di cui, tra l’altro, fanno parte anche Alexey Komov e Alexander Dugin, presidenti onorari delle associazioni filorusse dei leghisti Savoini e D’Amico). Ad appoggiare Tsipras c’è invece Ivan Savvidis, un oligarca russo ex membro della Duma, molto vicino a Putin, e proprietario di un impero mediatico in Grecia. La vicenda della Lega però somiglia di più all’Ibizagate dello scorso maggio, che ha incastrato il Salvini austriaco, il vicecancelliere austriaco e leader dell’Fpö Heinz-Christian Strache: il video mostrava un politico “sovranista”, pronto a fare gli interessi di Mosca per ottenere denaro e appoggi alla sua scalata politica. Ciò che emerge nei due casi, quello austriaco e quello italiano, indipendentemente dall’effettiva realizzazione del pagamento, è la disponibilità a “vendersi” allo zar. Le interferenze dalla Russia, anche attraverso finanziamenti, non sono una fantasia ma una cosa molto seria. Ciò che però è più preoccupante è il soft power russo, l’influenza carismatica e ideologica di Putin su molti partiti e sull’opinione pubblica europea. Perché vuol dire che molti sono disposti ad attuare l’agenda putiniana anche gratis.