Per Calenda ormai esistono due Pd

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Renzi controlla i gruppi parlamentari mentre Zingaretti and company hanno le mani sul partito. E le due frazioni non si parlano, e si odiano più di quanto avversino Salvini e Di Maio

di Martino Loiacono, 9.8.2019 www.italiaoggi.it

La miglior garanzia per la stabilità del potere di Matteo Salvini continua a essere il Pd.

Nonostante la rottura all'interno della maggioranza, il Partito democratico sta facendo di tutto per rafforzarlo. Sembrava che con la nuova segreteria Zingaretti la musica sarebbe potuta cambiare, e invece tutto è rimasto come prima: divisioni, minacce di scissione e continui assist al Carroccio.

L'intervista rilasciata da Carlo Calenda a Repubblica, portando alla luce delle fratture che non erano mai state descritte con tanta chiarezza, presenta una situazione a dir poco drammatica. L'ex ministro dello Sviluppo economico arriva a sostenere che esistono due Pd: il Pd di Matteo Renzi che controlla i gruppi parlamentari e il Pd di Zingaretti, Franceschini e Gentiloni che controlla la maggioranza degli organi di partito. «I leader di questi due Pd», ha proseguito Calenda, «non si incontrano e non si parlano mai. E la classe dirigente dei due Pd si detesta reciprocamente molto più di quanto si avversino Lega e 5Stelle».

La denuncia di Calenda, dopo le crescenti tensioni in seno alla maggioranza, rappresenta plasticamente la condizione di paralisi dei Dem, che ormai risultano politicamente immobili.

Pur in un contesto che gli permetterebbe di muoversi su più fronti per colpire le contraddizioni di un esecutivo boccheggiante, preferiscono proseguire con la solita guerriglia interna.

La rivalità tra le due componenti del partito, come si legge nell'intervista, supera addirittura quella nei confronti di Salvini e Luigi Di Maio.

Quasi che le lotte per il potere e le gelosie siano di una dimensione tale da aver fatto perdere di vista il vero obiettivo, quello di dare battaglia a grillini e leghisti. Proprio per questo il Partito democratico risulta il maggior alleato di Salvini. Non combattendolo con efficacia politica in Parlamento e non riuscendo a veicolare chiaramente un messaggio unitario, gli sta rendendo tutto facile. In effetti, sia nella vita parlamentare che nelle dichiarazioni dei vari esponenti Dem, si percepiscono delle contraddizioni e delle tensioni abilmente rilanciate dalla propaganda del leader del Carroccio.

Il Partito democratico, in tal modo, non solo non fa vera opposizione, ma si inserisce anche negli ingranaggi della comunicazione salviniana potenziandola involontariamente. Lo schema costruito dal leghista, e costantemente inverato dal Pd, è semplice ma molto efficace: da un lato un ministro che governa e fa, dall'altro un partito litigioso e buono a nulla.

Per capirne il funzionamento basta rileggere il post con cui Salvini aveva commentato la doppia petizione lanciata dai Dem che ne chiedevano le dimissioni: «Il Pd, dopo anni di disastri, pretenderebbe di cacciare la Lega con una raccolta firme (e litigano pure). Geniali, no?».

Le divisioni interne rappresentano dunque un duplice danno, istituzionale e comunicativo, che accresce ulteriormente la forza di Salvini. Finché il Partito democratico non riuscirà a darsi una linea parlamentare e comunicativa unitaria, continuerà a fare il gioco di quello che dovrebbe essere il suo avversario numero uno.

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