Perché scommetto che non andremo a votare

Categoria: Italia

In altri tempi, non necessariamente peggiori, ieri si sarebbe aperta formalmente la crisi di governo..

Alessandro Sallusti - Gio, 08/08/2019 - 17:00

Il governo deraglia, l'opposizione non forza la mano e così il treno della maggioranza, almeno per ora, continua la sua corsa sbilenca, tra scintille e rumori sinistri che non lasciano presagire nulla di buono.

In altri tempi, non necessariamente peggiori, ieri si sarebbe aperta formalmente la crisi di governo, perché non è possibile che su un tema sensibile come il via libera alla Tav (coinvolge strategie economiche e di politica internazionale rilevanti) i due partiti che formano la maggioranza votino in maniera diversa (sì la Lega, no i Cinque Stelle). Così come è illogico che il ministro competente, il grillino Danilo Toninelli, non si dimetta all'istante e pensi di potere gestire una pratica, la Tav, su cui si è dichiarato fortemente e assolutamente contrario.

Ma questi non sono tempi normali né logici, per cui neppure avendo la sfera di cristallo si potrebbe predire il futuro, se non vedere con chiarezza che la recessione sta per colpire duro in tutta Europa e noi, con questi chiari di luna, siamo assolutamente impreparati a pararla o almeno a mitigarne gli effetti.

La domanda più frequente in queste ore è: ma perché Di Maio si fa seviziare da Salvini, mantenendo il sorriso sulla bocca, e non si torna invece a votare al più presto? La risposta è semplice: nessuno è interessato alle elezioni, chi per paura di perdere (Cinque Stelle, Forza Italia e la componente renziana del Pd), chi per paura di vincere (Lega) o di contarsi (Zingaretti).

Mi spiego. Se il risultato elettorale fosse simile a ciò che rilevano oggi i sondaggi, Salvini si troverebbe a guidare da solo (o quasi) il Paese e dovrebbe traslocare dal ridente Papeete di Milano Marittima al sobrio Palazzo Chigi di Roma. Dove troverebbe la cassa vuota e fuori dalla porta non cubiste e fan in cerca di un selfie ,ma una fila di creditori imbufaliti (in primis l'Europa) che non si accontenterebbero certo di un tweet e neppure di una battuta o di una pacca sulle spalle.

Perché, dunque, infilarsi in un simile vicolo cieco? Perché diventare il leader della bancarotta quando ci sono due volontari, Conte e Di Maio, disposti a farlo al suo posto? L'interesse di Salvini - che non coincide con il nostro bene - è andare avanti così il più a lungo possibile. I fessi, a questo punto, sono i Cinque Stelle che lo lasciano fare. Più che una crisi di governo questa sembra la crisi finale e mortale dei Cinque Stelle.