Ve li spiego io i ribaltoni. La parola a Mastella

Categoria: Italia

 “Inciucio? E’ sinonimo di contratto”. Da Berlusconi ’95 a D’Alema ’98

di Carmelo Caruso 13.8.2019 www.ilfoglio.it

Roma. Non sono riusciti a gestire una crisi e vogliono provare a fare un ribaltone. “E a me più che un ribaltone sembra un ribaltamento. Si dimentica che il vero ribaltone si era già consumato ad aprile scorso quando Lega e M5s hanno formato questo governo che mi permetto di chiamare un governo storpio”. Avevamo già chiamato Clemente Mastella per farci spiegare la “crisi” di governo e lo richiamiamo oggi per comprendere se sia davvero percorribile l’ipotesi di un “ribaltone”.

Cediamo anche noi all’impoverimento della lingua e lo chiamiamo “inciucio”?

“Sia ribaltone che inciucio non sono altro che sinonimo di ‘contratto’”. Era la formula che si erano inventati Lega e M5s per giustificare un matrimonio contro natura. La natura si è ribellata e il matrimonio ha generato figli deformi”. E infatti oggi vogliono divorziare tutti, ma per accoppiarsi con nuovi partner. Beppe Grillo, che chiamava Matteo Renzi “ebetino”, è pronto a chiedergli la mano mentre Matteo Salvini, che dava per finita l’esperienza del centrodestra, chiama in queste ore Silvio Berlusconi e fa sapere che “il filo non si è mai interrotto”. “Non si fa altro che cercare di comporre la scomposizione originaria. Di certo, è il momento in cui si acuiscono gli antagonismi dentro e fuori i partiti. La crisi rompe amicizie mentre i ribaltoni sono l’entropia della politica”. E c’è anche chi trasforma i rapporti e pretende adesso la monogamia. “I parlamentari di Fdi vogliono l’alleanza con la Lega ma escludendo Forza Italia. Zingaretti, che è segretario del Pd, si vuole opporre alla proposta di Renzi che però ha dalla sua i gruppi parlamentari”.

Quello che ha detto Di Maio ai suoi parlamentari

“Sarà Conte a dire ciò che si potrebbe ancora fare, e su questo si porrà la fiducia. Poi starà alla Lega concederla”. La delusione del leader politico del M5s: “Salvini ha tradito”

Insomma, chi decide? “Nel Pd si ripropone l’antica separazione fra partito e gruppi parlamentari dibattuta già nella Dc ai tempi di De Gasperi. Naturalmente, tutti hanno bisogno di tutti”. E tutti in passato hanno avuto bisogno di Mastella sia per aprire una crisi sia per ribaltare un governo. “Ma il ribaltone l’ho anche subito”. Nel 1995 con Berlusconi. “Non credevamo che Bossi trovasse il coraggio di rompere. Alla fine lo ha trovato”. Ma nel 1998 ha preparato il ribaltone con D’Alema. “E’ stato il più entusiasmante”. Però anche allora si parlò di tradimento. “E anche allora, come oggi accade nel Pd, causò un violentissimo scontro all’interno dei Ds. Ricordo che andai per conto di Francesco Cossiga ad annunciarlo a Romano Prodi. Si infuriò. Si oppose. Non voleva”. Ma riusciste. “Quando si parla di ribaltone si scomoda Machiavelli, Tayllerand. E invece sono le circostanze a chiederlo. Si parla di morte della politica, di tradimento di valori, ma per tradire bisogna prima appartenere. In questo caso, non ci sarebbe tradimento dato che nessun valore, di quelli originari, mi sembra sia stato oggi mantenuto”.

Perché la crisi del governo certifica il fallimento di due chiari modelli di populismo Senza cambiare la propria natura, i populisti saranno sempre respinti dalla realtà. Spunti di utile ottimismo

Davvero si può provare a mantenere in vita questa legislatura?

“E’ l’ultima partita per tutti e tutti sono rimasti con l’ultima fiche”.

Nel Pd sembra averla in mano Renzi. “Ma non può essere così antirenziano da rompere con Zingaretti così come Zingaretti non può rompere e rischiare di fare del Pd il Tano Belloni della politica, il ciclista che a ogni gara arrivava sempre secondo”.

Provare quindi a formare un governo di scopo, istituzionale? “E’ chiaro che ogni leader deve fare i propri interessi ma poi ci sono quelli più grandi e sono sempre quelli del paese. Meglio avere leader di fegato che finire per mangiarselo. Salvini ha mangiato il fegato di Di Maio e Renzi oggi mangia quello di Grillo”.

Il modello potrebbe essere il governo Dini. “Li chiamano sempre governi di transizione, ma quando un governo nasce non si sa mai quando muore. Penso alla parabola di due miei zii. Uno si chiamava Giovanni ed era smunto e malaticcio. L’altro si chiamava Diamante ed era naturalmente sano e robusto”. Finisce sempre che a morire prima è il più sano. “Ecco”.

Sono governi di scopo o sono lo scopo dei piccoli partiti di potere tornare decisivi? “Io con il mio due per cento decidevo le sorti di un governo. Forza Italia ha oggi il sei per cento. E’ una percentuale straordinaria ma solo se sarà capace di scongiurare le elezioni. Si dirà ‘è un governo innaturale’, ma cosa può esserci di innaturale dopo il governo gialloverde? Tutto è naturale nell’innaturalità”.