Ora Salvini fa i conti col dissenso interno alla Lega

Categoria: Italia

Nel Carroccio c'è sconcerto tra maroniani e bossiani per la scellerata crisi di governo. Anche l'isolamento internazionale non piace. L'antagonista Giorgetti guadagna potere. E il congresso del 2020 non è scontato...

Giovanna Predoni 30 Agosto 2019 06.08 www.lettera43.it

Nell’inner circle del Capitano – per quanto giovani – i fedelissimi di Matteo Salvini rivedono con timore le stesse scene registrate nel 2012 e nel 2018. Cioè quando a dover lasciare la guida della Lega e la politica furono Umberto Bossi e Roberto Maroni. Sono arrivate le prime interviste dove si chiede di cambiare linea politica – tra il 2011 e 2012 fu Maroni a domandarsi se aveva senso continuare con il centrodestra, oggi è stato Giancarlo Giorgetti a mettere in dubbio prima della caduta del governo Conte l’essenza di un asse gialloverde – e anche le proteste della base, prima timide e poi montanti; infine la pressione delle inchieste giudiziarie. L’8 settembre 2019 deve essere sentito in procura a Milano Gianluca Savoini, l’uomo del Russiagate. Senza contare, poi, il ruolo dello stesso Giorgetti, che nel Carroccio è l’uomo delle grandi manovre.

Salvini e buona parte dei peones leghisti alla Camera e al Senato avrebbero ancora una flebilissima speranza di ricucire con il Movimento 5 stelle e che – quando bisognerà trovare i voti per la fiducia – possa saltare l’accordo tra grillini e il Partito democratico. Il Capitano – che pensava di avere un patto con Luigi Di Maio per andare alle urne – sa bene che il leader del M5s ha solo da perderci dal nuovo equilibrio che rafforza Giuseppe Conte. Senza dimenticare la simpatia naturale di Davide Casaleggio verso la destra più populista e sovranista. La base parlamentare leghista conosce la ritrosia dei loro omologhi grillini verso tutto quello che riguarda il Nazareno. Ma è una speranza che sa di velleità, quindi in via Bellerio hanno capito che per il momento è meglio ritarare la macchina della comunicazione, incentrandola su parole chiave come ribaltone, poltronificio o accordo con il partito di Bibbiano.

CHIESTO A FONTANA E ZAIA DI TENERE I TONI BASSI

Poi a settembre, quando ripartono le Camere, sarà il Carroccio a rilanciare il taglio dei parlamentari per mettere in imbarazzo l’ex alleato e, soprattutto, sarà guerriglia nelle commissioni. Ufficialmente nella Lega tutti fanno quadrato intorno al Capitano e tutti dicono che non si poteva più continuare a governare con i cinque stelle. E questo messaggio di unità sarà lanciato anche dall’annuale festa di Pontida, in programma il 15 settembre. Ma dietro le quinte lo sconcerto per le mosse del leader è ampio e diffuso, come dimostra il fatto che lo stesso Salvini avrebbe chiesto ai governatori Attilio Fontana (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto) di tenere ancora i toni bassi.

 

Gli errori tattici sono stati troppi. Nel 1995, quando Bossi fece cadere Berlusconi, aveva un patto con Buttiglione e D’Alema

Un senatore leghista

Racconta un senatore del Carroccio: «Io credo a Salvini, quando dice in privato che aveva un accordo con Di Maio per tornare al voto e che Di Maio non l’ha rispettato. Ma gli errori tattici sono stati troppi. Nel 1995, quando Umberto Bossi fece cadere Silvio Berlusconi, aveva un patto con Rocco Buttiglione e Massimo D’Alema. Stavolta il Capitano si è fidato soltanto di Giggino e non ha stretto un’intesa con Nicola Zingaretti o con quello che rimane del centrodestra. E questo ci ha isolati».

RALLENTA L’ARRIVO DEI CONGRESSI AL SUD

Salvini, oltre che all’opposizione al governo, si soffermerà soprattutto sul voto delle Regionali (con Forza Italia già si sta litigando sui nomi per l’Emilia-Romagna e per la Toscana) tenendo sempre accesso la macchina elettorale nella speranza di un voto anticipato nei primi mesi del 2020. Ma dovrà presto fare i conti con l’ondata di dissenso, che è adesso è appena palpabile e riguarda tutti i leghisti del corso bossista o maroniano, finiti nel dimenticatoio. E qualcosa già si vede: rallentano, ma potrebbe bloccarsi, la stagione dei congressi al Sud delle nuove Leghe per Salvini premier e le modifiche allo statuto. Allo stesso modo potrebbero essere rivisti e cambiati i commissari che Salvini ha spedito in ogni angolo del Paese. Senza contare che potrebbe ben presto tornare la Lega più incentrata sull’autonomia del Nord e non il partito della Nazionale vagheggiato da Salvini.

GIORGETTI RIALLACCIA I FILI DELLA DIPLOMAZIA

Poi c’è da capire che cosa farà il grande antagonista interno del leader, il non meno potente Giorgetti. Il quale, con il Carroccio ormai isolato a livello europeo, sta riallacciando i fili della sua rete diplomatica che passano per i conservatori americani non trumpiani, la Germania della Cdu, i centristi francesi o le tecnostrutture odiate dal Capo come la Banca centrale europea (Bce) o la stessa Commissione europea. Soprattutto Giorgetti avrebbe riallacciato i rapporti con Maroni, il quale non lesina interviste contro Salvini.

Una circostanza vista con molto sospetto nell’inner circle di Salvini, dove si teme che l’ex potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il Gianni Letta del leghismo, possa presto trovare un antagonista del Capitano, che nel 2020 deve affrontare un congresso dagli esiti non scontati. Un congresso dove “Matteo che faceva le lettere a La Padania” – come lo chiama in privato Maroni – arriverà indebolito per aver perso il governo e per le inchieste giudiziarie, mai chiuse del tutto e pronte a riaprirsi con molta virulenza.