I profeti del klima e della decrescita, felice per pochi

Categoria: Italia

Belle l’emozione e la generosità dei ragazzini che pensano di poter salvare il mondo. Ma occorre dubitare sempre dei serpentoni troppo colorati e sopra tutto dell’adulazione di cui sono oggetto

di Giuliano Ferrara 29 2019 alle 06:ilfoglio 30.9.2019

Commenti 5

Nella nevrosi generale dell’informazione, abbiamo festeggiato la crociata dei bambini con la rincorsa dell’adulazione. In un attimo siamo passati dall’evocazione dei “dimenticati”, dei ceti medi rovinati dagli oppiacei, del populismo hillbilly a base nazionale e locale, dritti dritti al globalismo estremo della salvezza terrestre, con i piccoli della società del benessere che fanno la lezione ai grandi a colpi di scioperi legalizzati e promossi dai grandi, fissano il traguardo diretto dell’utopia salvifica universale. Mi compiaccio, pur appartenendo al “nucleo duro negazionista” denunciato da Guido Viale nel Manifesto. Non so se il mio negazionismo sia di destra, so che è di destra la base culturale dell’ambientalismo apocalittico e infantile. In sostanza, mi pare che il fulcro della critica sia rivolto al progresso, la paura è quella della crescita e dell’emancipazione da povertà e fame di grandi masse il cui livello di vita e di sviluppo sociale è incompatibile con il sogno di preservazione e conservazione della terra e del mare. Anche il numero chiuso demografico, a clima di merda procreazione di merda, non mi sembra proprio un’invenzione libertaria.

I lavoratori nell’ideologia del “Nuovo Sessantotto” devono smettere di lavorare ai tunnel, alle strade e autostrade, ai ponti e altre fonti di emissioni nocive. Il segreto dello sviluppo come lo conosciamo, cioè la produzione di energia, si converte nel doverismo della decrescita felice. Bisogna andare a piedi, avere vergogna del volo in aereo, smettere di assumere proteine animali, sono cose che si possono permettere i piccoli sorcini-bambini sedotti dal pifferaio di Hamelin e la famiglia Casiraghi, naturalmente con sponsor, non certo le classi e i popoli dimenticati da Dio, dalla crisi, dalla finanza e dagli uomini. Un nuovo paradigma al giorno leva il medico di torno. E’ il momento di realizzare in movimento, nel fulcro di una mobilitazione che si vorrebbe politica ma non vota e non sa per chi votare, il precetto di cultura sociale del ceto medio e dell’aristocrazia inglese: non si parli se non dei pet e del clima. Fa caldo? No, fa fresco. Ma il fresco dipende dal caldo. In arrivo incendi e cicloni, la nostra casa brucia, speriamo nelle inondazioni.

Confusione, babele, estremo tratto di sicurezza culturale, unanimismo e pensiero unico dominante, slogan facilissimi, scarico del barile sulle generazioni precedenti che ci hanno rubato i sogni e ci mettono in pericolo, locupletati come siamo di colazione al sacco, pranzo, cena, tempo pieno, shopping, discoteca e telefonino, mentre la casa va a fuoco e non si sa nemmeno come chiamare i pompieri. Ricordarsi di dubitare sempre quando si dice: siamo un milione, due milioni, tre milioni, venti milioni, siamo ovunque, siamo il nuovo, siamo la speranza, siamo furiosi, invincibili, nessuno può fermarci. Dubitare dei serpentoni troppo colorati, dell’inclinazione alla bella immagine, alla sfilata. Dubitare sopra tutto dell’adulazione di cui siamo oggetto: perché lassù qualcuno ci ama così teneramente, perché non si allarmano visto che l’autorità messa in questione è anche la loro, perché vezzeggiano la sinuosa bestiolina che procede a sciame per le vie del mondo allo scopo di salvarlo? Poi, che siano emozionati e generosi, i ragazzini, a immaginare che si possa fare qualcosa per il mondo, addirittura salvarlo, bè, questo certamente è bello. Ci arriviamo anche noi negazionisti, quelli del nucleo duro.

ommenti all'articoloChichibio

30 Settembre 2019 - 08:08

E qualcuno propone di abbassare la soglia di età per votare.

Commenti

Report

Rispondieleonid

29 Settembre 2019 - 20:08

Quello che sono capaci di fare i Media! Quelli che sanno come fare risuonare la grancassa mediatica a propri fini riuscirebbero a far credere che Gesù Cristo sia morto per il freddo . Viene messo in piedi un circo mediatico con l'uso dei bambini diventati d'emblee santoni capaci di interpretare la storia climatica del passato e prevederne la sua evoluzione futura sulla base dell'interazione di uno o due fattori ambientali in un sistema complesso non manipolabile quale è il clima. I sostenitori di questo movimento catastrofista ,armati di computer ,strumento tecnologico figlio di una società intraprendente e lungimirante da essi messa sotto accusa, eseguono analisi e valutazioni attingendo a data base non esaustivi , per arrivare a conclusioni campate per aria e fermare il progresso . Impongono tutto questo facendo riferimento al solo loro recinto socio-economico opulento, calpestando i diritti di chi è rimasto indietro per colpa non loro. Che sia questa la decrescita felice?

Report

Rispondiflaneuroticflaneurotic

29 Settembre 2019 - 17:05

Caro Ferrara, secondo lei tra l'isterico millenarismo ambientalista e il negazionismo dei crociani che odiano i numeri, può esistere una sana via di mezzo? Guardi che il progresso tecnico è fatto di un faticoso e paziente venire a patti col benedetto secondo principio della termodinamica, consiste insomma nella ricerca di modi sempre più "puliti" (e quindi vantaggiosi) di trasformare l'energia in lavoro. È velleitario secondo lei immaginare un futuro prossimo in cui il contadino cinese abbia la sua macchinina per recarsi all'Algentalio, senza però consumare e inquinare come con una cinquecento del Cinquantacinque? È sensato tenere l'aria condizionata a palla con le porte del negozio spalancate? Suvvia.

Report

Rispondigsamico

29 Settembre 2019 - 15:03

Tre quarti di secolo senza guerre in Europa ed in tante altre parti del mondo. Uno sviluppo e quindi condizioni di vita che non erano state immaginate. La indubbia capacità di migliorarle ancora. Mi associo al “nucleo duro negazionista”.

Report

RispondiSilvius

29 Settembre 2019 - 13:01

Troppi politici inseguono il consenso, anziché crearlo.

Report

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

29 Settembre 2019 - 13:01

Caro Ferrara - La storia degli uomini sulla terra può essere letta e interpretata come la sopravvivenza della specie Homo, in ogni accezione, sia indissolubilmente legata, alla benefica genetica e virtuosa capacità di mentire, ingannare se stessi e ingannarsi a vicenda. Essendo condizione universale neppure ce ne rendiamo conto. Sognare, anzi credere, di poter cambiare il mondo, è l'inganno massimo che, da sempre, non abbiamo mai cessato di coltivare. Un po' come il percorso obbligato dell'Idea hegheliana che non potendosi realizzare è costretta ad un incessante successione di tesi, antitesi e sintesi. Ogni sintesi genera un nuova tesi e il processo, che ingannandoci riteniamo il conclusivo, riparte da capo. L'immortalità fisica non esiste. Esiste quella dell'istinto di sopravvivenza. Il pensiero è costretto ad adeguarsi, si ribella e mette in moto l'ingannare noi stessi.