Contro l’ex Ilva un’azione giudiziaria metafisica

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Dice Carlo Nordio riferendosi a quella intrapresa o minacciata contro l’impresa ArcelorMittal. Gli indiani sono doppiogiochisti? C’è chi gli offre i mezzi

di Alessandra Ricciardi, 20.11.2019, italiaoggi.it

La situazione giudiziaria relativa al caso Ilva «mi pare al limite del metafisico». Il gruppo ArcelorMittal rischia a far proseguire i lavori senza scudo penale, ma rischia anche se decide di sospenderli. «Siamo in un vicolo cieco», dice Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia, protagonista delle indagini sulle Brigate rosse venete e su Tangentopoli. «Gli indiani saranno anche doppiogiochisti, ma il nostro governo gliene fornisce ogni giorno ampia giustificazione. Cambia ogni giorno idea... mai vista una cosa del genere». E sugli arresti per il Mose, disposti quando era magistrato, dice: «Non sono pentito... È emersa una corruzione così estesa e intensa che era necessario intervenire con adeguata severità».

Domanda. Le ultime notizie sembrano mostrare un'apertura nelle trattative sull'Ilva, l'altoforno resta accesso, ArcelorMittal vedrà il premier Conte.

Risposta. Ma se non le garantiscono l'immunità penale i suoi dirigenti saranno automaticamente indagati. Una situazione paradossale. Per questo deve intervenire innanzitutto una legge che dichiari la liceità di una produzione industriale, anche temporaneamente nociva, che sia orientata alla bonifica.

D. Intanto che si discute di scudo ed esuberi, la situazione giudiziaria è sempre più incandescente. La magistratura ha invocato l'articolo 499 del codice penale per contestare la sospensione delle attività al gruppo franco-indiano. Di che reato stiamo parlando?

R. Il reato di cui si parla riguarda la distruzione dolosa di impianti con danno per l'economia nazionale. È tendenzialmente indirizzato a punire i sabotatori, salvaguardando il nostro sistema produttivo, e non mi risulta che vi siano state condanne nel dopoguerra. Certo è singolare che venga contestato a un'azienda che era stata incriminata proprio perché esercitava un'attività inquinante e pericolosa. Ho l'impressione che siamo in un vicolo cieco.

D. Sono in corso perquisizioni della guardia di finanza negli uffici di ArcelorMittal, si parla anche di distrazione di beni di fallimento.

R. Perché vi siano distrazioni fallimentari occorre che vi sia un fallimento, e nel caso specifico non so quale sia. Le perquisizioni mi sembrano un po' tardive, visti i tempi. Per il resto, più che esplosiva la situazione giudiziaria mi sembra ai limiti del metafisico.

D. Come magistrato, lei si sarebbe mosso come la Procura di Milano?

R. Difficile rispondere. Par di capire che Milano ha aperto un fascicolo al modello 45, quando cioè non vi sono né reati né indagati, ma soltanto elementi che possono far presumere qualche illiceità. Certo se dovessero emergere ipotesi di reità, l'inchiesta dovrebbe esser coordinata con quella di Taranto e potrebbe sorgere un contrasto di competenze. Un'ulteriore complicazione in una vicenda già complessa.

D. La magistratura sta assumendo un ruolo decisivo nel caso Ilva. Come mai?

R. Perché come al solito la politica ha fatto un passo indietro, ed essendo incapace di risolvere un problema che è per metà giudiziario e interamente politico ha preferito devolverne la soluzione alla magistratura. Che peraltro non è in grado, istituzionalmente, di risolvere un bel niente

D. Quanto è importante lo scudo penale per chi volesse prendere in mano l'acciaieria di Taranto?

R. Il cosiddetto scudo penale è essenziale per continuare l'attività. Se infatti i dirigenti dell'Ilva sono indagati perché la fabbrica inquina, e se quest'ultima non si può fermare, qualsiasi subentrante sarebbe automaticamente esposto a un'incriminazione analoga. Salvo che, fermando l'attività, scatterebbe un reato opposto e simmetrico, quello di distruzione di impianto industriale. Un vicolo cieco in cui si sono cacciate la politica e la magistratura di Taranto.

D. Come si sta muovendo il governo nella gestione della crisi Ilva?

R. Nel peggiore dei modi possibili. Ha cambiato idea più volte sull'aspetto più cruciale, cioè sullo scudo penale degli acquirenti, e ancora oggi non si capisce come la pensino i vari ministri. Il premier Giuseppe Conte li ha persino solleciti a formulare pareri o a inventarsi qualche soluzione. Mai vista una cosa del genere. Gli indiani saranno anche doppiogiochisti, ma il nostro governo gliene fornisce ogni giorno ampia giustificazione.

D. Cosa servirebbe al sistema Italia per recuperare credibilità?

R. Più certezza del diritto, quindi leggi meno numerose e più chiare. Una più netta individuazione delle competenze e una radicale semplificazione delle procedure. Una giustizia civile più rapida, e una penale meno schizofrenica. Vasto programma.

D. Lei ha fatto i primi arresti per tangenti sul Mose. Si è pentito?

R. Assolutamente no. È emersa una corruzione così estesa e intensa che era necessario intervenire con adeguata severità. La grandissima parte degli indagati è stata condannata, o è uscita dal processo con patteggiamenti e restituzioni del maltolto. E di trecentomila ore di intercettazioni non è uscita neanche una parola sui giornali, per rispetto della dignità dei cittadini, indagati compresi.

D. Il Mose può essere portato avanti?

R. Deve esser completato. È costato molto, a parte tangenti e sprechi, e ormai è quasi finito. Esso costituisce un unicum che onora l'imprenditoria italiana, e molti stranieri sono già venuti a visitarlo. Naturalmente a patto che funzioni. Speriamo bene.

D. Come è possibile evitare che le opere infrastrutturali finiscano sistematicamente bloccate per le inchieste della magistratura?

R. La risposta banale sarebbe: basta che rispettino la legge. Tuttavia le nostre leggi, anche quelle penali spesso sono poco chiare, basti pensare a reati come l'abuso di ufficio o il traffico di influenze, ipotesi estremamente evanescenti e malamente tipicizzate, che danno alle procure ampia discrezionalità. In ogni caso prima di interrompere un'attività produttiva, anche in presenza di reati, un magistrato dovrebbe esser estremamente cauto, perché le conseguenze in termini di occupazione e di danni collettivi potrebbero essere sproporzionate. Mi pare che i questo senso si sia a suo tempo pronunciato anche il Presidente della Repubblica.

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